Musica, Archetipi e suggestioni psicodinamiche
Written by Salvatore Romeo, 7 novembre 2024
Grazie a studi e ricerche di fisica, genetica e biologia molecolare si è scoperto che le cellule del nostro corpo possono essere influenzate e addirittura riprogrammate da stimolazioni fisiche, come i campi radioelettrici a bassissima frequenza. Le cellule stesse, d’altra parte, sono in grado di emettere delle vibrazioni acustiche diverse a seconda della funzione che in quel particolare momento stanno compiendo, vibrazioni che possono a loro volta diventare anche udibili dall’orecchio umano, se opportunamente amplificate. Al di là delle possibilità terapeutiche che queste scoperte dischiudono, potendo dirigere la differenziazione delle cellule staminali totipotenti verso la neoformazione di cellule specifiche, quali quelle miocardiche o neuronali, con futuri possibili interventi terapeutici sulle malattie degenerative o ischemiche, tutto ciò sta a significare anche che esiste una profonda interazione tra sistemi diversi mediata da vibrazioni sonore. Ora, l’emissione di vibrazioni acustiche e quindi di suoni è il fondamento della musica e la capacità della musica non solo di modificare gli stati d’animo, inducendo condizioni di benessere psicofisico e di rilassamento generale, ma anche di mettere in connessione stati diversi dell’essere e il nostro Io cosciente con l’Inconscio collettivo è nota fin dall’antichità. Basti pensare alla cultura vedica di qualche millennio fa, alla musica dei bramini, oppure ai concetti espressi da Platone nei suoi Dialoghi, per fare qualche esempio. La musica riesce ad ottenere questi effetti attraverso meccanismi e processi differenti, che coinvolgono tanto aspetti puramente fisici e biomolecolari, stimolando la produzione di particolari mediatori neurochimici come la serotonina o le endorfine, oppure sincronizzando le onde elettriche cerebrali con la melodia che si sta ascoltando, per effetto del cosiddetto trascinamento, quanto con elicitazioni squisitamente emotive, mediante il potere evocativo della sua tonalità (scala maggiore e scala minore) e delle sue dinamiche (forte, fortissimo, crescendo, diminuendo, ecc.). Essa è in grado di stimolare pertanto uno stato di profonda introspezione, che costituisce una condizione mentale estremamente favorevole per penetrare i misteri della nostra psiche inconscia e per metterci in contatto, quindi, con quelle rappresentazioni mentali universali ed eterne che sono gli Archetipi. L’archetipo è un’immagine primordiale, assimilabile alle forme a priori della filosofia o alle idee metafisiche di Platone, che si manifesta attraverso dei simboli spesso contenuti nei miti e nelle fiabe, nei sogni e nelle visioni e che fungono da modelli generali per declinare tutte le possibili esperienze emotive ed esistenziali umane. La loro essenza è fatta di pura energia, è un sentimento umbratile, avvertito come una percezione indefinita e simile alla forza propulsiva delle pulsioni. Esistono come emozioni sfuggenti alla precisione della parola e dell’immagine, che attendono di essere espresse e che solo la musica è in grado di catturare e di portare alla superficie. L’immediatezza del linguaggio musicale, dove forma e contenuto spesso coincidono, può essere il mezzo privilegiato capace di ricondurci simbolicamente a queste immagini mentali già presenti nella nostra psiche collettiva, sollecitandone e stimolandone la vibrazione emotiva. Tutto ciò può accadere inconsciamente, soltanto ascoltando con intensa e profonda empatia un determinato brano musicale, oppure con consapevole intenzionalità, come avviene invece con tutta una serie di composizioni che hanno come tema e motivo fondamentale la celebrazione archetipica. Esempi del primo tipo ne ritroviamo in tutta la musica strumentale dell’epoca romantica, che esalta sostanzialmente i contrasti dell’animo umano, dal ripiegamento intimistico, malinconico e nostalgico, come in Chopin o in Listz, alla passionalità più travolgente e impulsiva, come in tutta l’opera di Beethoven o di Wagner, ma anche in alcune composizioni di Maurice Ravel, artista simbolista e decadente che nella sua Mamma Oca, nel suo Gaspard de la nuit o ancora nel suo L’enfant et le sortilège tratta l’arte e la musica in particolare come uno specchio approfondito della natura e dell’immaginario inconscio che si esprime appunto con rappresentazioni archetipiche e con un linguaggio fiabesco e poetico. Il richiamo, probabilmente intenzionale, invece, ed esplicito agli Archetipi lo si può cogliere nelle opere di alcuni compositori come Debussy, Berlioz, Schubert e più ancora in Mozart Temi archetipici li ritroviamo, per esempio, nei cinque quadri della Sinfonia Fantastica di Berlioz, che affonda le sue radici in sogni, illusioni e incantamenti personalissimi, ma carichi nello stesso tempo di significati generali e paradigmatici (la bellezza, la vita, la morte, la beatitudine consolatoria della natura), mentre tutta la musica di Beethoven non è altro che la rappresentazione dell’archetipo del Sé, ossia del raggiungimento dell’indipendenza, dell’autonomia, dell’emancipazione umana e dell’individuazione dell’Uomo. E che dire, poi, del tema dell’Acqua, immagine suggestiva dell’Inconscio e rappresentazione archetipica della Magna Mater, il cui significato simbolico appartiene alla struttura più profonda della nostra psiche. Il motivo dell’Acqua ricorre spesso in alcune opere di Debussy e di Schubert, dove assume il significato di rigenerazione e Vita (quando sgorga e scorre) o di quiete e Morte (quando è stagnante e statica). In particolare nelle composizioni di Schubert, l’Acqua non è immobile, ma sgorga, fluisce, precipita e si slancia verso alto, richiamando l’immagine di un viaggio, quello stesso viaggio, simbolico e virtuale, che il musicista viennese ripropone con la metafora del Viandante, archetipo dell’Eroe e del Vecchio Saggio, alla continua ricerca della perfezione umana e dell’Ideale dell’Io. Il tema del viaggio è un motivo che ritroviamo anche nel Flauto magico di Mozart, opera che nel suo complesso è in fondo tutta una rappresentazione iniziatica che segue un percorso che dal Buio conduce alla Luce e nella quale è possibile cogliere la declinazione di diversi altri archetipi, quali la Magna Mater (la Regina della Notte), il Vecchio Saggio (il Gran Sacerdote Sarastro), l’Androgino platonico o Rebis alchemico, invocato da Pamina e Papageno che cantano insieme che “l’uomo e la donna e la donna con l’uomo si innalzano fino alla divinità”. Il linguaggio musicale, in virtù della sua indeterminatezza, della sua astrattezza e della sua universalità è, in fondo, la via privilegiata per ricondurci simbolicamente e allusivamente all’incontro con gli Archetipi e se consideriamo che il processo di crescita individuale e di maturazione psicologica avviene, secondo Jumg, attraverso il cosiddetto incontro con gli archetipi, l’ascolto della musica potrebbe anche rappresentare un mezzo e uno strumento di crescita e di maturazione psicologica molto importante e, perchè no, estremamente piacevole. In particolare, la musica strumentale dà voce alle energie più intime dell’uomo e si slancia tanto verso l’infinito quanto verso le profondità dell’animo, plasmando un linguaggio intenso e simbolico che evoca sia l’ineffabilità del divino che il segreto inconfessato dei sentimenti e delle passioni, categorie che appartengono a una dimensione misteriosa e a un’intimità che le parole non sanno definire. Questo è probabilmente uno degli aspetti più appariscenti che accostano l’eloquenza musicale al mondo della psiche. Ambedue si rivolgono all’anima, ambedue sono impalpabili e incomunicabili se non con il senso che è loro proprio. Indicibili e intraducibili, è molto difficile pertanto se non impossibile descriverle; si può solo viverle per coglierne il significato e forse è proprio questo che rende il rapporto che le lega reciproco. Toni, ritmi, armonie e disarmonie, consonanze e dissonanze sono dimensioni “ascoltate” nel mondo della musica e “sentite” nell’universo della mente. “Dove le parole non arrivano, la musica parla”, soleva affermare Beethoven. La dinamica evocativa della musica è bidirezionale, coinvolgendo tanto chi la compone quanto chi la ascolta e nulla vi può essere di così inerte o di così duro e rabbioso che la musica, col tempo, non riesca a lenire e a trasformare, come rammenta Shakespeare ne Il mercante di Venezia. Se il vissuto interiore della mente che crea la musica ne plasma il senso e ne imprime il colore, infatti, l’ascolto di un canto o di una melodia influenza e modifica altresì lo stato d’animo e il flusso dei pensieri di chi vi si abbandona. La Nona Sinfonia di Beethoven, per esempio, nasce da uno spirito inquieto e tumultuoso, come era il carattere del compositore tedesco e nello stesso tempo è in grado, specialmente col suo secondo movimento, di suscitare nell’animo di chi la ascolta un sentimento di tensione e di attesa che rispecchia fedelmente l’impeto da cui scaturisce. Analoghe sensazioni, ma questa volta di struggente tenerezza, verranno provate ascoltando i Notturni di Chopin, composizioni sbocciate da un temperamento malinconico e nostalgico, come quello del musicista polacco.