Musica – Il M.o Daniele Pasini ed il Metodo MusicArte
Written by Pino Rotta, 16 gennaio 2025
Amici di Helios Magazine l’ultimo incontro di quest’anno con voi e con i nostri ospiti lo dedichiamo a un argomento che ha una grande tradizione nel Mediterraneo, ma non soltanto nel Mediterraneo, si tratta dell’arte grafica e della musica. Argomento poco affrontato per la verità e noi ci tenevamo ad averlo come argomento da trattare. Lo faremo con un ospite, il maestro Daniele Pasini, che ha incentrato il suo metodo di insegnamento della musica appunto coniugando la musica con l’arte grafica. vedremo come è riuscito a integrare e ascolteremo anche qualche nota del maestro Paesini. Helios Magazine chiude l’anno con gli auguri ovviamente di un buon fine anno e un inizio dell’anno ancora più felice lo chiudiamo con ancora un ospite che ci proporrà un argomento che oltre ad essere di natura interessante affascinante dal punto di vista del contenuto è anche una proposta innovativa Ospite il maestro Daniele Pasini, che è un musicista, un insegnante di musica e che ha una storia particolare e un metodo di insegnamento particolare.
D: Buonasera professore, grazie per essere con noi, le chiedo subito di dirci come nasce la sua vocazione quale è la sua storia per diventare maestro di musica, tra l’altro di flauto e compositore e anche per essere arrivato, perché lei non nasce Sardegna ma è arriva in Sardegna.
R.: Innanzitutto buonasera a tutti, grazie veramente di questo spazio. Per me è veramente un grande piacere. Io sono nato a Roma e tutti i miei parenti sono romani, i miei genitori sono musicisti, erano musicisti, e ci siamo trasferiti in Sardegna quando io avevo due anni. Ho respirato musica sin da piccolo, i miei giochi delle costruzioni con le Lego venivano accompagnati dalle fughe di organo oppure da mia madre che suonava il pianoforte. Erano entrambi, oltre che musicisti, anche insegnanti. Mia madre di scuola media e mio padre al conservatorio e quindi tutto diciamo che la musica vive in me e anch’io ho deciso di intraprendere lo studio del flauto, finché non mi sono diplomato e molto più avanti ho deciso di frequentare il di intraprendere gli studi in scienze della formazione primaria e mi sono laureato con una tesi sull’infinito matematico di Georg Cantor. Da lì poi ho cominciato la mia esperienza nel sostegno e ad un certo punto ho deciso di fare il passaggio alla classe e mi è stata assegnata, diciamo, musica e anche arte immagine. Considerate che la mia esperienza con arte immagine, con il disegno in particolare, cominciato un po’ per caso perché una decina di anni fa ho deciso di scrivermi a un corso di disegno non sapevo fare davvero niente soltanto che poi l’anno dopo appunto mi sono state assegnate queste due materie considerate che la mia esperienza musicale come flautista spazia dalla musica classica fatto tantissimi concerti con mio padre organista in Italia all’estero, e poi mi sono buttato anche su generi come il jazz, il reggae, ho collaborato anche con DJ, quindi ho una grande esperienza musicale. Ho anche diretto il coro parrocchiale, ho cantato anche in un coro, quindi la mia esperienza musicale è davvero molto variegata. Quando ho cominciato a insegnare musica e arte immagine e in particolare da quando ho cominciato a fare l’esperienza del disegno a quando ho cominciato a disegnare, ho cominciato a notare delle cose che non avevo visto prima in particolare cominciata tutta una riflessione sullo spartito …
D.: questo magari lo vediamo un attimo dopo, mi interessava capire questa sua scelta. Lei è nato a Roma si è formato a Roma ma poi finisce in Sardegna a Cagliari, da quello che mi ha detto, è stato quasi casuale però si è dovuto adattare.
R.: Io mi sono trasferito con la mia famiglia quando avevo due anni, quando avevo solo due anni. Ed è successo così che mio padre insegnava alle scuole medie nei paesi romani, nei dintorni. soltanto che ad un certo punto è arrivata un’offerta diciamo gli è stato proposto di insegnare organo al conservatorio di Cagliari. Lui all’inizio ha cominciato a viaggiare, a fare la spola tra Cagliari e Roma, finché hanno deciso di trasferirsi, quindi noi ci siamo ritrovati in Sardegna. Mio padre rimase innamorato veramente proprio dei panorami sardi, in particolare, uno in particolare gli rimase nel cuore, la Baia di Calamosca, per il quale lui aveva composto un cantabile.
D.: La Baia di Calamosca, scusi per i nostri spieghiamo ai nostri lettori, ma anche per me che conosco un po’ la Sardegna, ma non bene. La Baia di Calamosca è a Cagliari, è la parte dove c’è la laguna?
R.: Sì, a Cagliari. È quasi nella città, è quasi in città. Praticamente a Cagliari, c’è il Poetto, che è la spiaggia lunga, adesso non ricordo se siano otto chilometri o giù di lì, c’è lo stagno di Molentargius con tutte le saline e poi quella è la spiaggia più grande, che tra l’altro è divisa tra il comune di Cagliari e il comune di Quartu. E poi c’è la Baia di Calamosca, che è una piccola spiaggetta nascosta dietro il promontorio della Sella del Diavolo. È una spiaggia piccolina, però molto bella e soprattutto molto riparata. Sì, sono posti meravigliosi. Sì, ed è proprio in città, cioè non è proprio centro, però diciamo che è proprio città ed è molto pulita l’acqua, molto molto molto pulita per essere città, perché appunto è molto riparata. Un altro panorama che lo lasciò senza fiato è il panorama che si gode dalla colle di Monturpino, un bellissimo parco da cui si vede tutto il Cagliaritano, con tutta la vista naturalistica che è eccezionale veramente. E quindi mio padre, pur essendo difficoltosi, trasporti e certamente fare spola tra Cagliari e Roma non fosse esattamente una passeggiata, alla fine d’accordo con mia madre ha deciso di trasferirsi in Sardegna e quindi diciamo è cominciata una nuova vita. Iio ringrazio per sempre i miei genitori perché Roma è una bellissima città, ma amo stare in Sardegna, amo stare a Cagliari, amo la vita qui, assolutamente.
D.: Lei ha fatto il conservatorio e lo ha fatto a Cagliari? C’era suo padre che insegnava, quindi è stato anche una strada abbastanza naturale, no?
R.: Sì, diciamo che io mi ricordo ancora quando lui lo propose. Mi disse Daniele vuoi provare il flauto? Io ero abbastanza accogliente e ho detto sì, peraltro guardate dico anche una cosa mio padre aveva individuato che chiaramente avevamo un buon orecchio, ho questi ricordi di lui che ci prendeva in braccio e ci musicava dal vivo le favole. Le tirava fuori e le musicava sul momento. Ci faceva la proposta proprio di farci studiare due strumenti diversi, a me il flauto e a mio fratello la viola, inizialmente il violino e poi la viola. E poi anni dopo ci spiegò perché aveva fatto questa scelta, perché lui non voleva assolutamente che noi intraprendessimo lo studio di uno strumento uguale al suo, per evitare confronti. E secondo me questa è stata una scelta molto azzeccata. negli anni poi soprattutto nell’insegnamento prima ancora che io avessi questa idea del metodo musicale ho messo in campo un un’altra grande eredità stavolta di mia madre aveva una grande capacità nel coinvolgere gruppi grossi di bambini e e di ragazzi. Sono una decina d’anni che faccio saggi con cento, duecento, anche trecento bambini e questa è sicuramente un’eredità di mia madre che aveva questa capacità eccezionale di gestire gruppi. Quindi, sai, sono quelle cose che uno vive, che vede a casa propria e comunque costituiscono una grande eredità. Poi mia madre era molto brava nel far cantare i bambini, io invece ho sviluppato anche lì una nuova modalità perché mi piace molto, moltissimo, far suonare i bambini strumenti tratti dal riciclo. Quindi accompagniamo musica classica, musica non classica, musica natalizia, usando bottiglie vuote, usando pezzi di cartone, buste dell’umido, foglie di carta, cucchiaini, cioè tutto ciò che è riciclo. E i bambini si divertono da morire, veramente si divertono, anche io mi diverto, ovviamente. Sono io il primo a divertirmi. E quindi diciamo che sicuramente tutta la formazione ricevuta, i concerti fatti, le esperienze fatte, sicuramente me li porto dietro e cerco di trasmetterli ai miei alunni. Ovviamente non ho interrotto l’attività concertistica, soltanto che si è leggermente smorzata. Diciamo che suono quando capita, quando mi chiamano, compatibilmente con gli impegni scolastici, ci sono, faccio concerti.
D.: Il flauto per lei è uno strumento di lavoro o è un’attrazione fatale?
R.: Allora per me, all’inizio come ho detto prima, io ho detto un sì generico a mio padre, per provare il flauto e quindi all’inizio è andata così. Mi piace suonare il flauto però diciamo che a volte ci litigo anche nel senso che gli studi che ho fatto sono quelli che ho fatto e adesso mi trovo con una buona tecnica so passare dalla classica al jazz o all’improvvisazione, però devo essere sincero non ho quella spinta, per esempio non mi esercito, io non mi esercito mai a casa, non sono l’unico, ci sono tanti altri artisti che sono così e studio solo in occasione di concerti o quando devo, allora mi rimetto in sesto perché un po’ con lo strumento musicale un pochino ci litigo, non ho sempre voglia di suonare però quando suono mi diverto tantissimo e sono felicissimo, quindi questa è la giusta motivazione
D.: Con lo strumento di lavoro, come una giusta motivazione, questa che adesso se permette la facciamo gustare anche ai nostri spettatori che certamente diamo due minuti di qualche nota improvvisata creata per noi dal professore Pasini (link youtube).
Bene, professore, io credo che il flauto sia uno dei pochi strumenti che riesca ad affascinare anche se suonato in singolo. Immaginiamo poi gli effetti che fa quando si suona in gruppo. Adesso vorrei chiederle, visto che lei ha adottato… creandolo, anche un metodo di insegnamento chiamato MusicArte, le vorrei fare una domanda per spiegarci il tutto. Questo suo metodo che unisce l’arte grafica, in particolare con la musica, ha un’ispirazione filosofica e poi come si sviluppa? Come è che lei sviluppa questo suo metodo?
R.: Mi voglio riallacciare all’ultima cosa che ha detto a proposito del flauto da solo. Sono un amante della musica di André Jolivet che ha scritto delle pagine bellissime per flauto, anche per flauto solo. Per quanto riguarda il metodo, in realtà non ha direttamente un retroterra filosofico. Diciamo che è nato dall’esigenza di rendere semplici concetti che di solito passano per complessi nella didattica musicale, quindi io insegnando ai bambini, pur con tutta l’esperienza della musica che vi ho detto prima, comunque mi trovavo in difficoltà anche perché non mi andavano bene alcune proposte didattiche che ci sono e ci sono tuttora, per cui ho sentito l’esigenza di sviluppare un nuovo approccio, però per trovare questo nuovo approccio ci è voluta tanta fatica, tanta voglia di mettersi in gioco, tanti sbagli e mi ha aiutato in questo sicuramente la pratica del disegno. Facciamo un esempio. Negli esercizi in cui dovevo esercitarmi per il chiaroscuro su una griglia è stato proprio l’esercizio della griglia a farmi notare e a farmi pensare a dei particolari a cui non avevo pensato prima, ad esempio al discorso dell’incolonamento delle note che in musica, quando due o più note sono incolonnate producono un suono simultaneo. Quindi partendo da questi discorsi ho cominciato a ragionare a dire ma lo spartito musicale è di fatto un disegno. Quindi il pentagramma non l’ho visto più come cinque linee, ma come cinque linee parallele e l’alternanza di rigo spazio e rigo spazio non l’ho più vista solo come alternanza generica, ma come un potermi di allacciare al discorso dell’alternanza pari o dispari. Per cui ho ideato per esempio l’attività dei pentagrammi a mano libera con delle misure studiate e pensate per i bambini e anche una procedura studiata per questo. perché nel proporle ai bambini, vi faccio un esempio, se io a un bambino dico fammi una linea dritta a mano libera, il bambino fa una linea, esce storta e non si accorge neanche di aver sbagliato. Quindi io ho dovuto fare una riflessione sulla riflessione e ho dovuto ideare una strategia per permettere al bambino di ottenere delle linee dritte. Quindi faccio un pezzettino, sollevo un pezzettino, sollevo un pezzettino, sollevo, eccetera. Dopo, negli anni, ripeto, tra tante idee e soprattutto tanti errori, tanti sbagli, sono riuscito a strutturare una calendarizzazione proprio delle competenze musicali basata su un’infarinatura… diciamo a partire dai pentagrammi a mano libera in prima primaria in seconda e terza primaria lettura delle note musicali tramite strumento compensativo sul microcosmo volume uno di bella parto quindi solo direttamente sullo spartito perché è uno strumento didattico eccezionale che non viene mai menzionato però uno strumento didattico eccellente.
D.: Scusi professore, tra l’altro voglio dire, lei ha tradotto questo metodo in cinque volumi, ha pubblicato cinque libri, ognuno serve per un percorso.
R.: Esattamente, ognuno mantiene una specifica caratteristica, poi ciascuno può vedere le caratteristiche, se siva su Amazon, si legge la descrizione e quindi può curiosare. E dicevo… in seconda e terza quindi faccio leggere le note musicali su spartito con lo strumento compensativo a fianco che sarebbe lo schema delle note musicali e in quarta e quinta faccio leggere le note aggiungendo dei ragionamenti sulla relazione esistente tra spartito e tastiera sul mio primo bac ora c’è un diritto che il bambino ha è un diritto a non solo conoscere le note musicali che spesso vengono viste come obiettivo per la quinta primaria, c’è un altro. Non solo conoscere le note musicali, il diritto a capire perché a volte sulla tastiera si va verso destra e a volte si va verso sinistra e quali sono le implicazioni grafiche sullo spartito collegate a certi salti che vengono fatti sulla tastiera. Perché uno dice, perché a volte devo andare verso destra o verso sinistra? E perché a volte devo saltare? E di quanto devo saltare? Posso calcolare di quanto devo saltare? Certo, si può calcolare tutto in musica. Perché? Perché la premessa è che il pentagramma è strutturato per alternanza di rigo-spazio, il che ci riporta al discorso del pari e dispari. Se noi facciamo l’analogia tra pentagramma e pari e dispari, vuol dire che tutto ciò che è contenuto nel pentagramma può essere calcolato.
D.: Questi sono discorsi un po’ complessi, ma i bambini riescono a interagire con lei su queste riflessioni? Quindi non sono troppo difficili da comprendere per i bambini?
R.: Assolutamente sì. No, magari non per i bambini di sei anni, però già dagli otto anni si comincia a fare questi ragionamenti. Ad esempio, se incontro un gruppo di note che si alternano, rigo, spazio, rigo, spazio, rigo, spazio. E richiamandomi all’alternanza pari e dispari, io dico se rigo spazio, rigo spazio, rigo spazio, allora vuol dire che sono note sulla tastiera tutte vicine. Quindi questo significa usare la logica, problem solving. Quindi ci sono dietro una serie di implicazioni, dietro queste competenze, che vanno garantite al bambino. Per quanto riguarda l’allaccio con l’arte, per esempio, come ho detto l’incolonamento delle note lo colleghi alla matematica, perché l’incolonamento un valore sempre sia nella matematica sia nella musica, ma se vogliamo anche nel disegno perché quando si fanno, quando io porto dei bambini alla copiatura di un disegno, semplice che sia, comunque vanno fatte tutte le relazioni tra gli elementi del disegno, che poi è una cosa che si ritrova nei ritratti. Io come cerco di educare i bambini al disegno? Con uno strumento adatto veramente a tutti e che uso dai sei anni fino ai dieci anni, ovvero… La carta lucida, la decalcatura, che sembra essere uno strumento, una pratica quasi dimenticata, ma è veramente importantissima perché aiuta a un continuo rinforzo del pregrafismo. In tempi in cui i bambini, qualche bambino, fa fatica a scrivere, hanno mille difficoltà per diversi motivi, uno strumento come la carta lucida è fondamentale per aiutare tutti i bambini, sia quelli meno bravi che quelli più bravi. Io ho allunni che a sei, sette anni, mi dicevano ma adesso non mi piace disegnare, non mi piace colorare, poi piano piano cambiano.
D.: Spieghiamo perché è utile, perché praticamente i bambini sotto la carta lucida hanno il disegno da copiare.
R.: Esattamente. Questo li porta a osservare maggiormente. Io ho avuto l’unica luce di un punto così, di punto in bianco, osservavano gli oggetti intorno a loro e si mettevano a copiarli. Quello è il frutto della decalcatura, cioè proprio di un’abitudine continua, continua, continua. Sulla coloritura, dietro la coloritura c’è un mondo, dietro la decalcatura c’è un mondo. Quindi io ho esplorato con questi cinque libri, ho esplorato tutte queste dinamiche ovviamente poi si entra in classe e si scopre io imparo sempre dai miei alunni scopro sempre tantissime cose però diciamo che già questi primi cinque libri contengono informazioni molto importanti per chi voglia, diciamo, affrontare l’insegnamento della musica e dell’arte in un modo nuovo, per non ridurre la musica alle canzoncine e l’arte ai lavoretti. Per finire diciamo, volevo sottolinearlo, lei praticamente dà ai bambini uno strumento che serve loro a sprigionare non soltanto la naturale fantasia creatività dei bambini ma anche a sviluppare dei sentimenti e delle emozioni che li faranno crescere anche come individui al di là del fatto se poi diventeranno musicisti o meno. Grazie Professore. Le auguro buon lavoro.
R.: Grazie a lei e a tutti i lettori di Helios Magazine.