I RAGAZZI DI REGGIO CALABRIA

CONFORMISTI NELLA DEVIANZA
a cura di Pino Rotta - Edizioni Club Ausonia ©
(PARTE SECONDA)







DIECI CASI DI DEVIANZA MINORILE A BASE DELINQUENZIALE IN PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA.


SCHEDE ANALITICHE DEI SOGGETTI DEVIANTI


Prenderemo ora in esame dieci casi di giovani in età minorile residenti nella provincia di Reggio calabria. Questi dieci casi sono emblematici di una situazione di degrado economico e sociale che ha un significativo effetto trainante per i ragazzi i quali in questo contesto sono spinti a sviluppare una mentalità di rifiuto dei valori di socializzazione per cadere vittime o di fenomeni criminali o del tunnel della droga.
Dieci casi, uno differente dall'altro, per situazioni ambientali e geografiche (sono presenti i soggetti della città capoluogo, della zona jonica e di quella tirrenica), per status sociale (sono rappresentati soggetti provenienti da famiglie di contadini, artigiani, professionisti, impiegati ed imprenditori), e per grado di scolarizzazione (si va dall'analfabetismo al livello di istruzione mediosuperiore). I casi sono stati estrapolati da una ricerca a campione effettuata presso il Tribunale dei Minori di Reggio Calabria prendendo in esame, in forma assolutamente anonima, le relazioni formulate sui soggetti colpiti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria, dall'equipe di assistenti sociali.

Caso n° 1

Soggetto:
Nome: Francesco - Età: 14 anni - Residente: Reggio Calabria Quartiere: Periferia urbana.
Reato: Duplice omicidio volontario.
Francesco é l'ultimo nato di una famiglia composta da padre, madre e cinque figli maschi. Il padre, all'epoca in cui Francesco commise il delitto, aveva 50 anni, la madre 42, i fratelli, tutti maggiori, tra i 18 ed 21 anni. Il padre svolge l'attività lavorativa di commerciante, ed é ritenuto uno degli appartenenti alla vecchia 'ndrangheta reggina. Gli zii paterni di Francesco, quattro in tutto, hanno a loro volta dai tre ai cinque figli maschi, tutti in età maggiore e già tutti pregiudicati per reati che vanno dall'associazione per delinquere di stampo mafioso, al traffico di sostanze stupefacenti, al racket delle attività commerciali.
La parentela di Francesco presenta una forte coesione interna che si manifesta sia nei legami affettivi che nella gestione delle attività criminose. Sia il padre che la madre di Francesco non hanno alcun titolo di studio. I fratelli hanno conseguito il maggiore la licenza di scuola elementare, il secondo ed il terzo la licenza media, così come Francesco. I rapporti di socializzazione di Francesco, al di fuori della famiglia, sono scarsi anche con i coetani. Il delitto di cui il minore si é reso protagonista scaturisce da una relazione extraconiugale che la madre aveva intrapreso con un conoscente. Scoperta l'infedeltà della madre, Francesco, probabilmente su ordine della famiglia, armato di pistola, segue la madre e la sorprende in compagnia del suo amante. Con determinazione esplode quattro colpi di pistola all'indirizzo della madre e due colpi contro l'uomo, uccidendoli entrambi.
Il delitto presenta la doppia atrocità del fatto di sangue e della soppressione della persona che sul piano affettivo avrebbe dovuto rappresentare, soprattutto in ragione dell'età del ragazzo, il legame più forte, ed é il chiaro sintomo di un condizionamento negativo di tipo culturale subito dal giovane all'interno della famiglia e, più estensivamente dalla parentela, che non ha esitato ad esercitare la sua influenza per affermare, per mezzo del delitto, il diritto a fare giustizia per l'onta subita dall'onore, che non viene vissuta come fatto personale del marito o del figlio, ma come macchia sulla reputazione di tutto il clan familiare; il fatto assume un aspetto tanto più cinico alla luce della decisione del gruppo familiare di far commettere il delitto al giovane Francesco, che essendo di età minore, se fosse stato scoperto, così come é avvenuto, avrebbe ricevuto un trattamento penale più mite proprio in ragione dell'età.

Caso n° 2

Soggetto:
Nome: Cosimo - Età: 17 anni - Residente: Reggio Calabria Quartiere: Sobborgo urbano periferico. Reato: Furto di autovettura.
Cosimo é un giovane appartenente alla comunità di zingari residenti ormai dall'inizio del secolo nella provincia di Reggio Calabria, ma mai integrata né nel tessuto urbano, né in quello sociale. Veri e propri abitanti di agglomerati simili alle bidonvilles americane, prive di servizi igienici, e spesso anche di quelli più indispensabili come l'acqua e la energia elettrica. Cosimo é il maggiore di una famiglia composta da otto persone (madre più sette figli) senza la figura paterna, essendo il genitore morto a causa di un tumore quando Cosimo aveva quattordici anni. La madre di Cosimo ha un'età di quarantasei anni, ed oltre ad essere analfabeta, ha difficoltà di comunicazione verbale fuori della comunità degli zingari poiché abituata a parlare esclusivamente in dialetto con forte cadenza fonetica rom. Nessuno dei fratelli di Cosimo, tre maschi e tre femmine, ha frequentato le scuole dell'obbligo. Cosimo aveva frequantato le scuole elementari presso un Centro di assistenza sociale nato per iniziativa della parrocchia locale, ma aveva abbandonato dopo la licenza, conseguita in otto anni anzicché cinque, gli studi poiché era orami troppo grande rispetto agli altri e non sopportava di essere deriso dai suoi coetani. Dopo la morte del padre viene avvicinato da un gruppo giovanile di volontariato laico che lo invoglia, attraverso sistemi alternativi di studio a tentare di affrontare da privatista gli esami di licenza media. Durante la frequenza del gruppo di volontariato Cosimo dimostra un carattere mite e motivato verso gli studi; a differenza dei suoi coetani, pur non disponendo di mezzi finanziari, veste con decenza e pulizia. Dopo circa sei mesi di frequenza al corso di preparazione per la licenza media Cosimo é entrato in possesso di sufficienti nozioni di base per poter affrontare gli esami, che, seppure con grande difficoltà, riesce a superare. Si é intanto dedicato al lavoro nero come manovale presso una ditta di rottamazione, con un salario di 250.000 lire mensili, ed all'età di 17 anni ha già contratto matrimonio ed ha già una figlia. Quando commette il reato, per il quale é stato arrestato, probabilmente aveva già ripetutamente compiuto altri tipi di reati simili, molto comuni nell'ambiente sociale emarginato degli zingari. C'é da mettere in evidenza il tentativo di Cosimo di uscire dallo stato di emarginazione a cui era stato destinato dalla nascita, tentativo che non é riuscito per il rifiuto ricevuto dalla cosiddetta società civile. Un altra osservazione da fare é che Cosimo, con le sue qualità di intelligenza e di carattere, avrebbe potuto inserirsi nella criminalità organizzata locale, ma non lo ha fatto perché anche la 'ndrangheta, salvo casi eccezionali, mantiene gli zingari ai margini dell'organizzazione.

Caso n° 3

Soggetto:
Nome: Giuseppe - Età: 22 anni - Residenza: Reggio Calabria
Quartiere: Periferia urbana.
Reato: Arrestato 2 volte ( a 16 anni ed a 21 anni) per spaccio di eroina.
Giuseppe é il secondo figlio di una famiglia composta da padre, madre, una sorella di 30 ed un'altra di 18 anni. Il padre, impiegato,di 60 anni di età, possiede un livello di istruzione medio, essendo in posseso del diploma di scuola media superiore. La madre, casalinga, 56 anni età, in possesso di licenza elementare. Entrambi i genitori sono di carattere mite e disponibili al dialogo con i figli. La famiglia vive in una casa di proprietà non modesta ma che non consente spazi di intimità. Le condizioni economiche sono da considerarsi buone. La sorella maggiore di Giuseppe é sposata con soggetto appartenente alla media borghesia cittadina, ed é inserita nel mondo del lavoro in qualità di impiegata; mantiene ancora stretti legami con la famiglia di origine, ed é molto legata affettivamente al fratello. La sorella minore frequenta l'ultimo anno di scuole superiori; presenta un'ottima capacità relazionale ed ha assunto un ruolo di responsabilità emotiva all'interno della famiglia a sostegno dei genitori, dopo che Giuseppe é stato arrestato la prima volta. L'ambiente esterno alla famiglia di Giuseppe, é quello tipico della periferia urbana reggina, a forte presenza mafiosa; in particolare sono presenti due famiglie alleate per il controllo del racket estorsivo e dello spaccio di sostanze stupefacenti. Tra i coetani di Giuseppe vi sono i figli ed i nipoti di quelli che sono ritenuti i capi clan mafiosi della zona. Questi giovani, all'epoca del primo arresto di Giuseppe, ostentavano ricchezza e disponibilità di grosse motociclette da cross. Comincia in quest'ambiente una relazione sentimentale con una ragazza coetanea già tossicodipendente, e si avvia all'attività di spacciatore. Giuseppe viene arrestato la prima volta all'età di 16 anni, quando in seguito alla morte di un tossicodipendente, venne scoperto il giro di spacciatori dove il ragazzo si era inserito. Arrestato, ha scontato due anni di carcere. Durante la detenzione ha rifiutato l'aiuto morale della famiglia, chiudendosi in uno stato depressivo dal quale non sembra più essere uscito. Dopo la scarcerazione, si inserisce in un sicuro ambiente di lavoro come piccolo imprenditore artigianale; ma continua a frequentare gli amici che lo avevano condotto nel mondo della criminalità, all'interno della cui organizzazione però non si é mai inserito. Giuseppe non ha mai fatto uso personale di sostanze stupefacenti. Viene arrestato una seconda volta, all'età di 21 anni, sempre per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti. A farlo arrestare é il padre che non riuscendo a recuperarlo alla socializzazione familiare decide di far intervenire le forze dell'ordine, pur di non vedere il figlio precipitare ancora di più nella delinquenza mafiosa o addirittura nella tossicodipendenza.

CASO N. 4

Soggetto:
Nome: Pasquale - Età: anni 17 - Residenza: Alto Jonio. Reati: Pascolo abusivo, danneggiamenti, furto di bovini, omicidio volontario premeditato.
Pasquale, è il sesto figlio di una famiglia composta dalla 26 madre di 41 anni (professione operaia agricola), cinque figlie di età rispettivamente di 25, 21, 20, 19 e 10 anni e cinque figli rispettivamente di 24, 17, 16 e due gemelli di 8 anni. Il padre, pastore, è deceduto per cause naturali all'età di 48 anni. Sia la madre che i figli della famiglia di Pasquale sono analfabeti non avendo frequentato nemmeno le scuole dell'obbligo. Pasquale fino alla data del reato più grave (omicidio volontario premeditato, commesso all'età di 17 anni) esercitava assieme ai due fratelli il maggiore di 24 anni di età e il minore di 16 anni di età l'attività di pastore. Già all'età di 16 anni il ragazzo si era reso responsabile di reati di pascolo abusivo, danneggiamento, furto di bovini e rapina. Lavorando in qualità di pastore alle dipendenze di una famiglia inserita nella criminalità organizzata dell'alto versante jonio, Pasquale si è inserito rapidamente nelle attività criminali della stessa, e quando questa famiglia iniziò una faida cruenta con un'altra famiglia mafiosa della stessa zona, scaturita per motivi di onore, il ragazzo è stato coinvolto, assieme al fratello di un anno più piccolo, nello scontro tra le famiglie rivali, che ha provocato circa venti morti nell'arco di quattro anni, fino ad arrivare egli stesso a rendersi protagonista, assieme al fratello minore del delitto di omicidio. Dopo aver commesso il grave fatto di sangue sia Pasquale che il fratello si sono resi latitanti e si trovano tuttora in questa condizione, probabilmente nascosti nelle montagne aspromontane. Il caso di Pasquale è la tipica dimostrazione di come una condizione di disgregazione familiare (il nucleo familiare risulta attualmente diviso essendosi allontanati dalla famiglia ben cinque figli dopo il coinvolgimento di Pasquale nella suddetta vicenda criminale), unitamente a uno stato di povertà sia materiale che culturale possa condurre i soggetti in età minorile verso comportamenti di devianza anche di estrema gravità e venire coinvolti attivamente e definitivamente nell'ambito della criminalità organizzata.

CASO N. 5

Soggetto:
Nome: Vincenzo - Età: 20 anni - Residenza: Comune jonico
Reato: Tentato stupro (stupro già realizzato altre due volte nei confronti della medesima bambina, quando il giovane aveva 11 anni e 12 anni).
La famiglia di Vincenzo risulta composta da quattordici persone: il padre, 47 anni, disoccupato, affetto da deficienze mentali; la madre, 39 anni, disoccupata, anch'essa affetta da deficienze mentali; un convivente, che ha instaurato una relazione extraconiugale con la madre di Vincenzo, e la cui età è di 60 anni, già vedovo e padre di un figlio di 31 anni che vive autonomamente presso un altro nucleo familiare; otto figli maschi in età compresa tra i 9 ed i 20 anni, di cui sette nati dalla relazione extraconiugale tra la madre di Vincenzo ed il convivente; tre figlie femmine in età compresa tra i 4 ed i 14 anni ed anch'esse nate dalla relazione extraconiugale sopracitata. La situazione di convivenza promiscua si protrae sin dall'anno 1973, a partire da quell'anno infatti tutte le persone sopra elencate vivono in condizioni di assoluta indigenza in una abitazione fatiscente e malsana composta da tre vani più servizi, solo nel 1982 riescono ad ottenere un alloggio popolare con una stanza in più ma comunque sempre insufficiente alle necessità del nucleo. L'anomala famiglia trovava sostentamento nell'unico modesto reddito prodotto dal convivente della madre di Vincenzo, soggetto tra l'altro con a carico precedenti penali contro il patrimonio, e che è deceduto all'età di 78 anni nel 1991. Vincenzo commette il tentativo di stupro nei confronti della sorellastra, dell'età di 14 anni, fatto scoperto e denunciato da una delle sorelle di questa a causa delle ripetute minacce ricevute dal ragazzo che così intendeva dissuaderla dal riferire a chiunque la vicenda. Dopo la denuncia del tentato stupro la bambina, vittima degli atti di libidine, confessava di avere già avuto all'età di 9 e di 10 anni rapporti sessuali con il fratellastro Vincenzo. Dalla relazione dell'assistente sociale intervenuta risulta l'atteggiamento di freddo distacco, nel raccontare le vicende accadute sia da parte del ragazzo che le aveva prodotte sia da parte della bambina che le aveva subite, che denotano l'assoluta inconsapevolezza da parte dei soggetti circa la gravità dei fatti vissuti. D'altra parte la reazione dei familiari non si può certo definire equilibrata essendo la madre incapace di intrattenere normali rapporti relazionali con i figli e data la reazione violenta registrata da parte dei figli maschi nei confronti di Vincenzo e il desiderio angoscioso di fuga manifestato dalle figlie femmine. Attualmente tutti i ragazzi in età minore sono ospiti di Centri di accoglienza giovanile.

CASO N. 6

Soggetto:
Nome: Antonio - Età: 17 anni - Residenza: Reggio Calabria Quartiere: Periferia urbana.
Reato: Detenzione di droga.
Antonio appartiene ad un famiglia della media borghesia cittadina. Il padre geometra ed imprenditore di anni 45, esercita l'attività di import-export . La madre, maestra elementare di anni 40. La famiglia di Antonio è composta da quattro figli, compreso Antonio, di età compresa tra i 15 e i 21 anni. Il maggiore, di 21 anni di età ed il secondo di 19 sono entrambi geometri e svolgono attività lavorativa nella gestione di un negozio di vendita di audiovisivi. Il terzo di anni 19 è in possesso del diploma di ragioniere ed in attesa di prima occupazione. Tutti i membri del nucleo familiare ad esclusione di Antonio risultano incensurati. Antonio è un soggetto che pur frequentando le scuole superiori presenta difficoltà nel processo di socializzazione e di apprendimento a causa di un carattere introverso e scontroso. Dalla relazione dell'assistente sociale sia i genitori che il ragazzo hanno dimostrato gli uni inconsapevolezza dei problemi psicologici del ragazzo e quest'ultimo mancanza di ricettività rispetto alla gravità del reato commesso. Nel caso del ragazzo si deve ritenere che più che l'incapacità di analizzare deduttivamente la realtà ci sia proprio un rifiuto verso l'assunzione di responsabilità ed il processo di crescita. Entrambi i genitori hanno manifestato forte preoccupazione per le conseguenze che possono derivare sia sul piano psicologico che su quello sociale al ragazzo e si sono dimostrati fortemente motivati per un programma di recupero psicopedagogico.

CASO N. 7

Soggetto:
Nome: Salvatore - Età: 17 anni - Residenza: Alto Jonio. Reato: Concorso in estorsione.
La famiglia di Salvatore è composta oltre che dal medesimo dal padre, operaio di 49 anni, dalla madre, casalinga di 49 anni, invalida, due sorelle rispettivamente di 20 e 18 anni casalinghe in possesso di licenza elementare, due fratelli rispettivamente di 16 e 15 anni entrambi in possesso di licenza media, muratore il primo e garzone l'altro. L'abitazione di Salvatore è situata in un piccolo agglomerato rurale distante circa 20 chilometri dal comune e 10 chilometri dal più vicino centro abitato. Le case sono costruite a gruppi lungo la strada che sale verso la montagna nè vi sono mezzi pubblici di collegamento con i più vicini centri abitati. La famiglia è considerata sia dai concittadini che dalle forze dell'ordine di normale condotta sociale e nessun membro ad esclusione del giovane Salvatore ha mai avuto problemi con la giustizia. Salvatore è un soggetto che sia la famiglia che gli insegnanti definiscono maturo e responsabile. Fino alla commissione del reato era iscritto al primo anno di un istituto professionale e manifestava decisione a proseguire gli studi, pur dovendo percorrere quotidianamente con mezzi di fortuna (a bordo di una motoretta raggiungeva il centro comunale da dove proseguiva in autobus per raggiungere la scuola distante altri trenta chilometri) . Saltuariamente nei periodi di libertà dall'impegno scolastico lavorava come aiuto-venditore ambulante. Si ritiene che sia stato spinto a commettere il reato di concorso in estorsione dallo spirito di emulazione nei confronti dei numerosi pregiudicati "adulti" che nella zona dell'alto versante jonico costituiscono un serio fenomeno di diffusa criminalità organizzata; c'è da rilevare la mancanza di spazi di socializzazione e di comunicazione tipici degli agglomerati urbani isolati nelle pendici aspromontane la cui emarginazione e misere condizioni di vita sono fatti risaltare maggiormente dall'unico strumento di comunicazione reale di cui possiedono gli abitanti,cioè la televisione che getta in faccia soprattutto ai giovani l'irragiungibile mondo patinato dei messaggi pubblicitari che stride nel confronto con la realtà quotidiana.

CASO N. 8

Soggetto:
Nome: Francesco - Età: 17 anni - Residenza: Reggio Calabria Quartiere: Periferia urbana.
Reato: Concorso in omicidio.
La famiglia di Francesco era composta fino alla morte del padre avvenuta da pochi anni dai genitori più tre figli, compreso lo stesso Francesco. Il padre, deceduto all'età di 84 anni, era analfabeta e di carattere estremamente autoritario. Svolgeva l'attività di mediatore e commerciante di agrumi. La madre, 53 anni, ammalata ed analfabeta, continua a svolgere l'attività di operaia agricola, e si è risposata dopo la morte del marito. La sorella di 20 anni ha abbandonato la scuola al quarto anno dell'Istituto Professionale per sposare una persona attualmente detenuta per associazione di stampo mafioso. Il fratello di 18 anni, ha frequentato con scarsi risultati il secondo anno della scuola media inferiore, fino a quanto è stato arrestato per detenzione abusiva di pistola. Dopo la morte del padre Francesco con i propri familiari si è trasferito presso l'abitazione della sorella, e dopo pochi mesi, avendo conosciuto una ragazza originaria della sua stessa città ma residente a Roma, ha abbandonato la scuola alberghiera per trasferirsi nella capitale, fidanzandosi con la ragazza e andando a vivere con il consenso dei genitori di lei presso l'abitazione dei genitori di quest'ultima e cominciando a esercitare l'attività lavorativa di falegname regolarmente registrato al collocamento e con retribuzione di 1.200.000 lire al mese. Dopo circa due anni, per contrasti con la famiglia della ragazza ha abbandonato il lavoro facendo ritorno nella città di origine dove ha ricominciato a frequentare gli ambienti della criminalità organizzata da cui aveva cercato di sottrarsi. L'influenza del cognato e la difficoltà di un normale inserimento nella società e nel mondo del lavoro hanno fatto decidere Francesco ad avviarsi sulla strada del crimine. Dal carattere irascibile e prepotente Francesco non ha esitato a inserirsi nel mondo della criminalità organizzata con il passaporto più rilevante che poteva presentare: il reato di omicidio commesso in collaborazione con un pregiudicato più adulto e ben inserito nella 'ndrangheta.

CASO N. 9

Soggetto:
Nome: Pasquale - Età: 16 anni - Residenza: zona tirrenica.
Reato: tentata rapina aggravata.
La famiglia di Pasquale è composta dal padre, infermiere di 45 anni, dalla madre, commerciante di calzature, di 42 anni, da una sorella di 18 anni in possesso del diploma di ragioneria e da un'altra sorella di anni 10 in possesso della licenza elementare e che ha già abbandonato le scuole dell'obbligo. Le due figlie femmine coadiuvano entrambe la madre nella conduzione del negozio. La famiglia abita in una casa di proprietà e conduce un tenore di vita le cui condizioni appaiono economicamente buone. Pasquale frequenta con scarso rendimento il secondo anno dell'Istituto Tecnico Commerciale. Fuori dell'orario scolastico scolastico passa la maggior parte della giornata in compagnia di coetani senza svolgere alcuna attività se non quella di sostare nel bar della piazza principale del paese; quest'ultimo d'altronde non offre alcun momento diversivo né di tipo culturale né di tipo ricreativo. Pasquale ed i suoi coetani non risultano inseriti in alcuna organizzazione criminale e c'é da ritenere che il reato commesso rappresenti l'inizio di una scelta di vita autonomamente e coscentemente adottata, probabilmente assieme ad altri suoi coetani, con l'intenzione di costituire un gruppo delinquenziale autonomo e magari farsi notare dai maggiorenti della 'ndrangheta sociale per avere assegnato il controllo di una parte di territorio del comune. La famiglia del ragazzo non sembra avere coscenza della gravità del reato commesso dal figlio e rifiuta ogni tipo di collaborazione con gli operatori sociali preposti al programma di recupero del minore. Lo stesso ragazzo appare di carattere deciso e sdegnoso dei tentativi di colloquio fatti dagli operatori sociali, con una mentalità antisociale già formata ed impermeabile ai messaggi di ravvedimento.

Caso n° 10

Soggetto:
Nome: Consolato - Età 16 anni - Residenza: Zona tirrenica. Reato: Tentato omicidio.
La famiglia di Consolato appartiene alle famiglie ex nomadi. A causa della mancanza di guida equilibrata e per la sua marginalità, Consolato vive in un quartiere privo di servizi e strutture sociali adeguati, il giovane risente di una estrema situazione di emarginazione. Il nucleo familiare, numeroso, consta dei genitori e di otto figli, in parte conviventi. Entrambi i genitori, pur non dediti a reati contro il patrimonio, tipici della comunità in cui vivono, non sono mai stati in grado di incidere positivamente sulla vita dei figli ed in particolare dei maschi che più volte sono stati in carcere o denunciati per reati contro il patrimonio. Il padre , di 54 anni di età, analfabeta, é disoccupato; saltuariamente si occupa in attività di lavoro nero (manivale o ferraiolo) inconsistenti dal punto di vista remunerativo. Il genitore, figura mite e silenziosa, é stato sempre sovrastato dalla personalità energica della moglie. La madre, di 52 anni di età, analfabeta, in relazione alle difficoltà economiche della famiglia, non chiede aiuto ad amici e strutture di assistenza sociale come invece fa il marito che pratica l'elemosina. Dei fratelli di Cosolato, il maggiore, di 36 anni di età, semianalfabeta, manovale, si é sposato e si é trasferito in altra provincia. La seconda figlia, di 31 anni di età, semianalfabeta, é sposata e vive per conto proprio. Il terzo fratello, 26 anni di età, semianalfabeta, manovale, sposato, trovasi attualmente in carcere per reati contro il patrimonio. Il quarto fratello, 24 anni di età, sposato, manovale, anche lui semianalfabeta, é sposato e vive per conto proprio. In famiglia sono rimasti, oltre a Consolato, altri due fratelli, rispettivamente di 21 e 15 anni, entrambi con scarsa scolarizzazione e disoccupati. Cosolato all'età di 15 anni é stato affetto da meningite e da allora risulta aver cambiato di carattere divenendo di carattere intemperante ed aggressivo e cominciando a dedicarsi al vagabondaggio ed alla commissione di furti di scarsa entità. Il reato di cui si é reso colpevole, cioé il tentato omicidio in danno di un coetaneo, é scaturito da una lite per futili motivi. Attualmente é legato sentimentalmente ad una ragazza di quindici anni che vive nella sua stessa comunità. Dalla relazione dell'assistente sociale si evince la quasi totale impossibilità a recuperare Consolato ad un sistema di vita normale ed allontanarlo dalla devianza delinquenziale.


Dall'analisi dei casi presi in esame possiamo trarre almeno due tipi di considerazione: la prima è che tra le cause principali che determinano il manifestarsi dei fenomeni di devianza delinquenziale tra i ragazzi minorenni è senza dubbio da indicare il contesto sociale esterno alla famiglia che spesso condiziona ed a volte vanifica addirittura l'azione educativa della famiglia stessa; la seconda considerazione è più di carattere psicologico e riguarda la mancanza di comunicazione tra i ragazzi e la famiglia che, seppure in contesti e per cause molto differenti, ritroviamo in tutti e dieci i casi e che rappresenta forse la crepa più grossa nella struttura di formazione che il ragazzo ha maturato negli anni. Ma sicuramente possiamo trarre un'altra e più cruda considerazione: il fenomeno della devianza minorile in una realtà sociale quale è quella della provincia di Reggio Calabria, matura in un clima di violenza psicologica e materiale che lascerà senza alcun dubbio segni indelebili sulla personalità dei ragazzi che cadono in questa condizione di degrado. Ai dieci casi di analisi empirica sui soggetti minori devianti facciamo seguire le tabelle che riassumono i dati statistici sull'incidenza delinquenziale tra i ragazzi in età inferiore ai 18 anni. Tra questi ultimi dati meritano particolare attenzione quelli riguardanti i minori vittime di atti di violenza a riprova di quanto abbiamo detto sopra.


APPENDICE I

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



MINORI UCCISI DAL 1990 AL 1993 (dato provinciale disaggregato)
CAUSE (v.a.) AREE TERRITORIALI TOTALE
REGGIO CAL. TIRRENICA JONICA
MAFIA 2 2 2 6
FAIDA 3 3
ALTRO 1 1 2
TOTALE 3 5 3 11


CAUSE (v.a.) AREE TERRITORIALI TOTALE
REGGIO CAL. TIRRENICA JONICA
MAFIA 22 18 9 49
FAIDA 12 5 17
ALTRO 4 4 4 12
TOTALE 26 34 18 78



Finisce nella TERZA PARTE

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