Recensioni
"Terroni" di Pino Aprile (Edizioni Piemme pag. 305, euro 17,50)
Appena sento parlare dell’Unità d’Italia la mia mente, per un
bizzarro gioco dei ricordi e delle libere associazioni, mi riporta subito alla
mia infanzia, quando alunno delle scuole elementari ero alle prese con le mie
prime piccole ribellioni. Il mio maestro, o per essere più precisi il mio
"signor maestro", perché era così che pretendeva lo chiamassimo, era un uomo
anziano dai modi burberi e dalle idee molto chiare riguardo alla disciplina dei
suoi allievi. Noi, a differenza degli alunni delle altre classi, indossavamo un
orribile grembiule con il colletto rigido, stretto da un fiocco tricolore che
rendeva le mie ore trascorse a scuola ancora più soffocanti.
Tutte
le mattine lottavo con mia madre per non indossare quel maledetto grembiule,
perché quella divisa, oltre ad essere scomoda, mi faceva apparire ridicolo
rispetto a quei miei compagni di scuola che, fortuna loro, era liberi di
vestirsi come preferivano. Il mio caro "signor maestro" aveva anche un’altra
insopportabile fissazione: l’Inno di Mameli. Ci costringeva a cantarlo, mano
destra sul cuore, a squarciagola, per lui non erano importanti l’intonazione o
il tempo, l’unica cosa che voleva sentire nella nostra voce era il suono
dell’orgoglio. Sicuramente ora voi vi state chiedendo cosa c’entrano i ricordi
del recensore con la recensione di un libro. Potrei rispondervi poeticamente
dicendovi che la Storia con la S maiuscola è fatta anche di tante storie con la
s minuscola, ma forse non è la risposta giusta o più semplicemente non è l’unica
risposta. Una verità potrebbe essere che quando da bambino cantavo l’ Inno di
Mameli c’era un verso che non riuscivo a comprendere, che in un qualche modo
sentivo stridere con l’intero testo. Il verso in questione è: "Dov’è la
Vittoria?" . E sempre per amor del vero devo confessarvi che ancora oggi,
nonostante le belle interpretazioni sulla "chioma", quel punto interrogativo non
mi convince pienamente, rimane per me una nota stonata. Terroni di Pino Aprile,
invece, riempie un silenzio, il vergognoso silenzio dei libri di storia, con una
moltitudine di note, non stonate ma purtroppo amare, come solo possono essere le
verità taciute e nascoste da una sorta di "opportunismo" storico. Si dice che la
storia viene scritta dai vincitori ma io non avrei mai potuto immaginare che gli
uomini del Sud fossero i vinti dell’Unità d’Italia, così come non sapevo che il
Regno delle Due Sicilie era ricco e figurava al
terzo
posto in Europa per l’industria prima di essere saccheggiato e distrutto dai
"fratelli" del Nord. Ed ora mi chiedo perché il mio "signor maestro"invece di
farmi imparare a memoria l’Inno di Mameli non mi ha detto che l’eroe Garibaldi,
otto anni dopo la sua impresa, scriveva che <<…gli oltraggi subiti dalle
popolazioni meridionali sono incommensurabili. Sono convinto di non aver fatto
male, nonostante ciò non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di
essere preso a sassate…>> . E dovrei anche chiedermi perché tutti i professori
che ho conosciuto durante il mio percorso scolastico non mi hanno raccontato
delle fucilazioni, degli stupri e delle deportazioni subite dalla gente del Sud
in nome dell’unificazione. A loro difesa si può solo accusarli di una colpa
minore: non sapevano. Io sono riconoscente a Pino Aprile perché grazie al suo
libro nessuno ora può più usufruire di una tale "giustificazione". Certo sono
stati scritti altri saggi che parlano dello stesso argomento trattato da Terroni
ma nessuno è riuscito come questo ad essere così coinvolgente e completo.
Terroni non vuole essere né un atto di accusa nè tanto meno il lamento di un
"meridionalismo piagnone", ma una corretta ricostruzione degli episodi storici
che ci sprona a risvegliaci da una lunga amnesia per recuperare completamente il
dono della memoria, dono senza il quale non possiamo essere certi di conoscere
la nostra vera identità. Pino Aprile nel suo libro però non si limita a
raccontarci i soprusi subiti dai meridionali durante l’unificazione ma analizza
ed elenca cronologicamente tutti i successivi "saccheggi" a danno del Sud, come
la fondazione della Banca d’Italia, la distribuzione dei soldi del piano
Marshall, gli investimenti delle Ferrovie dello Stato e tante altre "dispari
opportunità", per poi tirare le dovute conclusioni ed una di queste è: "che lo
stato spenda in termini pro capite più al Sud che al Nord è un favola" . Non si
può concludere l’indagine storico-sociologica dell’unificazione senza analizzare
anche lo scenario politico italiano attuale, scenario dove è sempre più presente
un partito come la Lega Nord, il quale in modo patetico ostenta simboli come il
Sole delle Alpi per rivendicare radici culturali diverse dal resto dell’Italia e
di conseguenza anche un diverso futuro, e tutto questo dimostra quanto oggi sia
poco unita la nostra bella nazione. Certo se dopo 150 anni il sud non è ancora
diventato solamente una definizione geografica ma per alcuni rimane una identità
etno-antropologica sulla quale riversare la propria carica di pregiudizi, e nel
Parlamento Italiano c’è un ministro che accusa alcune città meridionali di
essere il "cancro dell’Italia", raccogliendo così gli applausi di quei deputati
e senatori in cravatta verde che anelano la nascita di una fantomatica Padania,
allora è proprio il caso di chiedersi Dov’è la Vittoria?
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