Le rivolte studentesche ieri e oggi
Written by Pino Rotta, 18 settembre 2024
In ogni epoca i grandi cambiamenti sono arrivati sotto la spinta delle proteste giovanili. La Rivoluzione Francese, quella Americana, quella utopistiche da Saint Simone alla Comune di Parigi, quelle contro la guerra in Vietnam, quella tecnologica della Silicon Valley, quella della Resistenza contro l’orrore fascista e nazista, e poi il ’68 parigino, le rivolte delle donne in Occidente, in Iran e nei paesi dell’ex Unione Sovietica e arriviamo alle rivolte studentesche dei nostri giorni che stanno mettendo in crisi i governi occidentale negli USA e i Europa. La risposta ieri come oggi è sempre stata la repressione violenta! Una scusa per manganellare, imprigionare, pestare i regimi la trovano sempre per il semplice motivo che non accettano di essere messi in discussione. La storia ci insegna che dopo la repressione inevitabilmente arriva il cambiamento. Queste sono le dinamiche dei cambiamenti politici di tutti i tempi e in tutto il mondo. Cambiano tempi, modi forme ma il cambiamento prima o poi arriva.
I regimi non possono che reagire con la violenza per misero interessi di politica spicciola quotidiana ma soprattutto perché incapaci di interpretare un cambiamento che deve necessariamente fare a meno delle classi dirigenti esistenti. Diceva Giordano Bruno: “Chiedere al Potere di riformare se stesso!??… che ingenuità”.
L’occidente sta vivendo una nuova stagione di rivolte studentesche, ma si badi bene, sarebbe un grave errore fare derivare il presente dai movimenti del passato. Certo la forza di figure ormai entrate nell’immaginario collettivo e fortemente radicate come le figure di Martin Luter King, Che Guevara, i canti delle Resistenza partigiana ormai voce a livello mondiale di tutte le ribellioni contro l’oppressione oscurantista e violenta, hanno un valore emotivo molto forte, Ma le ragioni, gli obiettivi, le speranza dei giovani di oggi non sono affatto confrontabili con quelle del passato.
Uno dei motivi principali sono i numeri demografici. Oggi l’Occidente ha una popolazione che è in rapporto di 1 a 3 rispetto agli anziani, e per conseguenza anche il loro potere contrattuale e di trasformazione culturale è molto ridotto. Al contrario nel paesi dell’America Latina, dell’India, dell’Iran il rapporto è completamente inverso! E se in Brasile Lula vince le elezioni e attua le riforme ambientaliste e scoiali con l’entusiasmo dei giovani, in India, Iran e Medioriente le proteste continuano ad essere ad essere soffocate nel sangue e, seppure non si riesce a fermarle, i tempi e gli obiettivi che i giovani di questi paesi (soprattutto le donne) sono ancora da definire e gli sbocchi non si riesce ad immaginarli. Ultima riflessione riguarda i ceti sociali da cui provengono le rivolte studentesche o femministe. Per quanto quasi sempre si autoproclamino rivoluzionarie e sventolino bandiere rosse, questi giovani provengano quasi per intero dalle classi borghesi, come sempre. Se vogliamo comprendere le differenze basta guardare le rivolte delle periferie francesi, dei francesi di terza generazione di immigrati che non hanno una strategia organizzata nelle loro rivolte, ma fanno esplodere improvviso e a macchia di leopardo eventi di rivolta violenta alla cui base c’è la rabbia e sfiducia non solo nei confronti della società ma in generale di un futuro che non vedono possibile. Un futuro che li condanna a rimanere nella miseria e nell’emarginazione, con la paura e la rabbia dei ceti borghesi, anch’essi colpiti nelle sicurezze economiche sempre più assottigliate da un sistema capitalistico predatorio e che negli ultimi 20 anni ha abbandonato l’Occidente pe imporre anche con la guerra la propria supremazia nel paesi del Pacifico e del Sud America.
Cambiano i tempi e le possibilità ma quel che è certo è che quando i giovani si schierano contro il sistema prima o poi questo dovrà fare i conti con loro.