La
Grande Crisi della Globalizzazione
di Pino rotta
Quest'anno 2014 non sarà certo ricordato, in Italia e più in
generale in Europa, come un buon anno. Ma è nulla se si guarda a quello che
succede in Nord Africa, Medio Oriente e nei paesi dell'Africa occidentale
colpiti dall'espansione del virus ebola. Per cordoglio taccio sulle vittime che
stanno in fondo al Mediterraneo.
Mentre mi accingevo a scrivere questo editoriale un amico mi
ha regalato un saggio di Vincenzo Li Donni Governare la Globalizzazione, il
saggio è quasi contemporaneo a quello da me pubblicato con il titolo E' un mondo
complesso (2001) e, ovviamente, molti concetti sono condivisi, ma nel leggere
questo libro di Li Donni mi colpisce una coincidenza con la mia analisi fatta in
contemporanea. Li Donni, per introdurre l'analisi sulla globalizzazione, usa il
concetto
di "solco evolutivo del capitalismo".
Mi fa particolarmente piacere questa scoperta, che confesso
non mi aspettavo poichè il concetto non è molto usato nella letteratura
sociopolitica. Il concetto di globalizzazione quale evoluzione del capitalismo è
il tema fisso dei miei studi degli ultimi quindi anni. Differenza sostanziale,
ma non avulsa, il taglio prettamente economico del saggio di Li Donni rispetto
ai miei lavori di sociologia.
Questo concetto di globalizzazione come evoluzione del
capitalismo ci riporta al pessimo anno 2014.
La Globalizzazione, quella conosciuta in senso stretto ai
giorni nostri, tecnicamente inizia con la caduta del Muro di Berlino e
l'apertura delle frontiere, soprattutto per merci, aziende e denaro. Bisogna
dare una dimensione "globale" anche agli avvenimenti che si susseguono dal 1989
in avanti. Ho provato a dare una lettura di questi avvenimenti nel saggio POTERE
Governare con la paura (2012) che si può riassumere con due tratti comuni a
quanto è avvenuto nel mondo in questi anni, due termini terribili: guerra e
impoverimento.
Per farcela accettare, la guerra, nell'era delle
comunicazioni multimediali, è stata solo raccontata dai media e dai politici
occidentali (pochissime foto e quasi nessuna immagine televisiva!) come "guerra
umanitaria". Quale termine più ipocrita può esserci per la distruzione di esseri
umani? Nemmeno la giustificazione del terrorismo può far accettare questa
ipocrisia. Era necessaria la guerra in Iraq contro il dittatore Saddam Hussein
mentre in Siria e nel territorio occupato dai Curdi in Turchia le stragi di
innocenti potevano aspettare?
Come abbiamo già scritto in altre occasioni la guerra è stata
programmata per destabilizzare l'area che dall'Atlantico arriva al Caucaso con
l'obiettivo di fermare il processo di unificazione europea e l'espansione
cinese.
Più complesso, ma non meno devastante, è il termine
"impoverimento". Già impoverimento di chi e di cosa?
La Globalizzazione cancella rapidamente il freno alla
delocalizzazione delle aziende, soprattutto europee, che prima si spostano nel
paesi dell'ex URSS e poi in India e poi nell'ultimo vero impero comunista
rimasto, la Cina. Il Capitalismo dimentica la propaganda anticomunista e scopre
la "bontà" del mercato orientale e lo fa con i più fanatici ed agguerriti
anticomunisti Regan e Bush. La corsa europea all'Est postcomunista è guidata
invece dalla Germania che porta molti soldi e crea molti debiti da parte di
questi paesi nei suoi confronti.
La guerra porta lavoro e sviluppo negli Stati Uniti (fino al
ritiro dall'Iraq, poi arriva la crisi) mentre nel nucleo "storico" dell'Europa
rimangono capannoni vuoti e disoccupazione, con il risultato che o si aumentano
le tasse o si rinuncia al benessere dello stato sociale che avevamo conosciuto
prima della Globalizzazione. La propaganda da la colpa all'Euro, all'Europa,
alla Germania della