Passiamo tutta la nostra vita rincorrendo una qualunque forma di attività che ci consenta di avere il denaro necessario per vivere, e possibilmente di vivere bene.
Le nostre giornate scorrono a volte turbinose ed "incessanti" per l'attività che svolgiamo.
Molto più spesso invece al ritmo incalzante delle nostre azioni quotidiane si aggiunge la monotonia e la ripetitività delle stesse.
Anche chi è in cerca di un'occupazione per il proprio futuro non sfugge a questa "performance".
Eppure alla fine ci ritroviamo con uno stato interiore di insoddisfazione che diventa giorno per giorno sempre più opprimente.
Cerchiamo allora di capire cosa e' che non va, o di trovare il modo di variare la nostra routine, magari trovandoci un hobbie, facendo una vacanza, frequentando una palestra, gettandoci nello studio o nella giungla sonora di una discoteca. Per meglio dire, il più delle volte, ci riproponiamo di farle queste cose a cominciare da "domani". Così il tempo passa e noi continuiamo a sentire il suo trascorre con un senso di vuoto e di inutilità.
Ma come è possibile avere la vita piena di cose da fare e non riuscire, nel complesso, a trovare soddisfazione nel nostro modo di vivere?
Forse la risposta sta nel fatto che essere in attività non sempre corrisponde con l'avere una propria identità.
Possiamo fare qualcosa, produrre qualcosa, lasciare la nostra impronta nelle cose che facciamo, ma il problema è che le cose che si fanno, quasi sempre, sono calate in modelli di organizzazione e con ritmi temporali che non dipendono dalla nostra volontà, anzi quasi sempre non abbiamo neanche coscienza di essere coinvolti in questi meccanismi, ruote di un ingranaggio che funziona "indipendentemente dalla nostra esistenza e volontà".
Siamo delle comparse in una commedia di cui non siamo ne registi ne sceneggiatori.
Siamo "non-persone" in un mondo fatto di "non-persone"; volti che non riescono a far venire in superficie quella parte di unico e distintinguibile che è la personalità.
Per avere la soddisfazione di fare qualcosa occorre che questo qualcosa non solo lasci il segno riconoscibile della nostra esistenza (questo avviene comunque!) ma è anche necessario che sin dal principio ci sia la volontà di raggiungere un fine (materiale o meno che sia) ed avere coscienza del fine che si vuole raggiungere.
Volontà e coscienza sono fattori inscindibili dalla personalità, e quindi un risultato raggiunto o fallito con questi presupposti ci fa riconoscere (da noi stessi e dagli atri) nel prodotto della nostra azione.
In queste condizioni è importante il raggiungimento dell'obiettivo che ci si prefigge, ma un eventuale fallimento non sarà psicologicamente devastante, poichè esso stesso è commisurato al nostro iniziale stato di coscienza e di volontà per questo, benchè non voluto, non arriverà mai inaspettato; addirittura più complesso è l'obiettivo che ci saremo prefissati "coscientemente e volontariamente" più ci sarà la possibilità che un eventuale fallimento ci spinga a "riprovarci" ricominciando "da tre", avendo cioè imparato qualcosa.
Detto questo, rimane il problema di individuare gli obiettivi da raggiungere e quello di affrontarli con coscienza e volontà che ci appartengano.
Mi permetto di citare il mio saggio "2.001: MEDIOEVO ULTIMO ATTO" (ed. Club Ausonia, Reggio Cal. 1994), in cui ho cercato di individuare gli "strumenti" necessari per farlo, a cui rimando per un maggiore approfondimento.
Non posso in questo contesto riassumere tutte le analisi che ho provato a tracciare nel libro citato, ma per tentare di dare una pur limitata indicazione possiamo partire dal contesto in cui si sviluppa la nostra esistenza.
Ognuno di noi, in quanto individuo sociale, non matura alcuna esperienza se non dentro un contesto culturale. Nasciamo e cresciamo secondo modelli di vita che sono prestabiliti culturalmente e la nostra personalità si forma attraverso il rapporto con gli altri individui e gruppi.
Per avere coscienza di quello che forma la nostra personalità dobbiamo quindi necessariamente avere conoscenza dei meccanismi che stanno alla base della nostra relazione con il mondo che ci circonda, fatto di persone e di oggetti.
E' questa "comunicazione" con l'ambiente che forma il nostro modo di essere, qualunque esso sia. Dobbiamo per ciò compredere in che modo e che cosa comunichiamo all'ambiente e che cosa questo ci comunica, si tratti di esperienze pratiche o di sentimenti ed emozioni.
Non potendo ragionare se non in termini di socialità non possiamo fare a meno di riconoscere e comprendere la personalità degli altri ed il sistema di organizzazione sociale che condiziona e forma la personalità: tutto questo ci deve spingere a comunicare "coscientemente" con gli altri ed a prendere coscienza dei tratti caratteristici della nostra e dell'altrui personalità, oltre al fatto di prendere coscienza dei meccanismi di funzionamento del sistema ambientale in cui viviamo.
In questo processo riusciamo a comprendere che la nostra azione ha sempre conseguenze sugli altri e sull'ambiente inteso nel senso più ampio di ambiente fisico e culturale, e questa nostra azione comporta necessariamente una continua mutazione dello stesso, e quindi dell'organizzazione sociale, delle relazioni interpersonali ed anche della struttura fisica dell'ambiente stesso (prendere l'autobus o viaggiare sulla propria automobile in città comporta ad esempio la conseguenza di avere uno spazio urbano più o meno agibile, ed un'aria con effetti nocivi o meno sulla salute).
Ma la cosa più importante dal nostro punto di vista è che comprendere i meccanismi della nostra comunicazione con gli altri comporta il fatto di riuscire a dare importanza e quindi "visibilità" alle persone, scoprendo dietro i volti di ognuno quell'infinito mondo di sentimenti positivi e negativi che ci aiutano a vivere in modo che quello che facciamo abbia un senso "umano" e non solo un senso meccanico. Quest'ultimo, un giorno non troppo lontano forse, potremo lasciarlo completamente svolgere alle macchine create dall'uomo, e dedicarci solo al mondo dei sentimenti che danno significato alla nostra esistenza ed ai misteri della scienza che certamente non finiranno mai.