A Londra il marito di un Ministro inglese affitta
un film in hotel che viene addebitato sulla nota spese della moglie. Denuncia,
spiegazione e il Ministro si dimette chiedendo scusa agli inglesi!
Sarebbe arduo e altamente probabilistico definire
ciò che è normale e ciò che non lo è.
Molto meglio parlare di standard e nel caso di
sistemi sociali forse sarebbe meglio aggiungere l'aggettivo dinamici. Cioè ogni
sistema sociale ha il suo standard di civiltà, di regole sociali che mutano a
secondo dei regole, formali o informali, che sono applicate ed accettate dalla
maggioranza dei soggetti che la compongono.
Mentre per le cosiddette ''mode'' i cambiamenti
riguardano comportamenti superficiali ed effimeri, in genere di breve durata, le
norme culturali si radicano lentamente e vanno in profondità nella coscienza
sociale e le loro trasformazioni hanno tempi molto lunghi, spesso così lunghi
che parti, anche importanti, di queste regole di comportamento diventano
elementi strutturali del sistema sociale e culturale.
Questo processo è avvenuto in Italia negli ultimi
venti anni. Cioè negli ultimi venti anni l'Italia ha radicato nella sua cultura
sociale un'accondiscendenza alla corruzione ed al profitto personale ed
all'asocialità, a scapito della collettività, tale da trasformare profondamente
non solo le norme informali ma anche il diritto formale, cioè le leggi dello
Stato.
Un processo che ha colpito anche molti altri paesi
europei, ma a differenza dell'Italia, nella maggior parte dei paesi europei
questi comportamenti non solo sono rimasti minoritari nella società, ma sono
stati e sono ancora sanzionati dall'opinione pubblica o dalla rete dei gruppi
sociali. Alla fine il risultato è che il Belpaese è diventato un "un brutto
posto" in cui vivere. Un posto in cui l'egoismo ha fatto chiudere la mente della
maggioranza delle persone, la crisi economica ha incattivito e paralizzato
l'accettazione dell'innovazione culturale ed ha fatto arroccare la gente in una
disastrosa quanto illusoria idealizzazione del passato, o nella fragorosa
richiesta di distruzione delle istituzioni in una sorta di salto nel buio
collettivo.
In Italia oggi assistiamo ad una forma di denuncia
collettiva, una condanna crescente dei comportamenti dei rappresentanti politici
e istituzionali. Nel lungo periodo queste reazioni possono comportare delle
modifiche degli assetti istituzionali, cioè delle norme formali, ma non è per
niente scontato che possano cambiare la cultura e la coscienza sociale poichè
questi moti di condanna collettiva sono rivolti al ceto politico ed
istituzionale senza alcuna autocritica e adeguamento collettivo a comportamenti
differenti da quelli che vengono rimproverati al ceto politico, fino a
pochissimo tempo fa osannato dalla maggioranza.
Vi è (non solo nel cosiddetto fenomeno grillino)
una sorta di autoassoluzione per i venti anni di accettazione dello
stravolgimento dell'etica pubblica e tutto questo avviene nel momento (e a
causa) di una crisi economica profonda che ha tolto al ceto politico la
possibilità di elargire favori e prebende, ricevendo un tacito assenso al libero
arbitrio sulla gestione del denaro pubblico e delle scelte politiche.
Il risultato di questo processo è un clima di
protesta indiscriminata contro ''gli altri'' tutti gli altri e una sorta di
oblio sulle personali responsabilità. Sul piano politico tutto ciò si trasforma
in populismo qualunquista e autoreferenziale, sul piano sociale si assiste ad
una radicalizzazione delle divisioni all'interno del ceto medio e dei ceti
popolari (i più colpiti dalla crisi economica) ed in fin dei conti ad un
rafforzamento del sistema di potere che, pur di salvaguardare sè stesso, si
stringe attorno a forme di arroccamento che tendono ad riunire interessi che
altrimenti ed in tempi diversi sarebbero inconciliabili.
Il sogno di chi non accetta le proprie
responsabilità è una bella rivoluzione (con tanto di ghigliottinamento di
massa!) ma è un sogno che è destinato a fare i conti con la spietata regola
della cultura che impone tempi lunghi per le trasformazioni e soprattutto... non
da garanzie sull'esito del cambiamento.