“Le crociate viste dagli arabi”
di Fabio CUZZOLA (cirano2@virgilio.it)
Versione in inglese
Dopo l’11 settembre, e la conseguente enfatizzazione che ha dato il mondo occidentale a quest’accadimento, come: “Nulla più sarà come prima!!”, l’approccio problematico a fenomeni storici che riguardano il mondo “altro” dell’Islam sembra più difficile e condizionato dal pensiero dominante.
Tuttavia la cultura del nord ricco del mondo si è sentita offesa, vedi anche la sdegnata presa di posizione di alcuni intellettuali, solo quando è stato ferito il proprio orgoglio nel giardino di casa; fino ad allora massacri, guerre, olocausti e persecuzioni, erano stati tranquillamente esportati e con il tempo rimossi, e nessuno ha mai parlato di barbarie di civiltà per la strage di Bophal o per i massacri indio delle Americhe.
A scuola le crociate sono rapidamente affrontate solo come mero fenomeno politico-militare, lontano nel passato e senza alcun prestito per la contemporaneità.
Il taglio semplicistico, infatti, provoca una riduzione di interesse negli studenti, i quali come capita per la maggior parte degli argomenti, percepiscono gli eventi storici, come fatti di cronaca vecchi e polverosi.
Un approccio brudeliano invece favorisce l’interesse, perché avvicina allo studio ed alla comprensione, non solo nella dinamica causa-effetto, ma anche in quella spazio-temporale, entrambe con ricaduta nella lunga-durata.
Altro problema è quello delle fonti, che sono limitate a quelle indicate dai manuali, che nella maggior parte dei casi espongono tesi occidentali.
Un giusto avvicinarsi ad un fenomeno così complesso prevede quindi da principio, un ventaglio di fonti, (vedi bibliografia in appendice), eterogenee che annoveri fra gli strumenti anche la lettura di storici e cronisti arabi.
Questo vale per tutti gli eventi storici, ed in particolare per quelli medievali che hanno l’Islam tra gli indicatori di studio, se si pensa che proprio gli studiosi musulmani furono fra i più grandi e fedeli cronisti e cartografi, basti pensare solo alla figura di Idrisi che lavorò alla corte di Federico II a Palermo.
Le crociate che poi sono oggetto di studio, sono poi tre o quattro, ma il fenomeno deve essere considerato nel suo insieme e crociate furono anche quelle che non ebbero spargimento di sangue, come quella che nel 1229 vide protagonista Federico II, il quale solo con l’abilità diplomatica riuscì a farsi consegnare dal sultano al-Kamil Gerusalemme, senza muovere guerra.
L’arco temporale della periodizzazione è anch’esso problematico, ma se non ci si ferma troppo su numeri e date, è facile intuire che non tutto iniziò nel 1096, anno della I crociata, e non tutto finì nel 1291, anno della presa di Acri, e dell’ultima dominazione occidentale in medioriente.
Le dodici, o quattordici crociate, secondo le interpretazione che si susseguirono, infatti, sono costellate da lasciti pre e post evento utili a comprendere in profondità il punto di vista dell’altro.
Ricordiamo qui l’avanzata del mondo arabo, nel corso dell’ottavo secolo d.C. gli esempi di convivenza fra le religioni come la Sicilia del tempo, e per quanto riguarda il dopo gli strascichi di odio e rancore culminati con la battaglia di Lepanto, che non impedirono tuttavia alla repubblica veneziana, o al mercante viaggiatore Marco Polo, di vedere l’oriente ed i loro popoli sempre più “civilizzati”, rispetto alla cristianità occidentale.
Anche oggi si torna a parlare di scontro fra civiltà, fra religioni, dimenticando le cause storiche, le cui cause vanno ricercate anche nella storia medievale.
Si pensi ai conflitti religiosi, che proprio nelle crociate trovano la giustificazione per l’eliminazione dell’altro, dell’infedele.
Nel corso delle loro spedizioni, infatti, sotto l’egida e la benedizione di santa romana chiesa, gli eserciti cristiani che si susseguirono nel tentativo di conquistare il santo sepolcro, sterminarono in maniera efferata ebrei, cristiani maroniti, armeni e chiunque potesse intralciare i loro piani.
A testimonianza di ciò, và ricordato che, uno dei primi provvedimenti dopo la conquista di Gerusalemme, fu quello di espellere tutti i sacerdoti cristiani appartenenti ai riti orientali.
A guardare le crociate dal punto di vista islamico, si nota anche che il fronte dei seguaci di Maometto era anch’esso variegato, e dilaniato da conflitti interni; il tentativo di prevalere e di ergersi ad unici difensori dell’Islam era costante.
Per anni invidie e gelosie fra, turchi Selgiuchidi, califfi, visir, e perfino le popolazioni mongole, provenienti dall’estrema Asia, scompaginarono le fila arabe.
In questo scenario, i musulmani definivano tutti i cristiani, o coloro che venivano dall’occidente, come Franchi, memori dello spauracchi carolingio che dopo la battaglia di Poiters, aveva segnato qualche secolo prima, la sconfitta dell’espansionismo arabo che i califfi avevano spinto fino al nord della Spagna, attraverso tutto il Mediterraneo.
E naturalmente di marca francese era la leadership cristiana delle prime crociate, infatti, i franchi erano il braccio armato della chiesa sin dai tempi dello scontro papato-Longobardi.
L’esercito dei franchi dovette colpire molto per la sua efferatezza non solo passata, se il cronista arabo Ibn al-Athir, dopo la vittoria cristiana del 1099, annota doviziosamente nella sua cronaca:”La popolazione della Città Santa fu passata a fil di spada, e i Franchi massacrarono i musulmani per una settimana; nella moschea di al-Aqsa, uccisero più di settantamila persone.”
Naturalmente non abbiamo il riscontro sulle cifre, ma è interessante notare due elementi in questa fonte araba, primo, anche per i musulmani Gerusalemme era una città “santa” per la radice primordiale di Abramo, che non sembrava allora fare molta presa su cristiani, se è vero che proprio in quel 1099, i crociati distrussero la tomba del padre delle grandi religioni monoteiste.
Secondo elemento il lascito linguistico toponomastico, Al-aqsa, che oggi è tristemente ricorrente, perché nome di una brigata terroristica, “i martiri di Al-aqsa”, che ci riporta all’attuale e sanguinoso conflitto israelo-palestinese.
Altro elemento sul quale riflettere, è quello del fondamentalismo, che spesso viene associato alle religioni, dimenticando quanto questo modo di estremizzare idee e fedi ha fatto ad esempio nelle ideologie politiche, basti pensare alle radici dei totalitarismi nel novecento.
Nel medioevo esistevano già libero pensatori, uomini di fede e filosofia, che combattevano la visione totalizzante della religione sulla vita dell’uomo, qui ricordiamo Abù al-Ma’arri, poeta, critico verso i musulami, da musulmano, che in un suo poemetto scrive: “Gli abitanti della terra si dividono in due categorie, coloro che hanno un cervello, ma non hanno religione e coloro che hanno una religione ma non hanno un cervello.”
Tolleranza e convivenza fra le religioni che oggi sembra definitivamente incrinata a favore degli odi del fondamentalismo, trovò un periodo rigoglioso, strano ma vero durante l’alternarsi dei vari custodi del santo sepolcro.
Infatti con il passare dei decenni, numerose comunità si erano integrate fra loro in Gerusalemme, se è vero che nel 1140, il cronista Usama ibn Munqidh recatosi in visita nella città santa custodita dai cavalieri Templari, scrive:” Quando visitai Gerusalemme, entrai nella moschea al-Aqsa, dove erano insediati i miei amici Templari”, anche se poi aggiunge: “Un giorno stavo per iniziare la preghiera, quando un uomo, un franco, mi si precipitò addosso, mi afferrò e mi volse il viso verso oriente, dicendo: “Così si prega!”.
Forzata quindi, ma un minimo di tolleranza vigeva, e così si protrasse per oltre due secoli, fino alla sconfitta definitiva dell’ultimo tentativo militare dei cristiani, conclusosi con la sconfitta di Acri, maturata il 17 giugno del 1291, che segnò il definitivo abbandono dei franchi ad ogni velleità sul fronte mediorientale.
Questo rapido sguardo di là dalla barricata, ci fa comprendere una volta ancora se ce ne fosse bisogno, che per una conoscenza storica obiettiva, richiede assumere il punto di vista dell’altro, del diverso, del lontano, solo così la storia assume rigore di sapere e suscita nei giovani il desiderio di scoperta, unico antidoto ad un pensiero omologante che dilaga.
Bibliografia minima:
A. Malouf “Le crociate viste dagli arabi” SEI- TO 1999
F. Gabrielli “Storici arabi delle crociate” Einaudi –TO 1987
J. Sauveget “Historiens arabes” Parigi 1946
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