Poesia
Pessoa: moltiplicarsi per esistere
a cura di Gianni Ferrara
Se è vero che non c’è peggior ricompensa per un artista che quella di venire ricordato per la sua vita, così come è accaduto a certi poeti " maledetti " noti ai posteri più per gli stravaganti eccessi che per i versi scritti, a Fernando Pessoa, risulta praticamente impossibile recare questo affronto.
L’uomo Fernando Pessoa è come se non fosse mai esistito, le poche ordinarie orme di vita realmente vissuta che ha lasciato sono coperte dalle molteplici ed emotivamente gigantesche impronte dei suoi eteronomi. Octavio Pazinun breve saggio a lui dedicato ("Ignoto a se stesso" edizioni il Melangolo), afferma che il segreto di Pessoa è racchiuso nel suo nome. Pessoa in portoghese significa "persona" e deriva dal latino "persona", come il nome delle maschere che indossavano gli attori romani. Quindi Pessoa è uguale a maschera, finzione, nessuno. I suoi biografi hanno davvero pochi dati su cui lavorare.
"Mi sono moltiplicato per sentire, per sentirmi"
Pessoa ha condotto un esistenza monotona, lavorando come traduttore di lettere commerciali per una ditta di import-export e da aggiungere a questo c’è ben poco, nessuna stravaganza mondana e nessuna impresa eroica da "vita irripetibile" dannunziana. Ma nella banale quotidianità dell’impiegato di concetto Pessoa si cela qualcosa di eccezionale: lui scrive poesie di straordinaria bellezza, e quando si trova chiuso nella grigia solitudine della sua stanza in affitto diventa un demiurgo capace di creare nuove vite e nuovi mondi. Un demiurgo a volte negativo che per far nascere una nuova vita deve distruggere quella precedentemente creata.
"Fingere per conoscersi"
Pessoa ha negato se stesso barattando la sua "anima-identità" per dare vita ad altri poeti come de Campos, Caiero e Reis, trovando nel moltiplicarsi in queste esistenze l’essenza più profonda della sua esistenza. Nella caotica rivolta letteraria ordita dagli eteronomi pessoani comunque si nasconde qualcosa di più intimo e al contempo universale. In quella isterica esigenza di uscire dal proprio Sé per trasformarsi in un altro Sé ed in un altro ancora, in un continuo gioco delle finzioni, si afferma il dubbio che da sempre tormenta l’animo umano: chi siamo? Pessoa con il suo acrobatico moltiplicarsi salta questa domanda e si beffa di tutti gli dei sconosciuti che governano la realtà e che ordinano entro rigidi limiti l’esistenza che non è sempre un esistere.
Sii plurale come l’universo!
Da Poesie di Álvaro de Campos edizioni Adelphi
Voglio finire tra rose, perché le ho amate nell’infanzia.
I crisantemi di dopo, li ho sfogliati a freddo.
Parlate poco, piano.
Che io non oda, soprattutto con il pensiero.
Cosa volli? Ho le mani vuote,
increspate debolmente sulla coltre lontana.
Cosa pensai? Ho la bocca secca, astratta.
Cosa vissi? Era così bello dormire!
8 dicembre 1931
*
Fai le valigie per Nessun Luogo!
Imbarcati verso l’universalità negativa di tutto
con un grande imbandieramento di navi finte -
delle navi piccole, multicolori, dell’infanzia!
Fai le valigie per il Grande Abbandono!
E non dimenticare, fra le spazzole e le forbici,
la distanza policroma di quel che non si può ottenere.
Fai le valigie definitivamente!
Che cosa sei tu qui, dove esisti gregario e inutile –
e quanto più utile più inutile –
e quanto più vero più falso –
che cosa sei tu qui? che cosa sei tu qui?che cosa sei tu qui?
Imbarcati, anche senza valigie, verso te stesso diverso!
Che cos’è per te la terra abitata se non ciò che non ti
riguarda?
2 maggio 1933
*
Ho posato la maschera e mi sono visto allo specchio…
Ero un bambino di tanti anni fa…
Non ero cambiato per niente…
E’ questo il vantaggio di sapersi togliere la maschera.
Si è sempre il bambino,
il passato che resta,
il bambino.
Ho posato la maschera, e me la sono rimessa.
Così è meglio.
Così sono la maschera
E ritorno alla normalità come a un capolinea.
11 agosto 1934
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