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NARRATIVA
La Porta nel Vento
di Saul FERRARA
Racconto tratto dalla raccolta "I sogni
dell'Ombra"
Barbara ed Ivan erano stremati per il troppo
girovagare attraverso il dedalo di strette viuzze dell’isola. Si sentivano le
gambe dure come fossero di legno, ma la stanchezza non aveva ridotto la gioia
che provavano per il fatto di poter essere, anche se per pochi giorni, dei
turisti avidi di nuovi paesaggi. Le loro non floridissime finanze non gli
consentivano di viaggiare spesso e così, quando avevano la possibilità di farlo,
assaporavano ogni momento con la medesima, appagante soddisfazione che regala il
sorseggiare una bevanda ghiacciata in piena estate. Quel piccolo fazzoletto di
terra nel Tirreno, con le sue meraviglie naturali ed i caratteristici negozi e
ristoranti, era del resto in grado di esaudire anche i desideri dei visitatori
più esigenti. Barbara, completamente rapita dalla bellezza del posto, aveva
ormai stabilito che l’isola sarebbe stata la loro meta “obbligatoria” negli anni
a venire. Ivan, invece, era scuro in volto perché anche in quella occasione
aveva sbagliato scarpe, preferendo ad un comodo paio da ginnastica dei mocassini
scamosciati, e ormai non riusciva più a sopportare il bruciore delle vesciche.
<< Amore, ci fermiamo un po’? Ho i piedi
gonfi, sembrano due cornamuse…>>, fece, esibendosi in una smorfia supplichevole.
<< E va bene...>> accondiscese la giovane
donna, assumendo un’espressione di finto rimprovero, come si fa con i bambini
che fanno troppi capricci.
<< Non sono stanco, è solo che mi fanno male
i piedi. La prossima volta scelgo anch’ io un paio di scarpe comode.>>, precisò
Ivan, che ci teneva a non perdere la sua immagine di uomo forte.
<< Visto che dobbiamo fermarci, tanto vale
mettere qualcosa sotto i denti . Che ne dici di quella trattoria? È così
romantica…>>, suggerì Barbara, indicando un piccolissimo locale con quattro
tavolini soltanto.
<< Volentieri, avevo giusto un languorino.>>,
approvò Ivan, gonfiando le guance come se avesse la bocca piena di cibo per poi
iniziare a mimare l’atto di masticare
<< Tu, un languorino? La verità è che, quando
si tratta di mangiare, sei sempre pronto>>, rimarcò Barbara, colpendo il suo
ragazzo per scherzo con una serie di rapidi pugni all’addome.
Il ristorante si chiamava “La Locanda Del
Corsaro” e l’arredamento era davvero in tema con il nome: vecchi timoni di legno
e sciabole arrugginite coprivano le pareti, mentre due enormi forzieri,
allineati e poggiati su dei ciocchi, venivano utilizzati, in modo davvero
originale, come bancone. Ivan e Barbara erano gli unici avventori e scelsero il
tavolo più vicino all’ingresso per non smettere neanche per un istante di
guardare l’incantevole panorama. Appena si accomodarono, un giovane, che dava la
netta impressione di essere più avvezzo a maneggiare reti ed arpioni che
stoviglie, con modi bruschi e spicci apparecchiò il loro tavolo in un batter
d’occhio. I due fidanzati si scambiarono un sorriso d’intesa e chiesero
all’improvvisato cameriere il menù, curiosi di vedere quali fossero le
specialità di quel locale così caratteristico.
<< Mi dispiace, ma non ho un menù da
mostrarvi. Noi serviamo solo insalate isolane. Sono qua apposta per elencarvi
tutte le possibili varianti. >>, chiarì, con marcato accento, il ragazzo, che di
seguito cominciò a passare in rassegna un discreto numero di piatti, senza
tralasciare di illustrare nel dettaglio tutti gli ingredienti di ciascuno,
compresi quelli che di norma sono obbligatori come olio e sale, e che pertanto
poteva benissimo evitare di ripetere ogni volta. Sia Barbara che Ivan ordinarono
una “Circe”, scegliendola convinti più dal nome che dal contenuto, anche perchè
non ricordavano neppure un decimo di quanto gli aveva appena snocciolato il
cameriere. Il ragazzo non solo aveva parlato con la stessa ruvidezza che ogni
suo gesto esprimeva, ma era anche ricorso spesso a termini
strettamente dialettali.
<< Speriamo che questa “Circe”
sia abbondante, il mio languorino si è trasformato in fame da lupi.>> disse Ivan
mentre allungava una mano sul cestino del pane.
<< Amore, se l’insalata non ti sazia, prima
di rientrare in albergo ci fermiamo in quella rosticceria che hai razziato ieri
e ti prenderai qualcosa. Non voglio certo che il mio piccolo cucciolo muoia di
fame!>>, fece Barbara, accarezzandogli con tenerezza la testa rasata .
<< Non trattarmi come se fossi un gattino
abbandonato! Lo sai che mi dà fastidio, soprattutto in pubblico. Io sono un lupo
cattivo, non te lo scordare...>>, brontolò senza troppa convinzione Ivan.
<< Tu del lupo hai solo l’appetito!>>.
Proprio in quel momento il cameriere apparve
da dietro il bancone con due piatti di coccio.
<< Ecco a voi, e buon appetito! Vi porto
subito il vino. Scusatemi me ne ero dimenticato...>>, disse, appoggiando
rumorosamente i piatti. Ma mentre stava per voltarsi e tornare in cucina, una
debole voce femminile, con una forte inflessione francese, lo bloccò.
<< Salve, Pino, io mi accomodo al solito
posto.>>, disse una signora sulla sessantina, sedendosi al tavolo accanto a
quello di Barbara e Ivan.
I due fidanzati si girarono per guardare la
nuova arrivata e rimasero sorpresi nel notare quanto fosse affascinante. Quella
persona, a dispetto dell’età, sprigionava una bellezza eterea ed irreale:
sembrava una di quelle austere dame che si possono vedere ormai solo ritratte
nei quadri d’epoca. Indossava un semplice abito ècru ed un cappello di paglia a
falde larghe. Non appena la donna se lo tolse per poggiarlo sulla sedia, si
liberò una cascata di capelli bianchi, tra i quali rilucevano, come pepite d’oro
sulla neve candida, alcune ciocche bionde. Il giovane tuttofare, invece di
andare al tavolo per apparecchiarlo e prendere l’ordinazione, senza neanche
rispondere all’avvenente cliente si avvicinò ad una minuscolo uscio di legno,
che ad una rapida occhiata poteva apparire uno dei tanti accessori
dell’arredamento, e lo colpì energicamente con le nocche.
<< Zi’ Bartolo, c’è Madame.>>, disse con voce
annoiata, come adempisse ad un ordine del quale però non riusciva a comprendere
l’importanza. La porticina si apri quel tanto da consentire ad un bonario
faccione barbuto di far capolino per un istante. L’uomo, evidentemente, voleva
verificare di persona la presenza della donna attraverso quell’apertura, che
sicuramente era stata recuperata dalla cambusa di una piccola imbarcazione e
sembrava esser messa lì proprio per quello scopo, visto che era posta
esattamente davanti al tavolo occupato dall’affascinante dama. Dopo qualche
minuto Zi’ Bartolo, zoppicando vistosamente, si diresse verso la bella signora,
spingendo un carrello per le vivande. L’uomo doveva avere pressappoco la stessa
età della donna che chiamavano Madame, ma era decisamente meno attraente:
grassottello, basso di statura e con un barbone incolto che gli arrivava fin
quasi agli occhi, ricordava un vecchio orso ferito. Con insospettabile grazia
apparecchiò per la nuova arrivata con una tovaglia di stoffa verde lago, la qual
cosa sorprese non poco i due fidanzati, visto che la loro era di volgare carta,
e con degli orribili quadretti rossi e bianchi. Poi, dal ripiano basso del
carrello Zi’ Bartolo prese un piatto a forma di conchiglia, colmo di frutti di
mare, e una flûte con dentro tre rose bianche.
<< Buon appetito!>>, augurò con un filo di
voce alla signora; poi, con il suo passo claudicante, ritornò a testa bassa in
cucina. La coppia, nel frattempo, aveva consumato l’insalata, ma non sembrava
avere alcuna intenzione di andarsene: i due si scambiarono un rapido cenno
d’intesa per aspettare che la donna uscisse dal locale e poter così chiedere al
cameriere chi fosse e per quale motivo le venisse riservato un trattamento tanto
speciale. Barbara, come giustificazione per potersi trattenere ancora a lungo,
suggerì ad Ivan di ordinare un’altra insalata, e il ragazzo accolse con
entusiasmo la proposta.
<< Amore, tu ne sai una più del diavolo.>>
disse facendo l’occhiolino ed inclinando la testa in un modo così buffo da
sembrare Popeye.
<< D’accordo, l’idea non sarà molto
originale, ma almeno sapevo che avrei potuto contare sulla tua complicità.
Mangiare è la cosa che ti riesce meglio in assoluto e quando capita che questa
tua straordinaria dote può esserci utile tanto vale sfruttarla. Sei d’accordo
con me?>> chiese la donna ricambiando l’occhiolino.
<< D’accordissimo, amore mio. Se è necessario
mangio tutto quello che hanno in cambusa: lo sai che per me il dovere viene
prima di tutto. Mangiare e obbedire sono il mio unico motto. Puoi stare
tranquilla tesoro, le mie mandibole saranno sempre al servizio di una giusta
causa. >>, concluse Ivan mentre, con la mano alzata, cercava di attirare
l’attenzione del cameriere che stava comodamente seduto sopra il bancone senza
far nulla. Il ragazzo notò subito il gesto di Ivan, ma solo dopo un po’, e senza
muoversi di un millimetro, sbuffò un seccato <<Arrivo>>.
<< Pino, gentilmente puoi portarmi il
conto?>>, chiese Madame: la sua voce sottile divenne un dardo acuminato diretto
al fondoschiena del giovane, che balzò dal suo improvvisato trono per
precipitarsi dalla signora. La donna si era soltanto limitata a sbocconcellare
qualcosa e a sorseggiare un po’ di vino bianco, ma sembrava molto soddisfatta di
quel pasto così frugale.
<< Ecco il suo conto, Madame.>>, le disse il
cameriere, porgendole uno scontrino stropicciato che teneva nel taschino della
camicia. Poi si voltò verso la cucina e si mise ad urlare, sguaiato come in
venditore ai mercati generali:
<< Zì Bartolo! Zi’ Bartolo! Madame sta
andando via! >>.
L’uomo barbuto comparve immediatamente;
camminava spedito e, per consentire alla gamba malandata di stare allo stesso
passo dell’altra, era costretto a trascinarla aiutandosi con entrambe le mani.
Ansimante raggiunse la signora quando questa, pagato il conto al cameriere, era
ormai in piedi e pronta ad andarsene.
<< Madame, ha gradito?>>, chiese Zi’ Bartolo
con una intonazione che voleva essere raffinata, ma risultò invece ridicola per
quanto uscì innaturale e distante dal suo aspetto di uomo primitivo.
<< Si, come sempre.>>, rispose l’affascinante
cliente che, nonostante continuasse ad ostentare una certa distaccata
superiorità, sembrava gradire le galanti attenzioni del buon cavernicolo.
<< Mi permette?>>, domandò timidamente Zì
Bartolo, evitando lo sguardo della donna.
<< Si, certo.>> rispose Madame, lasciandosi
sfuggire un mezzo sorriso compiaciuto.
Zi’ Bartolo, con le sue tozze mani tremanti,
prese una rosa e ne spezzò il gambo; poi, con delicatezza, usando solo le punte
delle dita, le sistemò una ciocca dei capelli dietro un orecchio e la fissò,
usando la rosa a mò di fermaglio.
<< Signor Bartolomeo, lei è davvero un
gentiluomo.>>, disse Madame, poggiando per un attimo la sua mano in quella
dell’emozionatissimo Zi’ Bartolo.
<< Grazie, Madame.>>, rispose l’uomo con una
voce che vibrava di gioia. La donna si allontanò con lentezza, quasi stesse
camminando su una passerella, lasciando Zì Bartolo a bocca aperta, immobile e
attonito come una statua di sale, a guardarla sognante. Al giovane cameriere non
era sfuggita la divertita partecipazione con cui i due fidanzati avevano
osservato la scena, e con tono canzonatorio spiegò:
<< Sono ormai quarant’anni che mio zio ama
quella francese.>>
<< Trentasei.>>, lo corresse Zi’ Bartolo con
la sua vera voce, che suonò forte e robusta, da baritono.
<< Trentasei o quaranta fa poca differenza -
aggiunse il ragazzo che, tutto ad un tratto, sembrava molto più incline alla
conversazione - Dovete sapere che Madame ogni estate viene sull’isola per una
quindicina di giorni. E in tutto questo tempo mio zio non ha mai avuto il
coraggio di dichiararsi.>>.
<< Quest’anno giuro che glielo dico! .>>,
proclamò con tono austero Zi’ Bartolo, rivolgendosi al mare come se fosse
quell’azzurra distesa d’acqua, e non il nipote, il suo interlocutore.
Lungo la stradina che portava all’albergo,
Barbara non fece altro che parlare di Zi’ Bartolo e Madame.
<< Che storia bellissima, dovresti ricavarci
un racconto.>>, suggerì al fidanzato.
<< No, il genere romantico non mi riesce bene,
lo sai che la mia penna è abituata a soggetti di tutt’altra natura.>>, mentì
Ivan, che pur di farla contenta avrebbe scritto anche la sceneggiatura di una
soap opera.
<< Ho un’idea!>> esclamò entusiasta la
ragazza.
<< Sentiamo…>>
<< Il prossimo anno torniamo qui e vediamo se
Zi’ Bartolo è riuscito finalmente a confessare a Madame che l’ama. Poi, tu
dedicherai uno dei tuoi capolavori a questa vicenda. Che ne pensi?>>.
<< Okay, tra un anno esatto, stessa spiaggia
e stesso ristorante.>>, acconsentì lui, prendendo la fidanzata tra le braccia .
Dodici mesi dopo Barbara e Ivan, fedeli
alla loro promessa, sbarcarono sull’isola.
Non era ancora mezzogiorno quando entrarono
nella “La Locanda Del Corsaro”.
Madame era seduta al suo solito tavolo,
apparecchiato con la medesima cura della volta precedente.
<< Ci siamo persi il primo atto.>>, commentò
Ivan guardando in direzione della signora francese.
<< Quello lo conosciamo già….È il finale che
ci manca. Quando viene il cameriere, chiedigli se suo zio ha confessato a Madame
di amarla.>>.
Il ragazzo non tardò ad arrivare e, riconosciuti
quasi subito i due commensali, li salutò con calore.
<< Siete rimasti stregati da questo posto, mi
fa piacere!>>,
Ivan, incoraggiato dalla cordialità
dell’inserviente, non perse tempo e fece un cenno con l’indice, invitandolo ad
avvicinarsi ancora di più. Il giovane parve non stupirsi più di tanto per
quell’ostentato atteggiamento da cospiratore e chinò la testa, avvicinandosi
ad Ivan.
<< Scusami, forse ti sembrerò un po’
invadente, ma siamo curiosi di sapere se alla fine tuo zio ha detto a Madame di
amarla.>>, chiese Ivan a bassa voce, temendo che la signora, seduta poco
distante, lo potesse sentire. Il cameriere si fece scuro in viso e, scuotendo
tristemente il capo, rispose:
<< No, purtroppo non l’ha fatto l’anno scorso
e non potrà più farlo. Mio zio è morto prima di Natale.>>.
Barbara e Ivan balbettarono imbarazzatissimi
delle scuse e, ansiosi di cambiare immediatamente discorso, ordinarono due
insalate “Circe”. Madame, nel frattempo, aveva messo i soldi del conto sotto il
piatto e, presa una rosa dal bicchiere, stava per infilarne il gambo tra i
capelli quando un forte fragore echeggiò nel piccolo ristorante: una violenta
folata di vento aveva spalancato la porticina di legno dalla quale Zi’ Bartolo
era solito ammirare la sua amata. In pochi secondi, l’irruente raffica,
avvicinandosi al tavolo di Madame, si trasformò in un debole soffio che, prima
di spegnersi del tutto, come minuscole dita invisibili mosse delicatamente i
capelli della donna.
<< Sei sempre così gentile…>> sussurrò lei.
E, dopo essersi appuntata la rosa ad una ciocca uscì.
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