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societa'
Ecco l'alieno: l'homo nooliticus
di pino rotta
Nel nr. 2 e 3 /96 di Helios Magazine il prof. Domenico Rodà ha presentato una
parte dei suoi studi sulle comunità grecaniche della provincia di Reggio
Calabria. Un'affascinante analisi glottologica ed un lavoro di grande interesse
antropologico sui discendenti degli antichi coloni greci della costa ionica
reggina che in epoca medioevale, minacciati dai saraceni, si ritirarono nelle
zone impervie dell'Aspromonte e lì diedero vita a villaggi e piccole comunità
rurali organizzate, sia dal punto di vista urbanistico che produttivo, sul
modello che ancora oggi è possibile rintracciare in alcune zone della Grecia
nord occidentale o della Cappadocia. Queste comunità, a causa di una condizione
di isolamento dovuto alla posizione geografica (l'entroterra aspromontano), alla
quasi totale assenza di reti stradali, ed al progressivo spostamento delle vie
commerciali dall'asse italo-greco alle rotte marittime dell'Atlantico, del
Mediterraneo occidentale, e successivamente al Golfo Persico, hanno potuto
conservare idiomi e tradizioni risalenti al periodo ellenistico.
Isolamento, questa è la parola chiave misteriosa pronunciata, con malcelata
nostalgia, da quanti guardano al passato con gli occhi della propria memoria
giovanile che poco ha a che fare con la storia vera.
La cosa che colpiva maggiormente, nelle ricerche del professore Rodà, era
soprattutto il fatto che quelle condizioni di isolamento si siano potute
mantenere fino agli inizi degli anni settanta del nostro secolo, proprio 1970
per essere chiari, fino a quando cioè in quei paesi non arrivò l'energia
elettrica e le strade percorribili con le automobili.
Lasciamo l'Aspromonte e le sue martoriate pendici e facciamo un salto nel tempo
e nello spazio. New York anni '50, erano gli anni del rock e di Elvis.
Liverpool anni '60, erano gli anni dei Beatles e dei Figli dei Fiori negli
U.S.A. e nelle grandi città europee, ed anche gli anni in cui i primi uomini
lasciavano la Terra e scendevano sulla Luna.
Parigi 1968, scoppiava il maggio della contestazione giovanile.
Aspromonte anni '70, arriva l'energia elettrica, e con questa i primi
elettrodomestici, e la televisione.
Come avranno visto il mondo che si affacciava dai teleschermi quegli uomini,
quelle donne, quei giovani e quelle ragazze che fino ad allora erano stati
tagliati fuori dall'occidente reale, pur facendone parte di fatto?
Questa risposta necessiterebbe uno spazio ben più consistente di queste poche
righe, ma le condizioni di arretratezza economica in cui si trova oggi questa
parte del Mezzogiorno, se non esclusivamente, certamente trova le sue cause
anche in questo stato di isolamento.
In sostanza, in un medesimo tempo, la realtà, a Parigi e ad Africo Vecchio non
era percepita allo stesso modo.
Il mondo aveva dimensioni, colori, suoni e ritmi assai differenti in queste due
realtà occidentali. E la capacità di comprensione e di partecipazione economica
e politica evidentemente ha seguito destini diversi.
Oggi siamo nella cosiddetta era della multimedialità, le comunicazioni
telematiche, la televisione digitale, i progressi della tecnica nel campo
dell'ingegneria genetica e molecolare, delle nanotecnologie, ecc. stanno
portando (o già dobbiamo dire forse che hanno portato) l'uomo ad inventare una
nuova specie: l'Homo
Nooliticus (Pierre
Levy, L'Intelligenza collettiva, Feltrinelli Interzone).
Che stia comparendo una nuova specie umana sulla terra, può apparire una
affermazione paradossale, perchè ancora i nostri riferimenti culturali
(soprattutto quando affrontiamo il discorso su noi stessi!) associano la
comparsa di specie biologiche nuove a tempi commensurabili nell'ordine di
milioni di anni, invece i progressi della scienza e della tecnologia realizzati
in questo secolo ci hanno posto davanti ad uno degli eventi più rilevanti della
storia dell'umanità: la tendenza a zero del fattore tempo.
In filosofia il tempo viene definito come inesistente, nell'esplorazione
spaziale l'abbattimento del tempo come limite della velocità è il vero traguardo
a cui si tende, nella comunicazione multimediale il traguardo è la comunicazione
globale (audio, video e sensoriale) in tempo reale.
Questo contesto può produrre diversi tipi di effetti nell'individuo e nei gruppi
sociali tecnologizzati: inconsapevolezza, incredulità, mera constatazione,
angoscia, entusiasmo.
Siamo in un'epoca di transizione, questo termine spesso abusato, ha però un
indubbio valore se collocato in una scansione spazio-temporale che divide non
solo i paesi, non solo le ricchezze e le povertà, ma anche le generazioni
contemporanee.
Ricordo che un'anziana signora, negli anni settanta, dopo aver conversato per
telefono con una sua parente ammalata di influenza, finita la conversazione, si
rivolse a me chiedendomi seria e preoccupata se per caso non potesse essere
stata contagiata per telefono. La mia risata di ragazzo impertinente la mandò su
tutte le furie. Ma la sua preoccupazione era sincera. Lei usava il telefono
perchè glielo avevano fatto installare i figli, ma di cosa fosse veramente, di
come funzionasse, di dove andasse a finire quel filo attaccato alla parete, non
aveva la minima idea. Certo, neanche se lo chiedeva, era lì, funzionava in modo
abbastanza semplice e questo le bastava senza troppe domande, e se non avesse
avuto la mia maleducata risata forse non se le sarebbe mai neanche poste, tanto
le risposte non poteva capirle, erano fuori dal mondo di cui lei conosceva il
funzionamento.
E' successo anche a me con i primi contatti con la tecnologia informatizzata e
con alcuni concetti sulla biologia, ma guardo ormai senza stupore ai ragazzini
delle scuole medie inferiori che già hanno superato la fase dell'uso del
computer per entrare senza difficoltà particolari nella fase della
programmazione dei software informatici padroni dello strumento e dei nuovi
linguaggi che esso impone.
Specularmente però esiste un'altra "realtà" nello stesso luogo e appartenente
alla stessa generazione.
Ripetendo i metodi di indagine sociologica partecipativa molto in uso negli anni
settanta, ogni tanto, entro "in incognito" nei gruppi giovanili di diversi
ambienti sociali per osservarne i comportamenti, i linguaggi, la gestualità
quale forma non solo complementare ma spesso alternativa di comunicazione
intersoggettiva.
Così mi capita di osservare i "corner-boys" dei ceti sociali marginali, ma anche
della media borghesia dei quartieri periferici, che esprimono con i loro
linguaggi e atteggiamenti distanze siderali dai loro coetanei "tecnologizzati",
con ricadute sul piano economico, sociale e politico del tutto differenti.
E' una nuova forma di sottoproletariato, che nè Marx nè Taylor avevano la
possibilità di prevedere. Un sottoproletariato che anche quando riesce ad
inserirsi, in un qualsiasi modo, nel ciclo produttivo e quindi procurarsi un
reddito di sussistenza, rimane comunque ai margini estremi della società, una
società che già oggi non funziona più secondo i modelli organizzativi che tutti
noi abbiamo studiato sui libri di scuola, che loro stessi hanno studiato sui
libri di scuola, di una scuola spesso inconsapevole ed impreparata a gestire
questo nuovo fenomeno, istituzionalmente in colpevole ritardo, colpevole perchè
la scuola dovrebbe formare ragazzi attrezzati per gestire il nostro futuro e non
lo fa.
E qui sta anche la chiave di lettura del nuovo sottoproletariato urbano, che
fino ai primi anni sessanta era rappresentato da individui privi di
scolarizzazione e di reddito, oggi sono scolarizzati inutilmente e per questo
incapaci di inserirsi nel ciclo produttivo, ma anche incapaci di capire perchè
la società gli indica modelli di comportamento improntati a dinamismo e, (anche
se si tende a non usare più una definizione ritenuta politicamente scorretta) a
"competizione sociale", e per questo si chiudono in sè stessi, in forme di
autodistruttività, di passività, spesso anche di violenza. Questi ragazzi
fuggono da un mondo che non conoscono e non riescono a capire, ma non hanno dove
andare; senza politiche di nuova solidarietà sociale messe in atto oggi, questi
ragazzi saranno emarginati per tutta la vita e la società si troverà o dover
provvedere a loro in termini di assistenza nel futuro. E l'assistenza non è una
scelta tra due possibilità, ma una forma obbligata di contenimento dei danni
quando si è ormai in ritardo per attuare soluzioni.
Da un lato i corner-boys, nuovo proletariato, dall'altro la nuova borghesia,
ragazzini giovanissimi che sono perfettamente in grado, spesso in forma
autonoma, di appropriarsi delle tecniche di comunicazione multimediale con
grande facilità, perchè hanno disponibilità in famiglia o nei gruppi di amici
che frequentano di conoscere ed utilizzare la tecnologia avanzata, di imparare
l'inglese, e di incuriosirsi verso il mondo ed aprirsi ad esso.
Questi ragazzi, coetanei, che vestono gli stessi abiti, guidano gli stessi
scooters, usano gli stessi telefonini, guardano la stessa televisione, questi
ragazzi sono abitanti di pianeti diversi, parlano due lingue diverse, si muovo
in dimensioni spazio-temporali differenti, seguono un'evoluzione di specie
differenziata.
La specie Homo Nooliticus forse ancora non è quella predominante sul pianeta, ma
comincia già a dimostrare le sue potenzialità e tutto fa prevedere una sua
diffusione sul pianeta in tempi rapidissimi.
Un pianeta in cui le diseguaglianze sono destinate a radicalizzarsi se oggi non
si pone rimedio attraverso politiche di cooperazione internazionale e locali
improntate su modelli di sviluppo equilibrato tra produzione di beni e
salvaguardia dell'ambiente, su un'equa distribuzione delle risorse ma anche
delle conoscenze e delle potenzialità tecnologiche, se non si abbandona,
soprattutto nel cosiddetto Terzo Mondo affamato e sfinito, la sciagurata e
demagogica moralizzazione delle politiche demografiche.
Senza queste scelte forse l'Homo Nooliticus non prenderà il sopravvento sul
pianeta Terra (su altri?..) ma solo perchè il nostro ecosistema non gliene darà
il tempo. |