Pino Rotta intervista il Prof. Angelo Vaccariello: La crisi economica europea e italiana
Written by Pino Rotta, 11 dicembre 2024
Incontro per parlare di Europa, di economia, della crisi che stiamo vivendo in Europa e quindi anche in Italia, lo faremo con un ospite che è un professore di economia, ma soprattutto un giornalista esperto di economia e un divulgatore delle materie economiche. Cercheremo di capire insieme al professor Angelo Vaccariello quali sono le realtà della crisi che stiamo vivendo in Europa, in Occidente e quindi anche in Italia e quali sono le prospettive perché potrebbero esserci da qui a qualche anno delle prospettive che magari invertono positivamente la realtà. Il professore Angelo Vaccariello, è un docente di economia, il professore Vaccariello è soprattutto un giornalista esperto di economia, un divulgatore, ha collaborato con Testate come riformista, Il Mattino e il Denaro, e fa questa opera di divulgazione, oltre che di didattica, su questi temi che sono quanto mai di attualità. Affronteremo la crisi che sta vivendo l’Europa. una crisi che diciamo viene da lontano e che non sappiamo quali saranno le prospettive, cercheremo appunto con il professore Vaccariello di avere le idee un po’ più chiare.
P.R.:Grazie professore per essere con noi, la saluto e le do subito la parola per non rubarle tempo di chiedendole dal suo punto di vista quali sono le condizioni attuali dell’Europa dal punto di vista economico e geopolitico e quali sono le prospettive che su questi campi ci dovremmo aspettare di avere delle novità.
A.V.: anzitutto direttore la ringrazio per l’invito lei è stato davvero cortese a scovarmi sui social e a volermi in questa sua interessantissima trasmissione io la ringrazio soprattutto per l’opera di divulgazione che lei fa che è assolutamente fondamentale mi piace sempre ricordare quando faccio queste interviste noi purtroppo siamo un paese che ha un alto analfabetismo finanziario immagini che nell’ambito dell’Ocse risulta che sette italiani su dieci non riescano a capire la differenza tra un tasso fisso e un tasso variabile e quindi ecco perché le divulgazioni diventano molto importanti io per questo la ringrazio lei mi fa una domanda molto interessante della quale purtroppo in Italia si discute poco perché il nostro paese e purtroppo mi consenta di dire anche la nostra categoria di giornalisti spesso perde la strada delle cose più importanti noi dobbiamo dire che l’Europa si trova davanti a un bivio enorme quelli che come me che hanno purtroppo un’età, si ricorderanno che l’ultimo bivio di questo tipo dell’Europa è stata la crisi dei debiti sovrani, come non ricordare la Grecia che è fallita, è stata fatta fallita, insomma lì dovremmo dedicare un’altra trasmissione solo per questo, ma come non ricordare la crisi del debito italiano, la crisi del governo Berlusconi, l’arrivo di Monti, Un pò di complottismo che si è ingenerato intorno a tutta questa vicenda. Ecco, dopo dieci anni l’Europa si trova in un bivio che secondo me è molto più significativo di questo. Per un motivo molto semplice, perché da quando è iniziato il processo di globalizzazione, che in quadro sociologo lei sicuramente conoscerà meglio di me, io lo guardo economicamente, quindi dalla seconda metà degli anni novanta, per la prima volta l’Europa non è protagonista dello sviluppo economico del mondo. I protagonisti essenzialmente sono i due giganti, li definisco io. Da un lato il gigante demografico che è la Cina, col suo miliardo e mezzo di abitanti. e dall’altro il gigante economico militare che sono gli Stati Uniti. Perché l’Europa non si trova al centro di questo sviluppo? Perché essenzialmente negli ultimi vent’anni l’Europa ha badato molto a regolare i meccanismi economici al suo interno e poco a capire quello che accadeva nel mondo faccio un esempio piccolissimo noi in Europa abbiamo scelto col Green Deal cioè noi, la scelta della Commissione Europea di abbracciare l’automobile elettrica ora, questa che poteva essere un’occasione di sviluppo importantissima, in realtà è diventata una condanna per l’Europa, perché basti pensare che l’ottantadue per cento delle batterie elettriche sono prodotte in Cina. Quindi che cosa vuol dire? Noi automaticamente l’industria europea sta appaltando alla Cina la produzione di auto elettriche. Senza produrre il loco, se ne sono accorti l’anno scorso, con il varo del cosiddetto Green Deal da parte di Ursula von der Leyen, poi magari ne parleremo. Ma dall’altro lato la cosa più grave è che mentre l’industria va verso l’intelligenza artificiale, l’Europa non ha una sola azienda che si occupi di creazione e di implementazione di intelligenza artificiale. Dipendiamo dai brevetti degli Stati Uniti, quindi da un lato abbiamo il digitale che è in mano agli Stati Uniti, Dall’altro le nuove, come dire, il green che è in mano alla Cina, noi per esempio siamo campioni del fotovoltaico, io non so quanti di noi sanno che il settantacinque per cento dei pannelli fotovoltaici vengono prodotti in Cina. Cioè l’Italia, che è il leader del fotovoltaico in Europa, non ha una filiera di produzione dei pannelli fotovoltaici.
P.R.: No, ma se non ricordo male abbiamo appaltato cinquanta milioni di euro al Canada per comprare il fotovoltaico è assolutamente così È assolutamente così perché c’è stata una miopia. E qual è stata la miopia dell’Europa?
A.V.: È stata quella di basarsi sui decimali, la guerra sul rapporto deficit-pil, sul patto di stabilità. Addirittura, noi abbiamo creato un sistema che secondo me, per carità è anche valido, il sistema della tutela della privacy europeo, è al top nel mondo, ma noi andiamo a regolare delle cose che non abbiamo inventato noi. Noi applichiamo il cosiddetto GDPR, che è il documento sulla privacy, a dei social network che sono americani. P.R.:Ma non solo questo, noi abbiamo fatto un ottimo lavoro, perché noi siamo bravi a regolamentare negli europei, abbiamo fatto un ottimo lavoro con la Commissione sull’intelligenza artificiale, che era preseduta tra l’altro da un italiano, un’ottima persona, l’onorevole Bonifei, e abbiamo fatto questo regolamento che regola l’uso dell’intelligenza artificiale, però è quasi un fantasma, nel senso che l’intelligenza artificiale per sua natura non può essere regolata. Perché da qui a due anni, tre anni, quattro anni, cinque anni cambierà completamente.
A.V.: E quindi lei con questo mi aiuta a dire che noi ci siamo, ripeto, siamo bravissimi nella regolazione, nella regolamentazione, ma poi abbiamo dimenticato qual era la nostra vocazione. La nostra vocazione è una vocazione industriale, ma non l’industria, come dirà, quella dell’operaio che paghi un dollaro all’ora. ma è l’industria ad alto valore aggiunto. L’Europa è la patria del lusso, l’Italia in modo particolare, delle automobili di alta gamma, la Germania, e del tessile di altissima qualità, la Francia. Noi tre paesi, cioè Italia, Germania e Francia, produciamo il quaranta per cento della produzione industriale europea. Solo che negli ultimi anni l’Europa è stata un po’ mio, ripeto, troppo concentrata sulle questioni finanziarie e poco concentrata sulle questioni pratiche. Quindi che cosa è successo? È successo che alla primavera crisi industriale, che è stata causata, ricordiamolo, dal conflitto russo-ucraino, e al secondo momento di crisi, la diminuzione dei consumi in Cina, il sistema industriale europeo è andato in panne. Perché è andato in panne? Perché dalla Russia noi prendevamo gas a prezzo, tra virgolette, stracciato. E questo gas ha nutrito per oltre vent’anni le aziende dell’industria pesante tedesca. Quando è saltato il North Stream, lei sa meglio di me non si capisce l’attentato eccetera eccetera la Germania si è trovata senza fornitura di gas a costo basso ma l’ha dovuto pagare come lo paga l’Italia cioè il trenta per cento in più prima cosa seconda cosa la Germania è l’unica è l’unico paese europeo che ha una bilancia positiva di pagamenti nei confronti della Cina cioè che vuol dire che esporta di più di quanto importa dalla Cina Nel momento in cui la Cina è andata in crisi per una serie di motivi, perché per intenderci dobbiamo capirci bene, la crisi della Cina è che cresce solo del cinque per cento. E appunto, è una crisi rispetto alla Cina. Sarebbe champagne il boom degli anni Sessanta, però per loro che sono un miliardo e mezzo, il cinque per cento non basta perché c’è stata questa crisi in Cina perché c’è stata il fallimento di una grande banca che si occupava di immobiliare che era Evergrande e questo ha depresso gli acquisti sul mercato immobiliare ora la Germania non vende più in Cina questo è il grande problema non vendendo in Cina ecco che il Volkswagen annuncia il licenziamento di quindicimila di suoi dipendenti parliamoci chiaramente Audi blocca le produzioni di auto elettriche e Mercedes dice che quest’anno non riuscirà a fare nemmeno il dieci per cento degli utili dell’anno precedente. Infatti se ora vi collegate e andate a vedere il titolo di Mercedes alla borsa di Francoforte lo troverete in rosso del sette per cento. Quindi tutti questi elementi hanno portato l’Europa davanti a una crisi economica reale. Aggiungiamo un elemento finanziario perché poi bisogna dire anche questo, qual è l’elemento finanziario? Che a un certo punto la banca centrale europea nel 2020, 2021 non si era accorta che stava arrivando l’inflazione. I termini inflazionistici europei per la banca centrale erano solo un momento legato alla crisi del Covid. Mentre gli Stati Uniti hanno innalzato immediatamente i tassi di interesse, la BCE ha aspettato nel duemila ventidue, facendo esplodere l’inflazione ad oltre il 5% . Ora sta facendo l’errore al contrario, nel senso che ieri la Federal Reserve ha abbassato i tassi di mezzo punto. Noi solo dello zero venticinque. Che cosa comporta? Che avremo un dollaro tendenzialmente più debole dell’euro, il che svantaggia l’export europeo. Voglio dire, non dobbiamo frequentare le alte scuole di economia per capire certi meccanismi. però questo non aiuta l’industria europea anzi l’industria europea ora ha bisogno di essere non voglio dire foraggiata ma almeno di essere messa in condizione di poter competere con quella americana non dimentichiamo che gli Stati Uniti Joe Biden all’inizio del 2023 ha varato il CHIPS Act si chiama che è una legge che stanzia mille miliardi di dollari quindi non bruscolini per far rientrare le aziende a produrre negli Stati Uniti. Il primo effetto è stato IBM che nel pieno di luglio ha chiuso uno stabilimento in Cina, tre stabilimenti, ha licenziato diecimila cinesi ed è ritornata negli Stati Uniti. Noi invece col Green Deal abbiamo stabilito un piano da seicento miliardi. Chiedo scusa. Ma la Commissione Europea di questi seicento miliardi ne mette soltanto settanta di miliardi. gli altri seicento li dovrebbero trovare gli stati ma allora io voglio dire Italia e Francia hanno la crisi del debito pubblico non ci possono mettere la Germania potrebbe ma quelli tedeschi hanno paura dell’inflazione e non lo faranno scusate ma quest’industria chi la deve sostenere in Europa e allora c’è questa miopia che non si riesce a superare che è una miopia che fa molto male ora Come dire, io qualche barlume di speranza lo avevo con la nuova Commissione Europea. Le dico la verità, direttore, mi sono un po’ raffreddato quando ho visto chi è stato nominato commissario al Green Deal, diciamo così, che è la socialista spagnola Sanchez, che se non ricordo male, che è un estremista verde. Ora noi in Europa non abbiamo bisogno di estremisti, però è un estremista ma in Spagna hanno ottenuto grandi risultati perché è dal novanta che investono esattamente assolutamente sì loro dicono da noi è funzionato perché non dovrebbe funzionare e invece sono anche gli altri commissari che diciamo ci dovrebbero preoccupare c’è un’attenzione sugli altri commissari compresi il nostro Fitto che non sappiamo ancora In che modo opererà? Quali saranno i modus operandi della Commissione? Io credo che per il nostro commissario si prospettano una quindicina di giorni un po’ complicati. Come lei mi insegna, l’esame del Parlamento europeo non è molto facile. Fitto dovrà convincere il Parlamento europeo, innanzitutto, che è in grado di gestire le deleghe che ha avuto. Che ci piaccia o no, le deleghe alla coesione rappresentano un portafoglio da circa quattrocento miliardi di euro, non sono briciole, attenzione. Però il problema grosso è che il Parlamento non è tanto gentile nei confronti di Fitto, anche perché Fitto ha un problema enorme nel parlare l’inglese, che insomma oggi giorno per un politico mi sembrerebbe proprio il minimo indispensabile, diciamo così. Quindi innanzitutto dovrà superare il nostro commissario il fuoco di sbarramento del Parlamento europeo, probabilmente un aiuto… potrebbe arrivare dal Partito Democratico, non lo so, vedremo. Sui temi politici non mi avventuro più di tanto, direttore lascio a lei. Lasciamo anche il punto interrogativo perché il Partito Democratico in questo momento non ha deciso. È vero, assolutamente sì. Dopodiché sarà molto interessante perché a me per esempio preoccupa anche Dombrovski al commissario al patto di stabilità. il quale è lettone, ma è lettone ma si legga Germania perché è stato messo lì da Berlino a fare il cane della guardia dei conti e questa non mi sembra una buona notizia per noi e per una volta tanto anche per i francesi, non siamo soli in questo momento difficile, però per noi significa Insomma un intervento sul debito tra dieci e dodici miliardi all’anno. E poi bisognerà capire soprattutto il commissario all’industria, che è un francese, quali sono le sue idee di sviluppo. Nel senso, il commissario all’industria adotterà l’agenda Draghi? Ricordiamoci che l’ex presidente dell’ABC e l’ex premier italiano… Il nove settembre ha presentato un dossier sull’industria, sulla competitività. E la Von der Layen ha ufficialmente detto che ha intenzione di seguirlo. Lo ha detto, ma c’è la questione dei finanziamenti. Trovare i suoi cento miliardi con i tedeschi che non vogliono fare debito, insomma, diventa una cosa piuttosto complicata. Poi, diciamoci anche la verità, la mia sensazione è che von der Leyen abbia distribuito le deleghe facendo in modo che lei possa avere sempre l’ultima parola. Io sono molto d’accordo con quei commentatori che definiscono questa Commissione europea come la più presidenzialista dagli anni settanta ad oggi, nel senso che è vero che lei ha dato le deleghe, però alcune deleghe sono conflittuali e quindi ci sarà sempre bisogno dell’intervento del Presidente sulla decisione finale. E poi non dimentichiamo che ha licenziato platealmente Breton e il commissario francese una cosa tra l’altro mai vista diciamoci la verità di solito queste cose lei mi insegna chiami il premier lo fai di tirare senza polemiche invece sono volati gli stracci in maniera piuttosto italiana il nostro tempo stringe volevo aggiungere qualche altra questione rimaniamo un attimo sull’Europa perché abbiamo parlato di questi due giganti che ci prestano, la Cina e gli Stati Uniti, però non ci dimentichiamo che è una realtà ormai e consolidata ed in espansione il BRICS, il BRICS di cui fanno parte la Russia, fa parte la Turchia, fa parte il Brasile, fa parte il Sud Africa, l’India, fanno parte paesi che hanno un’importanza notevole dal punto di vista del mercato, perché sono paesi molto popolosi, ma sono anche importanti perché, per esempio, In Sud America si produce circa il sessanta per cento del litio, che è un minerale strategico dal punto di vista della produzione industriale, soprattutto quella bellica.
P.R.: Quindi noi ci ritroviamo a dover fare i conti anche con questa realtà. le anticipo anche l’ultima domanda visto che abbiamo dieci minuti rispetto a questo quadro alla fine si trova l’Italia quali saranno poi le prospettive secondo lei che dovrà affrontare l’Italia?
A.V.: Allora lei ha fatto benissimo a ricordare la questione dei BRICS oltre tutto quello che lei ha detto aggiungo che sono anche i paesi che registrano un andamento di crescita economico a tambur battente insomma ricordano un po’ il boom economico che ebbe l’Occidente negli anni Sessanta, no? Non dimentichiamo che l’India cresce del sette per cento, il Brasile del quattro e mezzo, insomma stanno crescendo. E c’è una cosa che gli analisti occidentali dimenticano, questi signori hanno già una banca in comune, si chiama Banca di Sviluppo, e hanno già una moneta virtuale pronta, si chiama R-Cinco. Quindi voglio dire, non pensiamo che i BRICS, vabbè ma tanto passeranno dieci anni, Io credo che a breve potremmo avere qualche sorpresa e questa sorpresa potrebbe causare un problema per il dollaro. Attualmente il dollaro è la moneta del settantacinque per cento degli scambi internazionali. Se arriva un’altra moneta concorrente cosa succede al debito pubblico americano che si regge su questo? Per dirla fuori dai denti, La moneta del BRICS è già pronta, l’ULA, il presidente del Brasile, l’ha già lanciata, anche se ancora non è operativa, però ha già lanciato e secondo me aspetteranno le elezioni americane per formalizzarla. Diciamo che c’è una piattaforma finanziaria già pronta, quindi quando premeranno il bottone start io non so se gli equilibri saranno più quelli di una volta. Perché il cambio con il dollaro chiaramente dovrà fare i conti con questa nuova moneta che è forte perché è un mercato forte. assolutamente sì per quanto riguarda l’Italia noi come abbiamo accennato precedentemente questo è il momento della presentazione del cosiddetto piano strutturale di bilancio una volta si chiamava NADEF cioè la nota di aggiornamento del documento economico finanziario e ancora prima si chiamava manovra quando io ero ragazzino e alla fine di settembre uscivano un po’ tutte le varie anticipazioni. Questo piano strutturale è una legge fondamentale che dovrà essere presentata entro il ventisette settembre all’Unione Europea. Perché si presenta all’Unione Europea? Perché noi abbiamo una procedura di infrazione per debito eccessivo. Stiamo parlando di una settimana. Esattamente, una settimana. E sarà anche abbastanza interessante. Perché abbiamo una procedura di debito eccessivo? Perché il rapporto tra il deficit PIL in Italia è al quattro e mezzo per cento e dovrebbe essere al tre per cento. Il nuovo patto di stabilità, tra parentesi, approvato anche da questo governo, attenzione, stabilisce che bisogna rientrare dello zero cinque per cento del PIL. Per intenderci una cifra tra i dieci e i dodici miliardi di euro. Quindi la nuova finanziaria già bisogna togliere, non dico dodici, dieci miliardi, perché bisogna abbassare il debito pubblico. Poi aggiungiamo, ci sono il taglio del cuneo fiscale e la rimodulazione dell’IRPF che sono già operative e che costano diciotto miliardi. siamo a ventotto miliardi ora a questo punto io mi chiedo tutte le promesse che sto sentendo in questi giorni quota quarantuno per le pensioni il bonus per le famiglie bonus sparsi per le aziende ma scusate i soldi dove li prendiamo perché noi abbiamo da un lato una cosa positiva nei primi sei mesi dell’anno bisogna riconoscerlo le entrate cioè le imposte pagate dagli italiani sono cresciute di dieci miliardi entro la fine dell’anno secondo una proiezione della Banca d’Italia potrebbero essere a venti venti miliardi esatto quindi ne dobbiamo spendere senza fare niente ventotto ne entrano venti otto miliardi facciamo i conti della serva dove li andiamo a prendere qualcuno dovrà parlare cioè prima o poi dovrà bisognerà mettere gli italiani davanti a una situazione di realtà io temo che le notizie che stanno trapelando non sono positive nel senso che si sta parlando di tagli alla spesa pubblica e tagli alla spesa pubblica significa il blocco delle pensioni il taglio alla sanità il taglio alla scuola cioè tutto quello che dovrebbe essere sviluppo andrà ad essere tagliato è assolutamente così anziché andare a colpire per esempio le plusvalenze delle banche dell’assicurazione comunque sono un paradosso tutto italiano noi blocchiamo la rivalutazione delle pensioni che praticamente andiamo a tagliare poche decine di euro diciamoci la verità mentre i sessanta miliardi di extra profitti delle banche però mi scusi professore ma per chi guadagna duecento, trecentomila euro l’anno poche decine di euro non sono niente per chi guadagna sette, ottocento euro al mese fanno la differenza assolutamente, assolutamente se questo aggiunge gli effetti deleteri dell’inflazione non dimentichiamo che noi paghiamo la bolletta elettrica più cara d’Europa per intenderci più cara della Germania del ventisei per cento più cara della Francia del trentaquattro per cento perché noi compriamo l’elettricità dalla Francia prodotta con le centrali nucleari che non vogliamo in Italia. Insomma, un po’ di paradossi. Quindi ora, a meno che il governo, in modo particolare il ministro Giorgetti, non abbia un coniglio nel cappello, io credo che gli spifferi di cui lei parlava diventeranno realtà, perché i conti devono quadrare in qualche modo. Anche perché mi permetta di aggiungere a novembre, in modo particolare di ventuno novembre, l’agenzia di rating Moody’s dirà se il nostro debito pubblico è diventato spazzatura. Noi siamo un gradino al di sopra del rating junk, che è spazzatura. Speriamo non succeda questo, perché vuol dire che Per richiedere prestiti sul mercato dovremo aumentare enormemente gli interessi. I tassi di interesse, certo. Esatto. Noi quest’anno, nel 2024, finiremo di pagare 93 miliardi di interessi sul nostro debito pubblico. l’anno prossimo potrebbero arrivare a 100 miliardi, altro che finanziario se noi li dimezzassimo potremmo come dire tornare ad essere un paese un paese florido ma purtroppo insomma quindi con i conti pubblici dobbiamo stare molto molto attenti.
P.R.: bene Professore, è passata velocemente la mezz’ora perché gli argomenti sono di grande interesse e sono molti, sono molto vasti. Io la ringrazio, ringrazio intanto i nostri spettatori di Heroes Magazine che come sempre ci ascoltano e ci seguono anche attraverso i canali social anche dall’estero. Noi abbiamo una numerosa comunità italiana di residenti all’estero, soprattutto in Sud America, che ci segue con affetto da tanti anni. ricordo appunto che le interviste nostre le trovate sui canali social basta andare sulla pagina di Eros Magazine ci sono tutti i link dei nostri canali social e troverete questa intervista così come quelle precedenti e vi ringrazio vi saluto e vi do appuntamento alla prossima settimana grazie professore le lascio la parola per salutare il nostro pubblico e poi chiudiamo la trasmissione.
A.V.: la ringrazio direttore la ringrazio ancora una volta per questa chiacchierata cortese e secondo me molto ricca saluto i suoi spettatori e vi auguro il meglio grazie a tutti a presto arrivederci.