Poesia e morte in Yukio Mishima
di Gianni FERRARA
" ... Ancora oggi in Giappone la mediazione tra rivoluzione industriale e feudalesimo nella letteratura è affidata non già al marxismo, bensì all'estetismo, un pò' come avveniva in Europa un secolo fa. Per questo forse Mishima amava d'Annunzio. Non lo amava perchè apparteneva al passato; lo amava perchè lo riteneva tuttora al centro del presente. Mishima, beninteso, era soprattutto un nevrotico e il suo harakiri ha principalmente valore di sintomo. Ma le nevrosi sono in fondo fenomeni culturali, specie in un uomo di cultura..." (Alberto Moravia, prefazione in Morte di Mezza Estate e altri racconti di Yukio Mishima, Ed. U. Guanda, Parma 1987).
"Devi leggerlo, lui è stato l'ultimo samurai". Con questi termini mi parlarono per la prima volta di Yukio Mishima1 e ricordo che bastarono quelle poche parole per riempirmi di quell'entusiasmo che caratterizza tutti gli adolescenti che, stanchi dei falsi miti di celluloide, cercano un padre spirituale.
Ancora oggi, per quanto puerile, ritengo la definizione di "ultimo samurai" quella più adatta a spiegare quel vasto fenomeno che fu Yukio Mishima, ritenuto da alcuni suoi biografi solo un volgare esteta o un rozzo esibizionista; e peggio ancora fece chi si limitò ad etichettarlo come "il Che Guevara della destra" lasciandolo così, all'odio amore dei tanti che, senza conoscere la sua vasta opera, comprendente narrativa, poesia, saggi e testi teatrali2 , lo citeranno mettendone in risalto solo l'aspetto ideologico.
Mishima raggiunse il successo nel 1949 a soli ventiquattro anni col romanzo-scandalo "Confessioni di una maschera" dove l'autore racconta la sua difficile ed inaccettabile condizione di omosessuale, seguito l'anno successivo dal dramma erotico "Sete d'amore" ed affermandosi come uno dei massimi scrittori giapponesi 3, con romanzi di rara delicatezza stilistica come "La voce delle onde".
Mishima visse nel periodo più difficile per il Giappone, il dopoguerra, periodo in cui l'arcipelago subiva una pesante americanizzazione, la quale comportava la mercificazione dell'arte. A questa pressante invasione culturale lui rispose, tirando di spada, costituendo un piccolo esercito personale, pubblicando numerosi saggi ispirati all'etica samurai e protestò manifestando un decadente esibizionismo ponendosi dinanzi ai mass media con azioni sensazionalistiche. Ma ormai era troppo tardi la logica economica dettata dalla massiccia industrializzazione nipponica imponeva nuovi personaggi, il samurai simbolo del "giapponesità" veniva sostituito dall'impiegato "super-diligente"; e quando all'ingiusto trattato del 5534 seguì la definitiva smilitarizzazione del Giappone a Mishima non restava che il suicidio rituale del seppuku per <<...restituire al Giappone il suo autentico volto>>5. Suicidio atteso da tempo e da lui quasi annunciato quando alla mostra che egli organizzò su sè stesso per celebrarsi nella sua doppia natura di intellettuale e uomo d'azione dichiarò di avere intrapreso la più distruttiva delle vie per contrastare il deterioramento. Parafrasando un aforisma di Nietzesche si potrebbe dire che il Mishima, romantico-guerriero, vivendo in un tempo pace sposa d'assenza di valori si scaglia contro di sè e si uccide vedendo in quell'estremo atto il modo più forte per testimoniare quegli alti valori di vita che si andavano deteriorando.
Così come nel teatro NO il vero significato di un gesto secondo l'estetica del vuoto Zen è in quei mille gesti in esso negati, la morte di Mishima rappresenta quei mille modi di vivere che una società sterile e massificante continuamente ci nega.
Note:
- Pseudonimo di Kimitake Hiraoka, che lo scrittore prese a caso sull'elenco telefonico.
- Che lui stesso interpretava e dirigeva.
- Nel 1965 e 1969 viene proposto per il Nobel per la letteratura.
- Trattato di sicurezza nippo-americano. Il Giappone offriva basi all'Americaconfermando la rinucia ad ogni intervento bellico, in cambio della protezione militare americana.
- Dal proclama che Mishima lesse qualche istante prima del suicidio il 25 novembre 1970.