libri
António Lobo Antunes e João De Melo
Due scrittori portoghesi contro il colonialismo
a cura di Gianni Ferrara
" La letteratura, come tutta l’arte, è la dimostrazione che la vita non basta " disse il grande poeta portoghese Pessoa. Come potergli dare torto? La vita, il mondo e la realtà sono imperfette e manca loro sempre qualcosa, un qualcosa che abita ignoto nella zona buia della possibilità. L’arte da sempre ha il nobile compito di perfezionare il mondo, colorare il cielo di un azzurro più terso di quanto la realtà non ci regali o eternizzare quelle emozioni che fuggevoli sono destinate a scomparire nella prosaicità della vita quotidiana. Ma accade a volte che l’arte davanti agli orrori della storia deve svestirsi parzialmente degli abiti della bellezza per indossare quelli della verità.
Non è un caso pertanto se due scrittori portoghesi hanno parlato in un loro romanzo della guerra in Angola perché l’arte dello scrivere è sopra tutto l’arte della memoria.
In culo al mondo di António Lobo Antunes (edizioni Enaudi pag 197 euro 12)
In un bar di Lisbona un uomo invita una donna appena conosciuta a parlare con lui, episodio banale che dovrebbe dar vita ad una storia come tante, ad una storia già raccontata. Ma l’uomo è un reduce di quella sporca guerra in quel culo del mondo che è l’Angola e le comuni quattro chiacchiere si trasformano in un monologo – confessione.
"Ascolti. Mi guardi e ascolti, ho tanto bisogno che lei mi ascolti, che mi ascolti con la stessa ansiosa attenzione con la quale noi ascoltavamo gli appelli della radio della colonna sotto il fuoco."
L’uomo deve parlare perché deve assolutamente dimenticare le scene raccapriccianti alle quali ha assistito, come l’infermiere che guarda stupefatto i propri intestini finirgli tra le mani, ho il mitragliere che continua a sparare nonostante la profonda ferita alla gola, o come tutti quei bambini martoriati dalle mosche. Ma vuole anche essere ascoltato perché non vuole esser sfiorato dal pensiero che un milione e cinquecentomila uomini passati dall’Africa finiscano nel dimenticatoio. La donna inalterabilmente immobile lo ascolta come essa rappresentasse la personificazione della solitudine, quella gelida ed incolmabile solitudine che accompagna chi ha vissuto la terribile esperienza della guerra.
Autopsia di un mare di rovine di João De Melo (edizioni Cavallo di Ferro 304pp 14.00 euro)
Leggendo questo romanzo la prima caratteristica che si evince è la totale assenza di un unico io narrante. Le vicende ci vengono raccontate ora dagli occhi dilatati dal panico del soldato portoghese che spara raffiche di mitra nel buio della notte nel vano tentativo di uccidere la paura che gli morde l’anima, ora da quelli ormai privi di lacrime della donna angolana che impotente osserva il capo della polizia frustare il marito.
"Non sapete come sono i morti? Dormono a bocca aperta, con le palpebre molto tese e livide di morte, tutti i muscoli bloccati nel mezzo del l’ultimo tormento conosciuto. Da Autopsia di un mare di rovine"
L’autore con questa continua duplice visione dei fatti e come se volesse dimostrare che nella guerra esistono solo vittime ed il suo compito di scrittore è quello di fare un imparziale cronaca emotiva degli avvenimenti perché l’unica vera nemica è la cieca violenza dettata dalla stupidità della guerra. Con questo romanzo di De Melo, il primo pubblicato in Italia, ci viene regalata la possibilità di conoscere un prosatore di grande talento capace di trasformare le sensazioni più contrastanti in un linguaggio asciutto ma di forte impatto.
(Quest’anno il Portogallo sarà ospite d’onore insieme al Brasile alla fiera internazionale del libro di Torino).
![]() |
HELIOS Magazine |