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SOCIETA'
Daverio, Reggio e la società "rigida"
di Pino Rotta
La malattia c'è ma la colpa
è del medico! Nell'epoca della complessità e delle prospettive incerte e fluide
(la società liquida di Bauman) assistiamo ad un fenomeno che solo all'apparenza
può sembrare strano: la società reggina è immobile e aggrappata a un'idea di
realtà che in effetti non esiste. Non è solo la nostalgia che prende i vecchi
che idealizzano nella loro memoria i tempi della gioventù. E' qualcosa di più
profondo e più legato alla perdita di memoria storica e capacità di analisi
critica della realtà.
Un fenomento che, ad essere
onesti, non riguarda solo Reggio Calabria ma che, da venti anni, è diventato una
caratteristica nazionale. La differenza tra Reggio Calabria ed il resto del
Paese sta nella capacità di reazione della gente. Mentre nel resto d'Italia sono
evidenti i segni di una volontà di cambiamento, più o meno razionali ed
organizzati, a Reggio c'è un'immobilismo che blocca la città in un'illusoria
memoria di un passato idilliaco che non solo non esiste più ma forse non è mai
esistito.
Non è che a Reggio non
esistano in assoluto fenomeni di reazione, ma (senza pretesa di di scientificità
nel calcolo!) questi sono rappresentati da una minoranza esigua, non più di un
migliaio di individui, frammentati, conflittuali ed incapaci di cooperare.
La società reggina rimane
nella sua maggiornza in una sorta di palude stagnante e continua a farsi
rappresentare e ad essere rappresentata da una borghesia in larghissima parte
poco dignitosa ed autonoma, da una componente mafiosa che proprio in questa
immobilità è cresciuta e si è rafforzata, da una dirigenza politica ed
amministrativa che, vedendo i problemi prima della gente comune, si premunisce
per perpetuare sé stessa con i privilegi che passano da generazione a
generazione, utilizzando il potere, che dovrebbe essere indirizzato al bene
comune, per distribuire in modo clientelare e familiare le risorse (ormai scarse)
dello Stato e della Pubblica Amministrazione.
Questa realtà non è senza
conseguenze sul piano del comportamento sociale e individuale. L'avvitarsi della
decadenza sociale ed economica provoca una rabbia diffusa che mista a
frustrazione per l'incapacità di trovare, nella solitudine individuale, una
soluzione viene sfruttata da una propaganda che fa individuare il "nemico"
nell'altro lontano e cattivo, così nello sfogo momentaneo si allenta la tensine
sociale ed il sistema continua a preservare sé stesso. E' il caso della polemica
recente con il professor Philippe Daverio
sulla questione
della gestione delle politiche culturali a Reggio Calabria.
Chi conosce, non solo le trasmissioni televisive, ma gli scritti e l'azione
culturale svolta da Milano a Palermo, sa che Daverio non è mai stato tenero con
la politica, appunto da Milano a Palermo. Ma quale migliore occasione di "distrazione
di massa" dell'orgoglio ferito che trova un paladino (Edoardo Lamberti
Castronuovo, nel caso) che sfida il "barbaro" reo dell'offesa all'onore della
città. E' solo un'opinione personalisssima, ma solo Edoardo Lamberti Castronuovo
poteva permettersi di affrontare Daverio e come è sua natura l'ha fatto. Quale
altro attuale amministratore reggino avrebbe avuto la coscienza pulita al punto
da poter reggere il confronto con un intellettuale che nella replica ha
sottintenso un laconico "così è se vi pare, tanto mica deve venire io a vivere a
Reggio Calabria!". Ma intanto i problemi di questa città rimangono tutti sul
tappeto e l'iimmobilismo continua a perpetuare un ceto che ha impoverito la
città e che ha innescato una sorta di cannibalismo sociale in cui i poveri si
sbranano tra di loro mentri i ricchi o cercano di salvare sè stessi e i propri
figli o scappano e mandano lontano da Reggio famiglie e soldi.