Società

Il sentiero del non credente

 

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di Gianni Ferrara


Oggi ognuno di noi può tranquillamente parlare in un talk show dei propri gusti sessuali, anche se questi non sono comunemente riconosciuti come "canonici", senza destare inevitabilmente l’ira bigotta dei miti benpensanti. Sempre dagli schermi televisivi ci è anche consentito di affermare con autorevole sicurezza di credere negli extraterrestri, negli elfi e nelle fate e tutto ciò non reca assolutamente alcun turbamento ai telespettatori, anzi li incuriosisce a tal punto da intrattenerli davanti al televisore fino a notte inoltrata. Siamo diventati così moderni da accettare, pur se con qualche sforzo, che chiunque possa credere in una "cosa" qualsiasi, anche la più stravagante, a patto però che creda. Il problema per alcuni, infatti, sembra sorgere quando l’ospite televisivo di turno si dichiara "non credente"; il negare l’esistenza di Dio e di conseguenza cancellare il principio fondante di tutte le religioni continua ad essere una posizione difficile da accettare per i "credenti" e spesso li induce ad innescare una serie di indignati meccanismi di difesa. Quando mi professo ateo leggo negli occhi dei miei interlocutori "credenti" incredulità, a volte mista ad una sorta di dispiacere, come se l’alfa privativo del termine ateo indicasse una invalidante mutilazione. Poi ci sono quelli, per fortuna pochissimi, che ritenendo che i "valori" e la loro affermazione siano dei doni della religione e non delle conquiste dell’uomo, pensano che i non credenti non possiedano alcuna remora morale. Che l’appartenenza a questa o quella religione sia nella stragrande maggioranza dei casi il frutto di un condizionamento culturale "inoculato" fin dalla nascita è un dato inconfutabile, ma l’aspetto curioso di questo indottrinamento è che i genitori si sentono in dovere di educare i propri figli a credere in Dio e a dichiararsi religiosi senza però indurli a conoscere i principi e l’origine della religione di cui sostengono di essere dei "seguaci". Io mi domando quanti tra i tantissimi che dicono di essere Cristiani hanno letto la bibbia, riflettuto su quanto ha detto Cristo e studiato la storia del cristianesimo? Quello che comunque vorrei riuscire a esprimere in questo breve articolo, senza farlo diventare un semplicistico proclama contro le religioni, è che si può arrivare a non credere battendo sentieri non meno affascinanti e misteriosi di quelli che conducono all’affermazione della fede in Dio. Io sono arrivato ad abbracciare l’ateismo dopo un lungo cammino di conoscenza caratterizzato non solo da uno studio approfondito delle religioni ma anche da numerosi "conflitti" interiori che mi hanno portato in quel lontano confine in cui le forze della ragione e quelle dell’aspirazione convergono in un’intima comunanza. Il biologo evolutivo Richard Dawkins nel suo brillante saggio "L’illusione di Dio" affronta con geniale arguzia e ironia le tesi che sostengono l’esistenza di un Essere Superiore creatore dell’universo dimostrando quanto questa ipotesi sia davvero poco "probabile", offrendo così a chi la pensa come me una serie intelligente di "ragionate" ragioni per non credere, senza però doversi sentire necessariamente dei freddi materialisti. Richard Dawkins nella prefazione, citando la frase "and no religion too" dello splendido brano "Imagine" di John Lennon invita il lettore a compiere uno sforzo di fantasia e immaginare come potrebbe essere il nostro vecchio mondo senza le religioni. Raccolto il suo invito a me è bastato socchiudere appena gli occhi per visualizzare un mondo dove il progresso della scienza medica è talmente avanzato da soddisfare quasi tutte le richieste di salute del genere umano. Sicuramente pecco di eccessiva fantasia ma non posso fare a meno di riconoscere che le religioni hanno sempre rappresentato, e purtroppo continuano a rappresentare, un ostacolo alla crescita della scienza in tutte le sue forme. Questa considerazione dovrebbe imporre a tutti noi una domanda: a quali risultati sarebbe oggi giunta la scienza se non avesse subito per secoli la pressione oscurantista delle religioni? Ma la domanda alla quale mi sono prefissato di dare la mia personale e modesta risposta è un’altra: a cosa può credere chi non crede in Dio? Senza però perdermi nella descrizione di una delle tante visioni cosmogoniche rette da principi panteisti come quello dell’Armonia cercherò di rispondere brevemente, partendo da Ludwing Feurbach che in "L’essenza del cristianesimo" scrive: "L’essere divino non è altro che l’essere dell’uomo liberato dai limiti dell’individuo" ed aggiunge: "Tutte le qualificazioni dell’essere divino, sono perciò qualificazioni dell’essere umano." Se alla prima frase operiamo una piccola ma significativa sottrazione eliminando il termine "essere" vediamo che l’accento si sposta su tre concetti chiave; divino, uomo e limiti dell’individuo. Il sentiero del non credente per me è in sintesi il cammino verso quel magico bosco dove "divino" e uomo si possono incontrare solo dopo aver faticosamente cercato di abbandonare, passo dopo passo, i limiti dell’individuo. Il riconoscersi uomo e al contempo umanità, sapere di essere un piccolo ingranaggio imperfetto di un immenso meccanismo che tende alla perfezione, non è già un miracolo sufficientemente "smisurato" da impegnare ogni nostro unico ed irripetibile momento? Anche la semplice meraviglia di esistere può diventare una "fede" e forse solo quando smetteremo di cercare un Essere più in alto di noi potremo davvero scoprire quanto realmente siamo alti.

 

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