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Trump: La crisi della democrazia


Da un decennio almeno l’Occidente si è avviato verso un declino di civiltà e le democrazie occidentali hanno progressivamente perso l’attrazione, lasciando spazio all’autoritarismo basato sulla nostalgia di un passato che oltre ad essere solo immaginato e spesso neanche conosciuto propone modelli sociali arcaici e sempre più violenti e maschilisti. Se dovessimo cercare i motivi di questa regressione culturale non dovremmo fare molta fatica: il sistema capitalistico ha logorato dall’interno i valori liberali. Con l’imporsi sulla scena globale di nuovi protagonisti (Brics e Paesi Islamici) il capitalismo occidentale va in crisi e cerca di salvare l’egemonia statunitense con azioni di intervento violento e  autoritario. Può sembrare strano ma da questi cambiamenti, ed in particolare dall’elezione di Trump, un uomo che da condannato e rozzo ha prevalso su una donna magistrato e molto qualificata, quella che si trova a pagare un prezzo altissimo è l’Europa. Basta pensare che il modello educativo di Trump è ispirato dal despota sovranista ungherese Orban che procede con la privatizzazione del sistema universitario, cui potranno accedere i figli dei ricchi, mentre il ceto medio e i poveri saranno destinati a diventare manovalanza schiacciata verso il basso del sistema sociale. Hanno subito accolto con grandi segnali di giubilo l’elezione di Trump i partiti di governo in Italia, con una malcelata invidia per il potere che il Presidente degli Stati Uniti d’America ha mentre in Italia c’è ancora una forte resistenza democratica che frena i progetti autoritari della destra italiana. La questione però ha almeno due conseguenze immediate per l’Europa. L’economia americana è in crisi e il progetto di Trump è quello di immettere sul mercato circa 1300 miliardi di dollari che però non ha, quindi sarà costretto ad aumentare il debito pubblico e tagliare servizi sociali. Questo significherà per tutti paesi, compresi gli USA, un aumento dell’inflazione e una diminuzione del potere d’acquista del ceto medio e dei disoccupati. Gli europei lo sanno ma non hanno una vera struttura finanziaria per contrastare questo destino. USA e CINA hanno sistemi bancari centrali l’Europa no.
La seconda forse più grave conseguenza è che proprio l’indebolimento dell’Europa e l’autoritarismo di Trump daranno spazio ai paesi del BRICS che si propongono di creare un sistema economico e politico alternativo a quello americano. Cina, Russia, Brasile, Arabia Saudita, Sud Africa e altri 120 paesi, tra cui la Turchia si sono avviati su questa strada. Questi paesi non solo hanno risorse materiali e finanziarie di enormi proporzioni ma hanno tutti sistemi di governo e valori che sono autoritari e spesso dittatoriali (con un eccezione del Brasile) o con finte democrazie.
Il futuro che si prospetta sembra senza speranza per lo sviluppo dell’Europa e per i principi liberali. I diritti civili, i diritti delle donne, degli omosessuali, saranno sopraffatti da fanatismo e razzismo. Il mondo sta conoscendo un nuovo medioevo 3.0, in cui la tecnologia farà diventare i dittatori sempre più potenti e le persone sempre più emarginate dalla vita civile e dalle decisioni dei governi. Si fa strada in tutto il mondo la supremazia della “spada e del libro”! Dopo tre secoli e a dispetto della propaganda populista i muri che si innalzano non lasceranno fuori “gli immigrati” (pronto a scommetterci e appuntamento da qui ad un anno per la verifica!) ma lasceranno fuori il rispetto per la dignità delle persone e la democrazia liberale e la giustizia sociale che sono costati secoli di lotte.

Una Risposta “Trump: La crisi della democrazia”

  1. Giovanni Pietro Golotta
    6 novembre 2024 a 21:15

    Carissimo Pino,
    credo che uno degli errori più comuni in casi come quello dell’ elezione di Trump, sia quello di formulare giudizi negativi sullo stato della democrazia in occidente sugli elettori che lo hanno votato.
    L’area liberal statunitense ha fatto tanti errori: dall’ inseguimento dei liberisti sul terreno economico e sociale, al sostegno alla nomination dello stesso Trump nella convinzione (sbagliata) che fosse il candidato più debole, all’ adozione della linea dura contro l’ immigrazione clandestina alla scelta della Harris appena 170 giorni prima del voto per citare i maggiori.
    Ma l’errore più grande è stato quello di essersi fatta identificare con l’ establishment detentore di un’ egemonia culturale e politica assolutamente impopolare.
    Un po’ come è avvenuto per il PD in Italia:
    Nazione nella quale a favore di Trump si è schierato solo Salvini restando FfI e FI più vicini alla Harris .
    A mio avviso occorre assumere un atteggiamento più “laico”, meno drammatico e libero da pregiudizi per potere meglio prepararsi a superare lo dato miserabile nel quale è stata ridotta la sinistra democratica e riformista in Italia ( alla Maserati, per dire, è andato Calenda per protestare contro il duo Elkan-Tavares; non la Schlein impegnata nelle battaglie per i diritti degli lgtb+ ed altre frange marginali ma prepotenti della nostra società).
    Un abbraccio.
    Gianni

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