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Recensioni
Poesia antica e liriche moderne: Incontro con Daniel Cundari
a cura di elisa cutulle'
Non è un poeta che aderisce alle mode, piuttosto ai
modelli. E i suoi vanno dagli inevitabili autori della Grecia classica fino a
raggiungere Muñoz Rojas o Diego Jesús Jiménez: ecco cosa dice di lui il
romanziere Alejandro Pedregosa. Chiacchierata di Passaparola con un quasi
trentenne espatriato.
Calabrese, “emigrato”: un
cervello poetico in fuga? Come è nata la decisione di trasferirsi in Spagna?
Quello spagnolo è un esilio che
mi sono imposto in una tappa decisiva della vita. Arrivai a Granada per motivi
di studio e rimasi affascinato dall'Alhambra, l'Albayzin e il Sacromonte. Per me
rappresentava la città dei poeti e del flamenco. Ho avuto la possibilità di
frequentare artisti e critici straordinari come Juan Carlos Friebe, Alejandro
Pedregosa, Trinidad Gan, Valentín Albardíaz, Antonio Praena, Jose Vallejo,
Javier Bozalongo, Daniel Vázquez Barros, Jorge Fernández Bustos e arricchire il
mio bagaglio personale, leggendo in dialetto, italiano e spagnolo con la Cátedra
Federico García Lorca e in diverse istituzioni letterarie. Non penso che la mia
sia stata una fuga, piuttosto si è trattato di un cammino che ancora prosegue.
Come ti sei avvicinato alla
poesia?
La poesia la incontrai a Cuti
(il quartiere del mio paese) durante l'infanzia. Tuttora risiede lì, tra i
colori dei tufi, gli odori dei fichi, i rumori dei campi, gli occhi dei miei
vicini e il sogno prossimo del mare. Ma anche negli scrittori che ho letto con
voracità: Elias Canetti, Angelo Maria Ripellino, Antonio Lobo Antunes, Boris
Pasternak, Honoré de Balzac, Antonio Porchia, Ernesto Sábato, Corrado Alvaro,
Cesare Pavese, Velimir Chlebnikov, Fernando Pessoa, Gesualdo Bufalino, Miguel de
Cervantes...
Quali sono i temi che riesci
ad esprimere meglio nelle poesie?
La mia è una poesia che tratta
diverse tematiche: civile, amorosa, intellettuale. Considero elementare la
preoccupazione esistenziale. Negli ultimi decenni, il pensiero poetante (per
utilizzare lo splendido titolo di un saggio di Antonio Prete su Giacomo
Leopardi) è stato inquinato e contaminato da esercizi di stile che non mi
interessano. Per me è fondamentale l'essere umano con le sue inquietudini e i
suoi dilemmi, non i modelli prestabiliti da un gruppo o da una scuola. Scriveva
Raffaele Carrieri: Abbandono il festino, la tazza, il tamburo e torno al
fiore di spina. Il vostro modo di uccidere, di cantare e fare all'amore non mi
appartiene.
Quando hai scritto la tua
prima poesia? Di cosa trattava?
Un ragazzo di paese non ha
punti di riferimento in campo letterario, ma può nutrirsi dell’assordante canto
dei grilli, delle pietre degli orti, dei sapori dei frutti. Iniziai a scrivere
di tutto: satire, sonetti e poesie in dialetto. Non ricordo con precisione quale
sia stato il mio primo lavoro. Ho sempre amato i personaggi irriverenti, liberi
e coraggiosi. Oltre a ciò, la grande passione per il teatro e le arti plastiche
mi ha invogliato a sperimentare, ad abbandonare i lidi della poesia popolare per
affrontare le affollate spiagge della lirica contemporanea e delle avanguardie
letterarie.
Hai diverse pubblicazioni alle spalle: che sensazione è
quella di condividere le proprie emozioni con un pubblico più vasto?
Condividere le proprie emozioni
è meraviglioso, ma non bisogna illudersi. I lettori di poesia sono davvero pochi
in Italia. I media hanno decretato la morte della cultura. Gli
intellettuali si sono accomodati sulle soffici poltrone dei salotti e ormai non
dicono cose interessanti. Pare sia giunta l'ora di prendere un bel libro tra le
mani e cominciare di nuovo a sognare.
C'è qualcuna delle tue pubblicazioni in cui ti
identifichi di più? Perché?
Mi identifico in tutti i miei
libri allo stesso modo. Non rinnego nulla della mia produzione, di ciò che ho
seminato, raccolto e perduto negli anni. Ogni opera rispecchia quello che sono
stato, sono e continuo ad essere. Con il primo libro, Cacagliùsi /
Balbuzienti, ho dato voce al mio paese e alle ansie; con Il dolore
dell'acqua ho affrontato un viaggio fondamentale nel territorio della
distanza, della solitudine e dell’amore; e Geografía feroz è una sorta di
antologia esistenziale del mio ultimo decennio in giro per l'Europa. Inoltre ho
pubblicato anche due plaquettes in Spagna (Prótesis del alma e Poemas
para delinquir) e numerosi testi apparsi in antologie, festival e riviste.
Hai ricevuto, da poco, il Premio letterario
internazionale "2033 Progetto Sud – Mons Aureus", già ritirato, in passato, da
personaggi noti come Davide Rondoni, Giovanni Puglisi, Domenico De Masi e
Lorenzo Del Boca. È cambiato qualcosa? Senti una maggiore “responsabilità”?
I premi sono importanti, ma
lasciano il tempo che trovano. Li definisco «gloria inutile», poiché non sono i
premi che fanno un artista bensì l'abnegazione, l'umiltà e la conoscenza.
Viviamo in una società contraddistinta da valori effimeri e falsi bagliori.
Elias Canetti sosteneva che il successo ascolta solo l'applauso ed è sordo a
tutto il resto. Sottoscrivo.
Cacagliùsi
Me chiavàssi ‘na tièlla
de puèti e
jìssi cantànnu vèrsi
‘ste vie vie.
Pur’i ‘nciuciunìti, a vvòte,
tènan’a ragiùne
o sìmu nue
chi cacagliàmu
cumu dannàti
penzànnu de
canciàr’ u mùnnu
e chìne s’u ràga.
[Traduzione Italiana] Balbuzienti
Mangerei una pignatta / di poeti e / andrei cantando versi / per ogni dove. /
Anche i folli, a volte, / hanno la ragione / o siamo noi / che balbettiamo /
come dannati / illudendoci di / cambiare il mondo / e chi lo fa girare.
Il poeta è morto
Ha lasciato il paese di punto in
bianco:
c’è scritto su tutti i muri,
nell’aceto,
nella troppa luna che sembra
un’ostia,
nel pane, sulle piante, nel
sorriso
solitario della madre.
Nessuno l’ha visto.
Nessuno l’ha voluto vedere.
Ha provato in tutti i modi a
restare:
con lo spago, il lucchetto, la
pinza,
con la molla, la spilla, la
cerniera.
Ma si è aperta alla prima
pioggia
la sua valigia di cartone
che non contiene niente,
se non le illusioni di un
ragazzo vecchio
che ancora scrive i numeri delle
donne
su una vecchia agendina
telefonica
della banca popolare di Crotone.
Biografia: Nato a Rogliano (CS) il 22 novembre 1983. Si
laurea in Lettere Moderne a Siena.
Da ragazzo si avvicina al teatro vernacolare e entrando a far parte della
Filodrammatica “Vincenzo Gallo”. Ha collaborato con la “Gazzetta del Sud” e
scritto articoli e saggi critici su diverse riviste culturali. Ha tradotto in
dialetto alcuni Canti dell’Inferno della Divina Commedia ma anche poesie
di Hikmet, Kavafis, Celan, Mandel’ tam, Alberti e Catullo. |