LA QUESTIONE SOCIALISTA
Di Pino Rotta
Sullo sfondo delle vicende politiche nazionali, che vedono inasprirsi sempre di più i rapporti tra maggioranza ed opposizione, si sta consumando, un pò in sordina, la questione socialista.
Il partito storico della sinistra italiana, colpito sin dalle origini dalla sua strana sindrome da scissione, continua a frammentarsi ed a disperdere sempre più definitivamente il patrimonio di valori che nei suoi 130 anni di storia lo hanno fatto spesso essere protagonista non solo delle sorti di milioni di lavoratori italiani ma anche dell’intero paese e del ruolo internazionale che questo ha avuto dall’unità d’Italia ad oggi.
Con la loro innaturale collocazione nella coalizione conservatrice gran parte dei socialisti vivono un conflitto tra valori, coscienza e realtà. Mentre la parte che ha scelto di restare a sinistra non riesce a superare il complesso di inferiorità nei confronti del fantasma del PCI e quindi non affronta con convinzione e decisione il ruolo di componente centrale della sinistra, di componente che può candidarsi a tornare a rappresentare il cuore riformista del paese, assieme ai Democratici di Sinistra, non come separati in casa. Se i socialisti dell’Ulivo riuscissero a fare questo salto di qualità ne risulterebbe rafforzato anche il tentativo che alcuni dei socialisti che adesso stanno nel centrodestra stanno facendo per riconquistare la loro immagine e la loro dignità di socialisti.
Emblematico di questo conflitto di coscienza è quanto sta succedendo, purtroppo, in questi ultimi mesi in Sicilia dove, proprio grazie all’apporto fondamentale del Partito Socialista (Bobo Craxi è stato eletto in Sicilia), il centrodestra ha conquistato tutti collegi parlamentari ed oggi si trova nell’impossibilità di contrastare la crisi della FIAT e stare al fianco di quegli stessi lavoratori che l’hanno votato in buona fede.
Ma per capire la drammaticità della crisi socialista, che vede oggi gli eredi di Matteotti sedere in parlamento al fianco degli eredi di Mussolini, è necessario, a mio avviso, rivisitare con un maggiore senso della storia la figura di Bettino Craxi fatta di meriti e di colpe.
Non è questa la sede per approfondire questa analisi storica che merita di ben altro spazio delle poche righe che abbiamo, ma possiamo provare a sintetizzare i passaggi che nella storia recente del Partito Socialista Italiano hanno visto protagonistanel bene e nel male Bettino Craxi.
Quando venne eletto segretario del partito per la prima volta nel 1976 Craxi si trovava a governare un partito che era arrivato ai minimi storici di consenso ed aveva davanti, incombente nella sua forza di oltre il 30 per cento, il più grande Partito Comunista d’Europa guidato da un lider amato ed intelligente come Enrico Berlinguer ma che tuttavia non riusciva ancora (anche se lo strappo era ormai definitivo) staccarsi definitivamente dall’influenza sovietica. Craxi puntò tutte le sue energie per fare quello che poi toccò di fare ad Achille Occhetto e Valter Veltroni, spostare i consensi dal PCI ad un partito che conservendo le sue radici nel socialismo europeo diventasse però il vero punto di riferimento della sinistra italiana socialista, laica e riformista. Contrariamente a quello che potrebbe apparire questa politica risultava molto più minacciosa per la Democrazia Cristiana, che fino a Craxi era stata il Partito-Stato, onnipotenete ed onnipresente nella società e nelle istituzioni italiane. Il Partito Comunista certo non vedeva di buon occhio questo tentativo ma certo non si sentiva minacciato. Anzi quello che forse preoccupò veramente Berlinguer in quegli anni in cui vedeva il suo potere aumentato al punto da portarlo a giocarsi la carta del "compromesso storico" con Aldo Moro, fu proprio il fatto di non far rimanere isolato ed inefficace il suo consenso e la sua forza, quindi un Partito Socialista che aumentava il suo peso, a spese del centro moderato, non poteva che produrre effetti positivi su tutta la sinistra.
Nel 1983 Craxi, sconfiggendo non il PCI ma la Democrazia Cristiana che perse le elezioni prendendo "solo" il 32,9%, diventa Presidente del Consiglio.
In politica estera Craxi aiutò in tutti i modi i socialisti costretti ad agire sotto regimi tirannici, non solo finanziando i socialisti che in Grecia, come in Spagna, in Portogallo o nel Cile (sono gli anni successivi al golpe fascista in Cile ed al tentato golpe dei Colonnelli in Grecia) lottavano contro la dittatura. Erano anche gli anni dell'adesione del Pci all'Internazionale socialista. A Settembre 1985 Craxi affrontò la più grave crisi diplomatica della sua carriera, quando ordinò di impedire ai marines americani (rischiando lo scontro armato con i soldati americani) di ripartire da Sigonella, in Sicilia, con i terroristi palestinesi, tra i quali Abu Abbas, responsabili del sequestro dell'Achille Lauro. Craxi ribadì la sua posizione nettamente a favore della causa palestinese, e su questa base rafforzò il suo rapporto con il leader dell'Olp Yasser Arafat. Fu episodio che certo cambiò qualcosa nei suoi rapporti con gli U.S.A. del Presidente Ronald Regan ma diede a Craxi un indiscutibile rilievo come statista aumentando enormemente la sua statuta internazionale.
Se sul piano della politica estera Craxi ebbe grande successo il suo fallimento avvenne nella gestione della vita intera del Partito. Il Craxi Segretario-Padrone del partito divenne la vittima sacrificale quando scoppiò Tangentopoli. I finanziamenti illeciti al partito arrivavano con il suo consapevole consenso. Il finanziamento illecito aveva avvelenato il paese affossandolo nella corruzione e nello scandalo. Nel 1993 centinaia di uomini politici erano accusati di corruzione o di altri reati di questo genere. La crisi della politica aveva liberato le mani alla magistratura? Anche questa è una pagina troppo complessa per queste poche righe. Fatto sta che la magistratura indagò, giudicò e condannò. Craxi fu l’unico lider politico che crollò sotto il peso di Tangentopoli. I socialisti, nel loro animo, diedero la colpa ai comunisti di quello che considerarono un complotto. Ma la storia non si scrive con gli stati d’animo e questa storia non è ancora stata scritta.
Oggi però i socialisti si trovano davanti ad un bivio: recuperare la loro identità storica o rassegnarsi a vedere scomparire non solo il simbolo dello storico Partito della Sinistra ma anche un idea di socialismo democratico, europeo ed internazionalista, proprio oggi che la globalizzazione pone al centro della storia questi valori.
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