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Recensione

Corrado Augias, Il disagio della libertà –

Perchè agli italiani piace avere un padrone

(Rizzoli editore)

di Pino Rotta

 

 

Siamo abituati allo stile sobrio ma sempre coinvolgente di Corrado Augias. Nelle precedenti recensioni (Inchiesta su Gesù e Inchiesta sul cristianesimo) abbiamo messo in evidenza la sua grande capacità di rendere accessibile al grande pubblico argomenti che, in genere, sono ostici per la complessità delle questioni poste e i molteplici rimandi bibliografici cui bisogna riferirsi. Corrado Augias (intellettuale che può vantare le più alte onorificenze concesse sia dall'Italia che dalla Francia) riesce a padroneggiare le sue enormi doti di conoscenza con la qualità di esperto divulgatore.

In questo saggio, il cui sottotitolo è di per sè eloquente, "Perchè agli italiani piace aver un padrone", non solo si confermano le qualità sopradescritte, ma si aggiunge uno slancio di sana indignazione per una condizione culturale che è diventata imbarazzante non fosse altro che per il distacco sempre più grande creatosi nella coscienza civile tra l'Italia ed il resto dell'Occidente.

Il libro tratteggia proprio l'anomalia italiana nello sviluppo della modernità incrociando, con sapienti rimandi storici e filologici, vicende e personaggi che vanno da Machiavelli a Gobetti, con l'occhio sempre centrato sulla nostra attualità. Un'attualità caratterizzata non da condizioni di libertà ma dal rifiuto delle regole di convivenza civile, sollecitate da populisti alla Berlusconi, ma radicate in una antropologia forgiata da secoli di cattolicesimo reazionario e paternalista.

Che cosa è la libertà ci si chiede? E di certo "la libertà intesa come possibilità di fare i propri comodi ad libitum trascurando le regole, ignorando la libertà degli altri, è esattamente quella dei servi" è la risposta. E' quella libertà che ha consentito a 314 deputati al Parlamento di votare senza vergogna la farsa della minorenne marocchina, inserita in ambienti di prostituzione, fatta passare per nipote dell'ex Presidente egiziano Mubarak. Un atto di libero servilismo dei "rappresentanti del popolo" per salvare il leader-padrone. Una mancanza di pudore che è lo specchio della cultura popolare forgiata da secoli di doppia morale alimentata dalla chiesa cattolica. Citando Machiavelli, l'autore ci ricorda che "la presenza della Chiesa e il cattivo esempio dei preti hanno peggiorato il temperamento degli italiani [···]. La religione ha modellato la morale del popolo e quella delle classi dirigenti [···]. E continua: "Ha in gran parte modellato anche il senso di impunità dei potenti (la «casta») dal momento che, allora come oggi, i cattivi esempi discendono spesso dall'alto.". Una doppia morale che con il tempo ha impresso il carattere individualista ed antisociale degli italiani, creando quella gerarchia di valori in cui il particolare, rappresentato dal "proprio interesse" e da quello della propria famiglia (concetto estremizzato nella cultura tribale della mafia-'ndrangheta) prevale sempre rispetto a quello della comunità sociale, anche quando questi comportamenti diventano complessivamente autodistruttivi. Una doppia morale che ha finito col produrre una "classe imprenditoriale e dirigente striminzita, pronta a succhiare alle mammelle dello Stato al primo levarsi del vento ma nella sostanza estranea al funzionamento di quello stesso Stato.".

In un contesto culturale del genere si sono certo generati dei movimenti di resistenza, ma sia nel passato che nel presente essi sono stati sempre criminalizzati ed emarginati. Da Giordano Bruno a Piero Gobetti, Augias indica come chi ha tentato di riformare la cultura degli italiani sia stato emarginato, osteggiato, a volte, fino all'estremo sacrificio della vita.

In un'Italia in cui Giustizia e Libertà, coniugate assieme, non hanno mai trovato diritto di cittadinanza, ci si può definire liberi? Con questo interrogativo si conclude il saggio, e con una speranza affidata al paradosso che vede nei momenti difficili la nostra società trovare le forze per spingersi verso una via di cambiamento.

Se non ci lascia ottimisti di certo Corrado Augias non è intellettuale incline alla resa nella battaglia per il bene e per il progresso dell'umanità.

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