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società

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 SOCIETà

Il mito della qualità della vita

“la bellezza è amica della misura”

DI LUISA NUCERA

 

 

 

I dati di studio confermano che gli Italiani sono metereopatici e che la maggior parte dei disturbi derivi da condizioni atmosferiche instabili. Laddove prevalgono climi rigidi caratterizzati da poca luce solare e fitte piogge, si ha maggiore possibilità di incorrere in fastidi neurovegetativi che sconfinano in vere e proprie patologie depressive. E la depressione è un fantasma dalle molte facce, spesso camuffato da un’apparente desiderio di giustizia e senso di precisione quasi maniacale; a volte veste i panni di una stravaganza artistico-intellettuale poco incline all’adattamento e alle regole convenzionali. Addirittura, al Polo Nord, dove, per sei mesi all’anno la gente vive quasi sempre al buio, si registra un elevato numero di suicidi. Statistiche, dati, parametri… riempiono le pagine di quotidiani, settimanali e mensili che si leggono con la speranza di ritrovarsi, a seconda delle latitudini, posizionati nelle classifiche più elevate, dove la qualità di vita sembra migliore. Questo però è un dato derivante da condizioni scientifico-naturali che non bastano, da sole, a determinare  la qualità della vita. Oggi il concetto è strettamente correlato ai termini "vivibile" e "vivibilità", riferiti all'ambiente economico-sociale più o meno desiderabile di una città, di una metropoli o di un Paese. Questi termini sono ormai entrati a far parte del linguaggio comune. Ma il dubbio è inevitabile dato che la nostra epoca misura l’efficienza attraverso il web e colloca i rapporti sociali nell’ambito di una virtualità operativa attraverso i social network. Vive bene chi è inserito nel sistema on-line? Chi non lo è? O chi invece non ne è schiavo?  Ma il dibattito sulla qualità della vita è antico ed interessante come tutti gli eventi del passato che conservano sempre un sapore di storia intessuta di battaglie e sacrifici ma ricca anche di soddisfazioni ed emozioni. Aristotele, nel suo trattato Etica Nicomachea ne parla argomentando sul "buon spirito" e disquisendo sulla felicità. Prima di lui Platone aveva dedicato vari anni della sua vita a organizzare praticamente il governo e la città perfetta. Ai due filosofi greci si sono poi aggiunti, lungo i secoli, numerosi altri filosofi, religiosi, sociologi che si sono cimentati a descrivere in dettaglio gli elementi necessari per una comunità felice. Il criterio che viene preso in considerazione oggi e in base al quale in città si ha una buona qualità di vita, risponde ad alcuni indicatori come la fruizione di una serie di vantaggi politici, economici e sociali che le permettono di sviluppare con discreta facilità le proprie potenzialità umane e condurre una vita relativamente serena e soddisfacente. Il Sud. Reggio Calabria, suggestiva città dello Stretto, caratterizzata da clima mite e paesaggi mozzafiato è stata inserita in classifica piazzandosi all’ultimo posto. Con grande delusione e un senso di vittoria insieme per coloro che invece lo davano per scontato. Gli indici economici sono facilmente misurabili; quelli sociali come la sicurezza, la libertà politica, il grado di corruzione e la salute, lo sono meno. I parametri che denotano la bellezza dei luoghi naturali che peso hanno avuto? C’è quindi uno squilibrio di indicatori; contraddizioni estreme; posizioni che fanno pensare e riflettere insieme ad un desiderio inequivocabile di romanticismo ed oblio che si sforza, paradossalmente, di identificare la qualità della vita con la bellezza dei luoghi e il fascino del naturalistico. Bisogna dire tuttavia che la bellezza è amica della misura, in senso lato. Essa costituisce una forma di attutimento contro ogni bruttura. Una specie di profumo della realtà. Un pò come il mito. Quanto della realtà si fonde col mito? La bellezza diventa mito e il cervello sa riconoscerla prendendone piena coscienza. La crisi spirituale che investe il nostro tempo potrebbe preannunciare un riemergere del mito, della bellezza, degli archetipi e dell’inconscio collettivo con la duplice speranza di accettazione e razionalizzazione. Nel mito di Euridice ed Orfeo, quest’ultimo, per rivedere l’amata, deve promettere di non girarsi indietro e guardare avanti. Un io infantile in armonia con la natura che ricerca la conoscenza ma che subito dopo razionalizza nel girarsi contravvenendo così alla sua promessa. Non voltarsi vorrebbe dire non avere rimpianti e non desiderare ciò che è irrimediabilmente peccaminoso. La bellezza del mito e dei luoghi selvaggi di una città come Reggio Calabria gettata in fondo ad una classifica. Una città che arranca ma cerca di andare avanti e trova la forza di non guardare indietro. Anche perché dietro non c’è più nessuno.

 

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