'NDRANGHETA: ALTALENA FATALE

Intervista con il Sost. Procuratore Antimafia Roberto PENNISI
a cura di Pino ROTTA


D.:Vogliamo iniziare con un'analisi sulle dinamiche di interazione tra Stato, società civile e 'ndrangheta negli ultimi dieci anni? R.: Questi ultimi dieci anni sono stati caratterizzati da una presenza costante, quella della 'ndrangheta, una presenza alternante, quella delle Istituzioni, ed una quasi totale assenza, quella della società civile. D.: Quale è stata l'evoluzione del rapporto della 'ndrangheta con l'economia e con la politica? R.: Lei commette un errore parlando di rapporto della 'ndrangheta con l'economia e con la politica. Perchè la 'ndrangheta non ha rapporti con la politica e non ha rapporti con l'economia ma è politica ed economia essa stessa. Quella dei rapporti con le cose diverse da sè è la Cosa Nostra, la Mafia siciliana, che invece tradizionalmente cerca il rapporto con queste entità per impadronirsene o per sfruttarle ai propri fini. La criminalità organizzata calabrese agisce e si muove diversamente. Probabilmente in una fase iniziale cerca il rapporto ma nelle fasi successive cerca di sostituirsi e di diventare essa stessa soggetto imprenditore e soggetto politico. D.: Non c'è stato un cambiamento in questo nel corso degli ultimi dieci anni? R.: I cambiamenti ci sono stati a seconda della maggiore o minore presenza delle Istituzioni; perchè è chiaro che in un contesto sociale se arretra lo Stato sopravanza l'antistato, se avanza lo Stato l'antistato necessariamente deve cedere, perchè niente è più forte dello Stato. Lo Stato quando vuole essere Stato non ha nemici in condizioni di vincerlo. D.: Alcuni fenomeni, quali gli attacchi alle caserme i sit-in davanti ai Tribunali, negli ultimi anni hanno denunciato un radicamento culturale della 'ndrangheta nella società. R.: In questa società è più facile avere delle manifestazioni che rispondano agli interessi della criminalità organizzata piuttosto che manifestazioni in senso contrario. Perchè le manifestazioni in un certo senso di sostegno alla 'ndrangheta non destano vergogna, mentre le altre sono tutte caratterizzate dal timore dalla paura di manifestarsi contro certi fenomeni. C'è il timore di essere etichettati. E' facile che dei cittadini si organizzino e manifestino, in maniera apparentemente spontanea, ma non c'è niente di spontaneo, perchè alcune persone sono detenute e processate per fatti di criminalità organizzata, allora qui vediamo che la società civile manifesta contro lo Stato. Ma un fenomeno corrispondente contro la criminalità organizzata, checchè se ne dica, è difficile ottenerlo, e quel poco che si ottiene è preprogativa di piccole minoranze, seppur di grandissimo valore, ma questo tipo di sentimento, in questa realtà sociale, è solo di poche persone. D.: Non è un'opinione controcorrente la sua? R.: Io so bene quello che dicono i rappresentanti della collettività. E' "una pietosa insania" direbbe il poeta, quella di credere il contrario. Non li critico per questo, ma sindaci, rappresentanti di altre amministrazioni locali, per amor di patria, e per questo sono rispettabilissimi, vanno dicendo che nelle città di questa provincia c'è un grande sentire sociale, un grande movimento di cittadini contro i fenomeni criminali. Non è così. E' una pietosa insania questa. Sono affermazioni non corrispondenti al vero. Quali per esempio quella di chi afferma che in determinati comuni di questa provincia i cittadini si organizzano in comitati anti-racket o antiusura. Non è vero. I cittadini non si organizzano affatto. Alcuni amministratori locali vorrebbero che si organizzassero e scambiano la loro aspirazione con la realtà. Quella è la loro aspirazione e non lo metto in dubbio, ma la realtà è completamente diversa. Perchè quando poi andiamo a guardare, comune per comune, vediamo che tutte le persone, così come avveniva venti anni fa, continuano a dire di non essere vittime di estorsione, di non essere vittime di usura, quando invece lo sono. Cioè a sentire quello che dicono i cittadini, la mafia non esiste. D.: In questo momento però le amministrazioni locali sono oggetto di ritorsione mafiosa, attentati e minacce, segno che c'è una resistenza contro la criminalità organizzata. R.: Sì, ma è prerogativa di singoli. Se lo Stato o le amministrazioni locali si muovono, nessuno li segue. D.: A costo di sembrare retorico, le chiedo, secondo lei perchè accade questo? R.: Secondo me questa società è pervasa da questa mentalità, non dico di 'ndrangheta, ma che poi fa il gioco della 'ndrangheta. Io non lo so... è un fenomeno ambientale. E' come se il fatto di aver respirato per decenni quest'aria dove tutto era 'ndrangheta, aver respirato per decenni quest'aria dove anche all'interno dei Palazzi si respirava la 'ndrangheta e si operava e si lavorava d'accordo con la 'ndrangheta, ha fatto sì che quando una nuova vita viene concepita contiene già in sè il germe di questo humus, e la nuova vita che nasce già porta in sè questo sentimento che fu dei suoi genitori ed i genitori dei suoi genitori. D.: Quel'è il livello di sinergia tra le istituzione che rappresentano lo Stato a Reggio? R.: La sinergia è nella legge. Facendo ognuno quello che gli spetta automaticamente esiste la sinergia, se qualcuno non lo fa allora viene meno una delle componenti dell'apparato statuale nel suo complesso, e venendo meno questa componente è chiaro che non meccanismo qualcosa comincia a non funzionare. D.: A quanto sembra lei non vede oggi una svolta di tendenza rispetto al predominio della 'ndrangheta? R.: No, io invece vedo una gravissima inversione di tendenza. Ed il "là" a questa inversione di tendenza, purtroppo, lo ha dato lo Stato centrale. Noi che lavoriamo in questi uffici, forse prima di ogni altro, siamo in grado di renderci conto di quella che è la politica governativa in tema di azione di contrasto al crimine organizzato. Posso dire di constatare, e questo è ricorrente nella storia di questa nazione, ogni volta che si va troppo avanti nell'attività di repressione di questi fenomeni e come se si avesse paura poi di raggiungere la meta; e quando la meta comincia ad apparire a distanza in questo campo lo Stato è come la nave di Ulisse, che quando Itaca comincia a versi a distanza, lo Stato stesso, è questa è la cosa triste, apre gli otri dove erano stati conservati i venti e la nave piuttosto che andare verso Itaca torna verso il mare. Ragion per cui si verifica quello che le dicevo all'inizio, quest'andamento altalenante dell'azione delle Istituzioni, questo è la causa per cui non si riesce e non si riuscirà a venire a capo di questi fenomeni, perchè lo Stato, arrivato ad un certo punto, ha paura di giungere alle estreme conseguenze. Ce ne accorgiamo attraverso la legislazione che in un determinato momento tira verso Itaca e poi ad un certo punto tira verso il mare aperto. Attraverso gli impulsi di politica generale in tema di fenomeni di criminalità organizzata che hanno come metro gli indirizzi di politica governativa relativamente al fenomeno dei collaboratori di giustizia. Perchè una cosa è certa: l'unico strumento valido per affrontare e risolvere i problemi e i fenomeni di criminalità organizzata sono i collaboratori di giustizia. Senza il collaboratore di giustizia non verremo mai a capo di questi fenomeni; riusciremo ad affrontarli a contenerli ma mai a sconfiggerli, perchè la mafia se è mafia solo dall'interno può essere scoperta; e poichè oggi la politica governativa, raccogliendo le emozioni degli utili idioti, utili per la mafia, oggi sembra tendere ad annullare il fenomeno, allora è tempo perso. Questa è la grande forza della mafia. D.: Che cosa è per lei il garantismo? R.: Il rispetto delle regole. Il rispetto della legge, applicare la legge. Questo è il garantismo. Ma il garantismo non si può trasformare e non può essere la bandiera da sventolare in ogni momento in cui ci si accorge che l'azione dello Stato produce i frutti. Qui lo Stato si vergogna di portare alle estreme conseguenze l'attività che lo Stato stesso ha iniziato. Il garantismo è una cosa seria. Lo Stato ha cambiato sistemi processuali, a corretto i sistemi processuali, ha riempito il processo penale di cavilli, di trappole tutte in funzione delle garanzie difensive come se il processo avesse come unico protagonista l'imputato. Lo Stato tante volte si dimentica che ci sono le vittime dei reati e la prima vittima dei reati di mafia è la società civile. Ora se tutto si fa in funzione delle garanzie difensive dove andiamo a cercare la società civile, quando nel processo penale, che è lo strumento fondamentale per affrontarle il fenomeno criminale la società civile è dimenticata nella maniera più assoluta, la prima vittima delle azioni criminali di tipo mafioso è dimenticata. E come la troveremo mai? Se non è presente nel processo penale in quale altra parte dovremo trovarla la società civile? Allora tutto combacia. Come dicevo in principio: costante presenza, alternante presenza, completa assenza.


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