Società
Finirà la crisi? Il capitalismo "liquido"
"Obama apre gli occhi agli americani e tenta la rivoluzione energetica,
in Italia si nasconde la testa sotto la sabbia e si invita ad essere ottimisti"
Quando una quindicina di anni fa uno dei Templi del pensiero liberale e capitalista, l’università americana di Yale, invita per la prima volta, per una lectio magistralis, il filosofo e sociologo tedesco Jürgen
Habermas, tra i massimi esponenti viventi della seconda generazione della Scuola di Francoforte, scuola di filosofia e sociologia neo-marxista, non ci furono né proteste né scandali. Il pragmatismo americano sul piano economico e culturale è sempre stato almeno pari alla volontà di supremazia politica e militare. L’analisi marxista funziona, perché rinunciarvi?Le teorie sull’agire comunicativo di Habermas, che da sinistra (con colpevole miopia!) furono criticate perché ritenute troppo "romantiche", sono per il mercato e per la politica la vera scala graduata per misurare il livello di democrazia di una società. Secondo queste teorie l’opinione pubblica è uno dei fondamenti del consenso nelle moderne democrazie. Ci sono però due alternative per ottenere il consenso: quella tecnocratica al servizio del potere politico, fondata sull’impatto emotivo, o quella habermasiana dell’azione discorsiva che porta, tramite la partecipazione attiva della gente, ad un consenso razionale e consapevole. Con Habermas (ma anche con Alfred Schmidt, Eric Fromm ed altri), la critica neo-marxista è andata avanti dimostrando che, con le ovvie variazioni di tempi e geografie politiche, l’espansione del mercato, ha sempre come conseguenza una ristrutturazione del sistema di produzione e lascia sul terreno morti e disoccupati con cui misurarsi. Dalla teoria alla pratica constatiamo queste dinamiche nell’era di Regan e poi dei Bush che ha avuto come obiettivo l’espansione dei mercati in aree rimaste fuori dal sistema fino alla caduta del Muro di Berlino e che, prima con i bagliori televisivi poi con vere e proprie azioni militari di conquista, sono stati (fase ancora in corso) acquisiti al sistema capitalistico ed alle sue regole del profitto. La svolta di Obama. Energia verde e dialogo multilaterale per i prossimi venti anni e intanto: Crescita Zero o Decrescita (teoria sostenuta da Serge Latouche e rafforzata dalle analisi di Jacques Attali).
Queste "ricostruzioni sociali" che operano nella storia dell’evoluzione sociale, con la consapevolezza di tutti i gruppi dirigenti delle più grandi democrazie del mondo, hanno avviato la cosiddetta globalizzazione. La prima fase caratterizzata dalla delocalizzazione di attività produttive in paesi come il Brasile, l’India e l’ex Unione Sovietica dove esistevano già le condizioni infrastrutturali e di cultura tecnologica per produrre subito ed a prezzi bassissimi è stata subito seguita dalla corsa all’accaparramento delle ultime riserve petrolifere (energia immediatamente utilizzabile) con azioni di guerra e con la destabilizzazione della "via del petrolio" (dal Marocco all’Iraq alla Cecenia) con le reazioni e le tragedie conseguenti e la ripresa, da parte dei paesi che si sentono minacciati da questa avanzata (Italia e Iran comprese!) della corsa all’energia atomica. Finalmente dagli Stati Uniti arriva un segnale che potrebbe rassicurarci per qualche decennio: la fase militarista sta per concludersi. Inizia l’approccio discorsivo sia in politica che in economia. Habermas docet! Questo dovrebbe portare a cercare sui grandi temi dello sviluppo economico, dell’energia e della convivenza etnica un’intesa che abbia il consenso di una larga base sociale. Il tempo forse ora c’è. Perché la fase bellica ha ottenuto alcuni risultati fondamentali: la stagnazione dei mercati ha ridotto notevolmente la crescita economica di paesi come Cina ed India che non hanno più interesse a comprare petrolio ai prezzi attuali senza la possibilità di espandere il proprio mercato interno (prima della guerra in Iraq il barile era a 30 dollari dopo è arrivato a 145 dollari!).
Un limite quasi irreparabile è stato quello (ottenuto con la consapevole azione di Bush, Berlusconi, Blair e Asnar) di frenare, quasi distruggere, il processo di unificazione politica dell’Europa, che per adesso non rappresenta più un concorrente temibile né per la Russia "dell’amico Putin" né per gli USA. Il futuro sarà una ristrutturazione dei mercati mondiali partendo da un punto fermo: nessuno in Occidente si illude più di poter tornare ai livelli di benessere diffuso e crescente presente fino a venti anni fa. Comincia l’era della decrescita e costerà molto soprattutto a chi non è incluso nel meccanismo produttivo ed ai tanti tantissimi che si illudono che questa sia solo una crisi di passaggio. Innovazione e qualità della vita saranno gli obiettivi del nostro futuro ma ricordiamo che saranno processi lenti e non tornerà tanto presto il progresso lineare come lo abbiamo conosciuto fino alla metà degli anni settanta del ‘900.
(bibliografia: J. Habermas "Teoria dell'agire comunicativo" – S. Latouche "Breve trattato sulla decrescita serena" – J. Attali "Breve storia del futuro")
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