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Società

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L'Europa dopo Bush, Berlusconi, Asnar, Blair e compari
 

Di Pino Rotta

 

 

"quando l’Italia entrò nella guerra dell’Iraq, per fare un favore a Bush, mentre Germania e Francia dissero di no"

Oggi siamo tutti concentrati a polemizzare con la politica di tagli di Mario Monti come se per dieci anni le spese militari inutili e dissennate ed i mancati investimenti per il rilancio dell’economia interna e il consolidamento della appena nata "politica euro-mediterranea" non avessero dei responsabili in personaggi come l’italiano Berlusconi, lo spagnolo Asnar, l’inglese Blair e un’altra dozzina della cosiddetta coalizione dei "volenterosi".
Memoria corta degli italiani ed effetto domino dei danni causati dalla filosofia-politica di Bush.
Se l’Europa ed il Nord Africa si fosse (cosa che stavano facendo nel 2000!) legati da un accordo politico economico gli Stati Uniti d’America avrebbero perso la loro supremazia mondiale.
E allora via con la guerra. La prima conseguenza è stata l’aumento immediato del barile di petrolio da 30 dollari a 140 dollari nel giro di un anno (attestandosi attorno ai 100 dollari negli anni successivi al 2003). La seconda conseguenza è stato l’esplosione dell’integralismo islamico che, anziché fermare il fanatismo l’ha alimentato ed oggi è entrato nella maggior parte dei governi "democraticamente" eletti dei paesi arabi e del nord Africa.
Le conseguenze sul piano economico, soprattutto per i paesi europei con sbocco sul Mediterraneo sono state esattamente quelle che erano state previste e denunciate dieci anni fa, anche dalle pagine della nostra rivista: implosione dello sviluppo economico e insostenibilità delle spese per lo Stato Sociale (si consideri che gli Stati Uniti hanno un rapporto di debito/PIL di circa il 30% superiore al nostro ma non chiedono certo i cordoni della borsa a colossi come FIAT che invece dall’Italia ormai vanno scomparendo).
Davanti a questo scenario è più che giusto protestare contro i licenziamenti, contro i tagli alla spesa sociale, contro l’aumento delle tasse, il problema è che ormai è tardi: denaro non ce n’è più! Ha preso la "Via della Seta" verso Oriente e l’evasione fiscale e gli introiti della criminalità organizzata si sono spostati verso mercati più floridi. Possiamo protestare ma quei soldi indietro non tornano.
La prospettiva oggi è di nuovo di lungo periodo e va tutta ricostruita sulle macerie lasciate dai nani della politica nostrana e americana. Intanto abituiamoci a ridurre le nostre aspettative di benessere per i prossimi venti anni e cerchiamo di rimediare ai danni. Già, ma come?
Già nel 2003 Jurgen Habermas (e non solo lui per dire la verità) sosteneva le tesi sopradescritte e prospettava l’ipotesi di impegno europeo per una politica di multilateralismo che rendesse effettiva l’unità politica dell’Europa attraverso la scelta democratica della "Repubblica": "al diritto internazionale che regola i rapporti fra Stati, deve succedere la costituzione di una comunità di Stati. Soltanto allora gli Stati e i loro cittadini entrano in un reciproco <rapporto legittimo>" (2004, J. Habermas, L’Occidente diviso, pubblicato in Italia da Ed. Laterza, nel 2007) . Si richiamava al concetto di cosmopolitismo kantiano, Habermas. Questa Costituzione delle repubbliche a livello mondiale (è sottinteso che si parte da aree geopolitiche già avviate in tal senso come appunto l’Unione Europea, l’Unione Africana e i paesi del Sud America che ormai si sono avviati (seguendo l’ispirazione di S. Allende) verso una vera confederazione latinoamericana) servirebbe prima di tutto a rendere "Impossibile la guerra come mezzo legittimo per risolvere i conflitti, anzi in quanto guerra, perché nel quadro di una comunità inclusiva del mondo intero non possono esistere conflitti <interni>" (op. cit.).
Ritengo, come scritto già in opere precedenti, che questa visione cosmopolita (che è cosa molto diversa dalla Globalizzazione che abbiamo subito!) sia l’unica speranza non solo per fermare le guerre, ma anche per rilanciare un’economia ecosostenibile e, soprattutto, ridare un sogno alle generazioni future.
Altro che secessione della Padania, delle Fiandre o del Regno delle Due Sicilie. Altro che un ritorno alla famigerata visione del nazionalismo di matrice razzista e nazista che, come conseguenza di questi ultimi dieci anni di nanismo politico, vediamo pericolosamente risorgere ed esplodere in tutt’Europa.
Sarà dura e lunga questa strada per risollevarsi ma non è certo guardando il Dito (Monti) anziché la Luna (Giustizia e Libertà) che ci avvieremo su questa strada.

 

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SOMMARIO

Società

L'Europa dopo Bush, Berlusconi, Asnar, Blair e compari

Di PINO ROTTA
 

"quando l’Italia entrò nella guerra dell’Iraq, per fare un favore a Bush, mentre Germania e Francia dissero di no"

Oggi siamo tutti concentrati a polemizzare con la politica di tagli di Mario Monti come se per dieci anni le spese militari inutili e dissennate ed i mancati investimenti per il rilancio dell’economia interna e il consolidamento della appena nata "politica euro-mediterranea" non avessero dei responsabili in personaggi come l’italiano Berlusconi, lo spagnolo Asnar, l’inglese Blair e un’altra dozzina della cosiddetta coalizione dei "volenterosi".


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Società

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Di
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Società

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Società

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Siamo abituati allo stile sobrio ma sempre coinvolgente di Corrado Augias. Nelle precedenti recensioni (Inchiesta su Gesù e Inchiesta sul cristianesimo) abbiamo messo in evidenza la sua grande capacità di rendere accessibile al grande pubblico argomenti che, in genere, sono ostici per la complessità delle questioni poste e i molteplici rimandi bibliografici cui bisogna riferirsi. Corrado Augias (intellettuale che può vantare le più alte onorificenze concesse sia dall'Italia che dalla Francia) riesce a padroneggiare le sue enormi doti di conoscenza con la qualità di esperto divulgatore.


Letteratura

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Intervista

Elisa Cutullè con Paola Cairo

Stefano Benni e la musica


Partiamo con il tuo rapporto con i cantautori: c'è qualcosa di tuo che avrebbe dovuto musicare Fabrizio de André.
Purtroppo non è stato musicato perché Fabrizio, che era un pigro, ha pensato bene di morire per non essere obbligato a scrivere quello che avrebbe dovuto scrivere per me. L'ha fatto apposta. Eravamo molto amici, per molti anni abbiamo pensato di fare qualcosa insieme. Io non volevo disturbarlo sapendo che la sua pigrizia era leggendaria. Ci siamo scritti molte lettere per decidere cosa fare insieme. Nel momento in cui ci siamo decisi era tardi perché Fabrizio era già ammalato. Aver conosciuto Fabrizio è stata una cosa straordinaria, al di là del fatto che non siamo riusciti a lavorare insieme.


RECENSIONE

La corsa dell’ultima estate

di Saverio Pazzano

a cura di Daniela Pericone

 

 

 

È una felice occasione di lettura il nuovo libro dal titolo La corsa dell’ultima estate del giovane scrittore reggino Saverio Pazzano. Già autore di racconti inclusi in opere collettive, Pazzano si è fatto conoscere e apprezzare sin dal suo esordio con la raccolta di racconti Lo stretto di paglia, distinguendosi nel profluvio amorfo e banale di tanta narrativa corrente per una scrittura dallo stile misurato ed elegante, l’uso di un linguaggio lineare e composito al contempo e una profusione di immagini così orientate a catturare bellezza da consentire di parlare di prosa poetica.

 

 


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