Controllori e controllati
L’Italia è un paese liberale?
Ci sono due termini che in una democrazia sono antitetici: trasparenza ed emergenza.
Antitetici perché quando la trasparenza è la regola l’emergenza non può che segnalare delle crepe del sistema democratico, è insomma il sintomo di un malessere.
La trasparenza quindi è l’ambito della normalità democratica e quindi dell’azione politica, dei rapporti collettivi, da non confondere mai con il controllo dell’individuo, della libertà e della privacy, fondamenti sacri della libertà democratica. Il sistema di controllo deve semmai essere la regola per la politica. O meglio dovrebbe essere… perché nei fatti oggi non è così.
La politica non può controllare se stessa, così come non può farlo la Pubblica Amministrazione, invece oggi non c’è nessuno, nonostante le prediche televisive, né negli uffici centrali e periferici del Governo né negli Enti Locali, nell’economia che dia attuazione a questo principio che pure nel nostro ordinamento esiste, almeno sulla carta.
Anzi da almeno dieci anni accade proprio il contrario, gestione e controllo sono sempre più accentrati se non nella forma nella sostanza.
La figura del "Commissario" spesso definito retoricamente "straordinario" (è ovvio che sia straordinario visto che sostituisce la normale amministrazione!) lungi dal sanare le questioni di fondo del normale funzionamento degli organismi democraticamente eletti o dal risolvere questioni importanti (acqua, rifiuti, ecc.) che rientrano nelle competenze dell’amministrazione democraticamente eletta, si sostituisce ad essi per periodi così lunghi da configurare un vero e proprio sistema autoritario. Questo dovrebbe scandalizzare invece, a causa di una delegittimazione della politica, è spesso accettato e visto come un fatto positivo. Nell’incapacità della politica di dare risposte ai problemi della gente questa invoca il Demiurgo, lo Stato-Padrone, tutto quello che è normalmente il contrario della gestione democratica, trasparente e partecipata della cosa pubblica!
Alla lunga ci si accorge che i problemi non si risolvono né in termini di qualità dei servizi né in termini di legalità, creando inoltre un vuoto che viene spesso riempito dalla magistratura a cui spetta l’ingrato compito di rincorrere, in una giostra folle, controllori e controllati, tra cui sé stessa!
Allora si impone la domanda di quale sia la funzione della politica e di quale sia quello della Pubblica Amministrazione.
La politica, cioè gli organismi democraticamente eletti, dovrebbero tornare ad avere un vero ruolo decisionale nell’intervento della spesa pubblica, mediando anche consensualmente interessi particolari di gruppi (leciti ovviamente!), categorie, componenti della società civile, insomma muovendosi liberamente ed alla luce del sole in quella che è la più nobile della attività sociali: la Politica.
Alla Pubblica Amministrazione bisognerebbe lasciare il compito di attuare queste scelte rispondendone con concretezza e responsabilità dei risultati. Organismi terzi, che non possono rispondere né alla Politica né alla Pubblica Amministrazione, dovrebbero avere il compito di controllare i processi di attuazione secondo principi di efficienza, efficacia e trasparenza.
E qui sta forse il punto cruciale della questione. La trasparenza, che deve essere il principio fondante dei tre livelli (politico, amministrativo e di controllo) non può essere un atto uniforme e formale uguale ad ogni livello ma deve rispondere a seconda della natura del livello. La Politica deve rispondere al livello democratico da cui discende, cioè deve rispondere al cittadino elettore, l’Amministrazione deve rispondere al principio formale della legge, che tutela il cittadino utente e soggetto di diritti, mentre quello del controllo deve rispondere al principio della terzietà, in un conflitto sano di interessi tra Politica e Amministrazione. Cioè il controllo deve essere trasparente nelle procedure, nella composizione degli organismi preposti e nel possibilità di verifica dei risultati proposti alla fine del processo di controllo.
Fondamentale è infine la temporaneità degli organi di controllo, i cui componenti non dovrebbero poter essere riconfermati per un periodo troppo lungo. La base di questo sistema esiste già nel nostro ordinamento giuridico e se non riesce a trovare attuazione è forse perché c’è un deficit culturale proprio nella classe dirigente, non solo politica, ma anche nelle organizzazioni di categoria, nella pubblica amministrazione, nell’impresa.
Insomma tutti in Italia si dichiarano liberali ma se non sono principi liberali questi ci chiediamo quale sia oggi il significato di questo termine?
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