Ardengo SOFFICI (1879 1964)
Parnaso (a cura di Gianni FERRARA
......Si, caro! L’uomo più fortunato è colui che sa vivere nella contingenza al pari dei fiori: Guarda il signore che passa E accende il sigaro, orgoglioso della sua forza virile Recuperata nelle quarte pagine dei quotidiani, O quel soldato di cavalleria galoppante nell’indaco della caserma Con ciocchetta di lilla fra i denti. L’eternità splende in un volo di mosca. Metti l’uno accanto all’altro i colori dei tuoi occhi; Disegna il tuo arco: La storia è fuggevole come un saluto alla stazione; E l’automobile tricolore del sole batte, sempre più invano, Il suo record fra i vecchi macchinari del cosmo. Tu ricordi, insieme ad un bacio seminato nel buio, D’una vetrina di librario tedesco, Avenue de l’Opéra, E della capra che brucava le ginestre Sulle ruine della scala del palazzo di Dario a Persepoli. Basta guardarsi intorno E scriver come si sogna, Per rianimare il volto della nostra gioia. Ricordo tutti i climi che si son carezzati alla mia pelle d’amore, Raggianti al mio desiderio: Nevi, Mari gialli. Gongs, Carovane: Il carminio di Bombay e l’ora bruciato dell’IRAN Ne porto un geroglifico sull’ala nera. Anima girasole, il fenomeno convergere in questo centro di danza; Ma il canto più bello è ancora quello dei sensi nudi. | ||
VIA Palazzeschi,eravamotre, Noi due e l’amica ironia, A braccetto per quella via, Così nostra alle ventitrè Il nome, chi lo ricorda? Dalle parti di San Gervasio; Silvio Pellico o Metastasio; C’era sull’angolo blu. Mi ricordo però del resto; L’ombra d’oro sulle facciate, Qualche raggio nelle vetrate; Agiatezza e onorabilità. Tutto nuovo, le lastre azzurre Del marciapiede annaffiato Le persiane verdi, il selciato I lampioni color caffè; Giardinetti disinfettati, Canarini ai secondi piani, Droghieri, barbieri, ortolani, Un signore che guarda in su; Un altro seduto al balcone, Calvo, che leggeva il giornale, Tra i gerani del davanzale Una bambinaia col bèbbè; Un fiacchere fermo a una porta Col fiaccheraio sssopito, Un can barbone fiorito Di seta, che ci annusò; Un sottotenente lucente, Bello sulla bicicletta, Monocolo e sigaretta, Due preti, una vecchia, un lacchè. - Che bella vita- dicesti- Ammogliati,, una decorazione, Qui tra queste brave persone, I modelli della città. Che bella vita fratello!- E io sarei stato d’accordo; Ma un organetto un po' sordo Si mise a cantare: Ohi Marì... E fummo quattro oramai A braccetto per quella via. Peccato! La malinconia Sera invitata da sè. |
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HELIOS Magazine nr. 6/97 | HELIOSmagazine@diel.it |