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società

Il flauto di Pan

Le paure della modernità: virus, terrorismo, il diverso

Di salvatore romeo

 

 

E’ comprensibile che quando manchino certezze o punti di riferimento e un certo senso di impotenza e di rassegnazione sembra impadronirsi della coscienza generale, di fronte a una decadenza e ad un processo di modifica percepito come quasi irreversibile nell’equilibrio terrestre (sia relazionale che politico e ambientale), la singola persona ricerchi un’isola di rassicurazione nell’identificazione collettiva e poiché si desidera sempre, e si cerca quasi sempre, solo ciò che manca, la collettività nel suo insieme si riconosce come “comunità” anche mediante la condivisione della paura.

E’ quello che sta avvenendo oggi rispetto al timore dell’epidemia da virus Ebola.

Gli scambi tra le popolazioni non sono sempre e solamente di natura commerciale e culturale.

Così l’epoca delle grandi scoperte e delle colonizzazioni importò in Europa la sifilide, mentre gli indigeni del Nuovo Mondo furono decimati dal morbillo e dal vaiolo introdotti dai conquistatori, quelli africani dalla tubercolosi e le popolazioni dell’Australia e del Sudest asiatico dalla difterite.

Ricordate il panico diffuso per la mucca pazza, per la SARS e poi per l’influenza aviaria? Adesso è l’ora dell’allarme per il virus Ebola.

Con i casi accertati negli Stati dell’Africa Equatoriale (poco più di un centinaio di vittime – parlo in termini statistici e non riferendomi al valore di una singola vita umana), la paura inizia oggi a dilagare un po’ dappertutto nei Paesi Europei, arrivando ovviamente anche in Italia, favorita dai facili allarmismi a causa del sempre più frequente arrivo sulle nostre coste di immigrati africani.

Le epidemie da virus Ebola sono periodiche in Africa, ma finora ciò non aveva mai destato eccessive preoccupazioni per l’Europa, in quanto esse sono sempre rimaste circoscritte in piccoli territori autoctoni.

Oggi, però, il rischio di una esportazione della malattia per i motivi suddetti è sicuramente realistico, ancorchè amplificato da una informazione estremamente allarmistica.
Nonostante le autorevoli raccomandazioni rassicuranti, nel caso in cui si diffonde la notizia di una qualche epidemia molte persone si lasciano invece facilmente prendere dal panico.

Avere paura di fronte ad eventi imprevisti e difficilmente controllabili è una condizione normale, soprattutto se il timore riguarda la salute fisica.

E’ una risposta fisiologica, una forma di riflesso condizionato appreso in epoche remote dai nostri progenitori e tramandatoci come eredità filogenetica, con lo scopo di mettere in allerta ogni risorsa del nostro organismo per autosalvaguardarsi dai pericoli esterni.

Ma come ogni cosa, anche questo meccanismo possiede sia dei lati positivi che negativi.

Nel nostro sistema nervoso esiste una zona chiamata Sistema limbico al cui interno si trova un’altra particolare struttura, chiamata a sua volta Amigdala, nella quale vengono depositate le emozioni collegate a tutte le esperienze che abbiamo provato nel corso della nostra vita. Nel senso che nulla va perduto di ciò che facciamo, diciamo o ascoltiamo nel corso dei nostri giorni.

Il compito dell’Amigdala è quello di analizzare tutto ciò che succede intorno a noi allo scopo di scorgervi eventuali pericoli o minacce. In altri termini, essa è una specie di guardiano psicologico in costante allerta, una sentinella posta a salvaguardia della nostra incolumità e del nostro benessere fisico e psichico.

“Questa situazione o questa persona possono danneggiarmi?” E’ questo ciò che preoccupa il nostro sistema di difesa biologico ed è a questo interrogativo che l’Amigdala è tenuta a dare una risposta. Se la situazione viene valutata come dannosa o potenzialmente pericolosa, allora il Sistema limbico si impossessa del funzionamento di tutto il cervello e ne inibisce ogni capacità di critica e di giudizio. In questo modo lo stato di apprensione che si impadronisce di noi ha la funzione di dirigere ogni nostro pensiero verso il fronteggiamento di un pericolo imminente.

E’ il cervello emozionale a prendere pertanto il sopravvento, a discapito della parte razionale, e a valutare la situazione in atto senza tener conto di un adeguato giudizio realistico.

E’ esso, sotto lo stimolo oltremodo suggestionante dei messaggi massmediatici, che scatena i sentimenti della paura e se questo cervello ha reso un servizio impagabile ai primordi dell’umanità, quando essa era preda degli animali feroci e delle forze incontrastate della natura, adesso che le condizioni sono cambiate, esso, rimanendo ancorato al suo primitivo modo di funzionamento, ci rende invece succubi di paure simboliche e di metafore minacciose o soggetti ad influenze negative esagerate che elicitano lo stress, il panico, le fobie e l’ansia anticipatoria.

Ciò che viene percepito a livello psicologico è senza dubbio una preoccupazione reale per la nostra salute, ma è anche un’ansia che riguarda il senso della forza dell’immagine di sé e della società in cui viviamo.

Avvertiamo, infatti, sia la sensazione di una certa vulnerabilità personale, sia la fallacia del nostro sistema sociale, poiché percepiamo che la cintura di protezione della Civiltà che abbiamo così faticosamente costruito non riesce più a tutelarci.

Ecco che cominciano a traballare alcune certezze e il senso stesso del progresso. A cosa vale affannarsi per pervenire a livelli di benessere mai raggiunti prima se non siamo in grado di arginare tutti i pericoli e conservare un certo grado di sicurezza, se il sistema costruito non è in grado di proteggerci più?

E’ un’ansia normale e comprensibile, che si diffonde nella collettività e determina un senso diffuso e profondo di vulnerabilità e di debolezza che produce forte stress, in un circolo vizioso che alla fine non fa altro che alimentare il senso di panico generalizzato.

Cosa fare per prevenirne l’insorgenza o quantomeno per arginarne gli effetti?

Occorrerebbe in primo luogo evitare di alimentare la paura con comportamenti  irrazionali, quali per esempio la frenesia di un aggiornamento parziale e generico (internet ed enciclopedie della salute), poiché non vi è miglior modo per peggiorare un’ansia ipocondriaca che quello di ottenere notizie frammentarie e superficiali.

Tuttavia, un buon controllo dell’ansia da epidemia passa, oltre che attraverso un buon controllo personale della “paura” individuale e dello stress,  anche e soprattutto attraverso una informazione massmediatica oggettiva, esatta e razionale, atta ad evitare facili e contagiosi allarmismi da un lato e dall’altro a fornire informazioni utili al riconoscimento del reale pericolo ed alla rassicurazione responsabile.

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