Editoriale
Inchieste e Censura: il Re è Nudo!
"Non è l’informazione sotto tiro ma il giornalismo d’inchiesta"
La gente si è assuefatta agli attacchi che il Governo lancia contro la magistratura e contro la stampa? Questo è uno degli effetti ricercati da chi tenta di spostare l’attenzione dal contenuto alla forma, dai fatti alle opinioni..
In questi ultimi mesi però il tiro si è pericolosamente alzato sia a livello nazionale che a livello locale.
Anche se non hanno avuto grande rilievo sui media nazionali i numerosi atti di intimidazione e minacce a giornalisti calabresi impegnati in diverse inchieste, ovviamente in particolare quelle con implicazioni politiche o mafiose, sono il segnale che si tenta di imbavagliare quanti possono mettere a nudo realtà scomode.
A livello nazionale la scandalosa decisione di sopprimere i talk show più popolari durante tutto il periodo della campagna elettorale per il rinnovo di "alcuni" Consigli regionali, provinciali e comunali può essere letta come il disperato tentativo di prendere tempo, di mettere a tacere quanti, con le loro inchieste molto seguite dal pubblico, oltre a dare le notizie ne spiegano le connessioni, le relazioni tra fatti e personaggi, tra eventi singoli e sistemi complessi.
Insomma seppure fosse possibile dare tutte le notizie durante i Telegiornali e se anche si facesse con logiche di informazione approfondita l’impatto sarebbe, come infatti è, molto limitato per la stessa natura del Telegiornale.
Durante i 30 minuti di un Tg si passa dalla politica, all’economia, dal terremoto ai mondiali di sci, con una sequenza scandita, veloce, in cui l’ultima notizia fa dimenticare quella precedente. Senza contare che in un Telegiornale più che le cose dette, a volte, sono proprio le cose taciute quelle che darebbero un senso compiuto alla notizia. Insomma l’informazione, anche quando è accurata e scrupolosa, ha uno scarso impatto sulla capacità di analisi e di riflessione della gente. Quelli che invece danno fastidio sono i cosiddetti servizi di approfondimento, cioè quelli che oltre a dare la notizia guidano un ragionamento di collegamento tra fatti, persone, date, luoghi, ecc. Da fastidio il giornalismo d’inchiesta, quello in cui conta l’abilità del giornalista di scavare, scoprire e mettere a nudo le vergogne del Potere.
In ogni democrazia liberale e veramente democratica è questo che deve fare il giornalismo: mettere in mutande il Potere. Ad applaudire ci sono già i servi, i clienti, i miracolati, i "nominati", un giornalista che si rispetti racconta ciò che non fa piacere ai potenti di turno, non da la notizia "neutra". Perchè la notizia non è mai "neutra", c’è sempre una scelta editoriale, direzionale, commerciale, politica, ideale, nobile, ingannatrice, disinformatrice, etc. Ma la notizia si dà perché qualcuno decide che deve darsi. Allora è preferibile sapere come la pensa chi da la notizia e come la commenta anzicchè farsi scudo di un’ipocrita imparzialità. Io so come la pensa quel giornalista e decido se vale la pena di approfondire o se lasciar perdere. Altra questione, forse ancora più seria di quella della libertà di espressione del singolo giornalista, è quella che lega la Televisione (anche i giornali ma in percentuale molto inferiore) all’approvvigionamento pubblicitario ed al controllo dell’editore. E’ qui lo scandalo italiano! Berlusconi controlla i due terzi della pubblicità e i quattro quinti delle televisioni, quindi quando fa un decreto che impedisce di mandare in onda servizi di approfondimento politico è già in sé un atto gravissimo di censura, ma la preoccupazione che ne viene è su quello che ne verrà in seguito. Ma cosa è che si teme? Quello che sta venendo fuori in questi ultimi mesi in Italia non è una "nuova Tangentopoli" è la vecchia Tangentopoli che era stata stoppata sul nascere e che si ripresenta con le sue metastasi calabresi, romane ed internazionali. E’ soprattutto il riaprirsi delle indagini sulla "madre di tutte le tangenti" dell’affare Enimont, sono i segreti che coinvolgono non il Vaticano in generale ma lo IOR, la Banca vaticana, con i suoi fondi segreti all’estero e la possibilità che quei fondi possano rivelarsi frutto di tangenti e riciclaggio e che forse, grazie anche allo "Scudo Fiscale", possano rientrare in Italia ripuliti ed impuniti. Con un altro protagonista più potente oggi rispetto a quindici anni fa: la ‘ndrangheta, soggetto criminale che entra pesantemente in questo processo di assassinio della democrazia.
Insomma l’indignazione non deve fermarsi ai giorni della campagna elettorale deve alzarsi alta e forte contro la possibilità che si mettano a tacere oltre che i magistrati anche i giornalisti per non fare vedere che il Re è Nudo!
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