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SOCIETA'
Il dissenso dei governati
di pino rotta
Dieci anni fa
abbiamo iniziato la trattazione dei temi legati ai comportamenti sociali in
funzione delle relazioni di prossimità partendo dalle teorie espresse in "La
dimensione nascosta" di Edward T. Hall (Ed. Bompiani, Milano 1968)
analizzando le espressione di aggressività che gli individui manifestano in
condizioni che Hall definiva "fogne di comportamento". Quelle situazioni in
cui, per le spinte emotive innescate dal sovraffollamento e dal degrado
ambientale, gli individui mettono in atto azioni aggressive finalizzate alla
difesa del proprio spazio individuale che sentono minacciato in quelle date
condizioni (vedi anche Helios
Magazine nr. 4/96).
Quei comportamenti, che sfociano addirittura in atti di
cannibalismo nelle specie animali, vengono il più delle volte ritualizzati
dall’uomo al fine di evitare situazioni autodistruttive. Quando però la tensione
derivata dai fattori stressogeni arriva ai massimi livelli di sopportazione, si
giunge anche alla scomparsa delle manifestazioni di aggressività che lasciano il
posto al progredire dell’inedia, dell’abbandono delle reazioni agli stimoli
esterni, in casi estremi in forma tale da arrivare all’anoressia ed alla morte.
Gli studi neuropsichiatrici di Henry Laborit, applicati
all’antropologia, hanno messo in chiaro come i gruppi sociali, dal punto di
vista della reazione ai fattori di distress, manifestano un funzionamento
analogo agli organismi biologici. Gli individui che li compongono reagiscono
alle tensioni emotive cercando di eliminare i fattori di
minaccia o abbandonando la lotta che si fa troppo estenuante per lasciarsi
cadere in uno stato progressivo e "contagioso" di depressione.
Ma come si manifestano questi comportamenti in rapporto con la
politica di governo (sia esso governo nazionale, locale o amministrazione di
un’azienda)?
La società, esattamente come un individuo biologicamente inteso,
è un organismo complesso la cui funzione principale è quella
dell’autoconservazione e riproduzione (a differenza dell’individuo la
riproduzione dei gruppi sociali prescinde dalle necessità di riproduzione
sessuata), pertanto ogni attività sociale mira al mantenimento dell’equilibrio
interno (quello che per l’organismo biologico è l’omeostasi). Però le necessità
di rispondere a tensioni che si avvertono minacciose innescano reazioni che
definiamo di dissenso. In questo processo agiscono due forze contrapposte: la
tendenza a mantenere la protezione dell’equilibrio raggiunto e quella che punta
a sovvertire quest’equilibrio per affermare condizioni diverse che si avvertono
come maggiormente funzionali alle necessità emergenti.
Non è un processo lineare, preordinato, gestibile con regole
rigide ed univoche, al contrario è un processo complesso che necessita di
duttilità e continuo adattamento soprattutto per individuarne cause e portata.
In generale il dissenso è la manifestazione di un malessere
causato da incongruenze esistenziali o ostacoli nell’adattamento all’ambiente
fisico e/o sociale che si amplificano in condizioni di crisi economica
soprattutto se accompagnata da un elevato livello di disoccupazione, di mobilità
e flessibilità lavorativa.
Per quanto riguarda la portata del dissenso è interessante notare
che, lungi dal limitarsi ai soggetti più svantaggiati nel processo di
integrazione sociale, soprattutto quando le cause sono di natura economica, il
dissenso può coinvolgere strati sociali diffusi che, in qualche modo, vivono il
malessere sociale che li circonda come una minaccia diretta, che li riguarda
direttamente; in questo senso abbiamo sopra inteso parlare di "contagio". La
portata del dissenso la si può anche intendere quale "periferia sociale",
territorio non delimitato rigidamente, ma al contrario permeabile, fluttuante.
E, come ogni territorio, contiene un limite superato il quale è difficile,
spesso impossibile, tornare indietro.
Il governo del dissenso è abbastanza semplice qualora l’obiettivo
sia quello di aumentarne la portata e la percezione. Infatti, come è descritto
nelle cosiddette "fogne di comportamento" degli esperimenti descritti da Edward
Hall, se si accrescono le condizioni di sovraffollamento e di degrado
ambientale, il dissenso è praticamente una conseguenza automatica. Ma l’aumento
del dissenso ha un andamento abbastanza prevedibile, anche se non altrettanto
prevedibile è il momento di rottura, di sovvertimento dell’ordine maggioritario.
Quando infatti gli individui che manifestano dissenso rispetto allo status quo
trovano un consenso abbastanza diffuso da diventare maggioranza nel gruppo
sociale ecco che l’equilibrio esistente viene sovvertito ed il sentimento comune
di dissenso si afferma modificando l’assetto sociale, sostituendo i valori
precedenti con quelli appartenenti ai portatori di dissenso. In genere però si
verifica un assorbimento delle spinte sovversive, attraverso un adattamento
delle regole sociali che in qualche misura adottano le istanze di un dissenso
diffuso, reintegrandole nelle regole del gruppo maggioritario che esce mutato ma
non dissolto (trasgressione strutturata). Può avvenire, infine, che il dissenso,
seppure diffuso, non trovi espressioni precise e individuabili, in tal caso si
innesca un lungo periodo di tensione emotiva che sfocia nell’abbandono delle
spinte dissenzienti per venire canalizzato in un progressivo distacco
dall’accettazione delle regole sociali senza sostituzione con nuove regole.
Questo processo è altrettanto devastante per l’equilibrio sociale poiché
realizza le condizioni di ingovernabilità attraverso una sorta di paralisi del
sistema ed una progressiva ma difficilmente reversibile delegittimazione del
gruppo dirigente.
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