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Il Cianfrusagliere (autore Saul Ferrara) di Maria Antonia Belgio


L’autore sotto la spinta delle conoscenze misteriche ed iniziatiche, muta la tradizionale fisionomia del dramma teatrale insistendo sul valore simbolico dei numeri sia nel narratio che nella narrazione stessa. Nel dramma teatrale in 6 atti si intinge-pienamente- la penna nei significati reconditi del cammino umano e si dipana una storia di “crescita” e di miglioramento che ruota attorno al personaggio del “Cianfrusagliere”. Un personaggio senza nome…ma con un’identità molto forte e definita in cui “l’uno ed il molteplice” si miscelano. Chi è in fondo il Cianfrusagliere se non l’uomo “estraniato”, colui che ha capito il gioco della Vita e contempla con filosofica superiorità la coscienza comune. Racconto corale-in cui si manifestano tracce misteriche e “sacre”- la cui narratio si frantuma tra due voci, il Cianfrusagliere e don Ettore, portatori di due mondi contrapposti e “nemici” che la morte/rinascita ricongiungerà: Lo giuro lo giuro lo giuro/Uno è Tutto/Tutto è Uno/Di questo realizzazione io son/Dello spirito la materializzazione/Nella materia la perfezione. Focalizzazione portante va posta anche nei riguardi della folla talvolta festante, talvolta animata dall’insano spirito popolare; folla che non funge da mero corollario ad azioni sempre più ritmiche che inseguono il vicino finale, ma è spirito stesso della narratore onnisciente. La rappresentazione scenica è quasi un manifesto allusivo al cammino che dalle tenebre dell’ignoranza conduce alle stelle. Il personaggio del Cianfrusigliere compie il suo destino nel momento in cui si oppone ed irride don Ettore simbolo della velleità nebulosa. Si profila, in conclusione del dramma, la scelta radicalmente irrazionalistica pervasa dal vitalismo della DONNA che occupa la scena finale. C’è qualcosa di mistico in questo approdo. Ciò che maggiormente attrae lo spettatore è proprio questa diafana figura femminile che disgrega l’ordine del reale dilatando la visone onirica e talvolta allucinata; rende noto ciò che tale non è, svela il mondo dell’essere nascosto dietro quello dell’apparire. La scelta di alternare gli spazi “dentro” e “fuori” il paese fuori: bosco e dentro: piazza del paese appare suggestiva ed enigmatica; al di qua gli ostacoli che impediscono la vista; al di là il varco del limite alla ricerca del “vero”. Se il “vero” è limitato, il “sogno” lo dilata… L’arte del Cinfrusagliere che spinge ad una conoscenza ultima che oltrepassi la realtà visibile ed attinga ad una segreta essenza delle cose simboleggia il sapiente… l’uomo di alto valore spirituale – quale è il personaggio che dà il titolo alla rappresentazione scenica- è indotto ad una ricerca incessante e va oltre nell’ultimo atto. L’autore offre una piena testimonianza della materia iniziatica che viene filtrata attraverso la scelta della forma narrativa teatrale. L’arrovellarsi convulso di alcune scene spesso rende gli esiti sofistici, contorti e capziosi; ma il tutto è scevro da astratto cerebralismo e da ripetizione di schemi inerti e prevedibili. Certamente il finale è aperto, non chiaro e per questo omogeneo: la visuale finale è plurima e molteplice.

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