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 cultura

Diritto al contrario. Un poeta e le parole

di maria pia tucci

 

 

 

 

 

 

 

 “Settembre 2013. La LTF, ditta costruttrice della linea Tav Torino-Lyon, annuncia denuncia contro di me per frasi dette e pubblicate su “Huffington Post” Italia e ANSA. La denuncia viene depositata il 10 settembre 2013 presso la Procura della Repubblica di Torino”. (Erri De Luca, La parola Contraria, Feltrinelli,pag11).

“[Huffington Post]… la Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo… sono necessari per far comprendere che la Tav è un’opera nociva e inutile…hanno fallito i tavoli del Governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l’unica alternativa” (idem. Pag. 12)

L’ Italia del 2015 pretende che la parola sia seduta sul banco degli imputati. Ma la parola sta dritta. In faccia alla Libertà di espressione si “arroga” il diritto di essere fedele a quella Costituzione che all’articolo 21 recita: “TUTTI hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. …”

Bene! Nel mio immaginario ideale, ed ora anche scritto, quell’avverbio di quantità “Tutti” è maiuscolo perché collettivo ma anche singolare. Perché a quel “Tutti”, incipit, soggetto costituzionale globale, è concessa la voce per esprimere l’opinione che, in quanto tale, è un concetto personale che viene espresso nei riguardi di un fatto, ecco perché quella parola, dritta e Libera, è anche Contraria, nell’Italia del 28 gennaio 2015  in Tribunale, a Torino, davanti al Procuratore aggiunto Andrea Beconi, che ha il dovere di analizzare il verbo “sabotare”.

Prima udienza di un processo per “istigazione a delinquere” a carico di Erri De Luca. Poeta, scrittore, operaio. Napoletano. I Napoletani “sono un POPOLO tellurico … che abitano la striscia tra un vulcano e i pesci”. (cit. Erri de Luca, Neapòlide).

A sostegno di quei TUTTI si muove un POPOLO. Quello dei Lettori dell’imputato. “Sul banco degli imputati mi piazzano da solo, ma solo lì potranno. Nell’aula e fuori è isolata l’accusa”. (Erri De Luca, La parola Contraria, pag49)

E accade. Accade che di fronte a timidi accenni, or quando nulli, della stampa italiana, si organizzano, sparsi in tutto il territorio nazionale, gruppi di letture ad alta voce. Ognuno porta con sé il carico di “parole contrarie” e le proclama, le regala all’ascolto degli altri.

La trasmissione della conoscenza per contagio di fiato. Un gesto arcaico, irrinunciabile della tradizione contadina dei popoli del sud, ma anche di quella ebraica, colta e dedita, così cara allo Scrittore, dove lo studio è racconto, perché Dàvar, in ebraico è parola ma anche storia, evento. 

Ecco, la parola è diventata un evento. Un evento contrario alle aspettative della denuncia.

E se a favore di Erri De Luca i testimoni non mancano è l’accusa a mancare il colpo. Non ci sono testimoni contro, non ci sono atti che giustifichino quell’accusa. 

Ma il Poeta è in piedi. Non farà appello. Accetterà la pronuncia della giustizia. “Se queste mie parole sono considerate un crimine continuerò a commetterlo e quindi sono un reo confesso”.

Anche la Calabria ha condiviso e continua a condividere questo percorso di lettura ad alta voce. Lo abbiamo fatto a Scuola all’ ITIS Conte Michele Maria Milano, a Polistena, in provincia di Reggio Calabria,  e a Cinquefrondi, stessa provincia, al Frantoio delle idee. Luoghi di dialogo.

Prossima tappa Cittanova (RC), presso il Polo Solidale per la legalità il 6 marzo prossimo e poi il 16 marzo, giorno di udienza, ancora una volta presso l’ITIS, dove i giovani allievi che hanno letto “la parola contraria” hanno scritto della stessa e restituiranno scrittura alla lettura e leggeranno ancora. Abbiamo liberato le parole e scatenato l’opinione. Perché questo è un dovere e un diritto.

“In margine al diritto di parola contraria, desidero scrivere che per me si tratta di un dovere. Se non lo facessi, se per convenienza tacessi, badando ai fatti miei, mi si guasterebbero le parole in bocca. Il mio vocabolario di scrittore si ammalerebbe di reticenza, di censura. Perderei la bella compagnia che la scrittura mi tiene dalla remota età del mio primo raccontino. Per me, da scrittore e da cittadino, la parola contraria è un dovere prima di essere un diritto.” (La parola contraria, Erri de Luca, pag 45).

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